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Polestar 2: la prova su strada di Alberto [VIDEO]

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Polestar 2: la prova su strada di Alberto [VIDEO]

E tutti si chiesero: la Polestar 2 è davvero un’alternativa plausibile a Tesla Model 3? Bene, prima o poi ci arriviamo, ma intanto è uitile sapere che Polestar 2 è realizzata sulla base della piattaforma CMA, la stessa che ha fatto il suo debutto, per la prima volta, con la XC40, nel 2018. Una scelta progettuale le cui conseguenze si riverberano su più di un aspetto nell’utilizzo della vettura. Ci riferiamo, ad esempio, alla curiosa sistemazione delle batterie che questo pianale ha reso necessaria. Queste ultime, infatti, non occupano, come di consueto, il fondo della vettura in maniera omogenea tra un asse e l’altro, ma presentano una disposizione che potremmo definire ad H+T.

Un primo slot di accumulatori è dislocato nella zona anteriore della vettura, disegnando per l’appunto una H. Sopra di loro si innesta poi una struttura a T che contiene le restanti batterie, andando a occupare la zona posteriore. Il risultato è sì quello di liberare spazio per i sedili anteriori e per il pavimento dei due occupanti laterali posteriori, come evidenziato da Polestar, ma è anche quello di ottenere un tunnel centrale molto pronunciato a tutto svantaggio del terzo passeggero.

Ciò detto, proprio l’alloggiamento delle batterie è al contempo uno degli aspetti in grado di mostrare i primi inconfondibili tratti del DNA Volvo. Per realizzarlo si è scelto di utilizzare l’alluminio estruso: un materiale particolarmente adatto a proteggere le batterie, a tutto vantaggio della sicurezza. Il suo impiego aiuta a dirigere i carichi d’urto frontali, laterali e posteriori, verso parti specifiche del telaio che sono state ingegnerizzate per assorbirli e attenuarli, mentre la rigidità del pianale che deriva da questa scelta ha ovvii benefici in termini di comportamento dinamico. A questo proposito, la carrozzeria è realizzata con cinque diversi tipologie di acciaio, tra cui l’acciaio temperato al boro ultra resistente (più difficile da modellare), per una rigidezza torsionale superiore e una conseguente migliore risposta del corpo vettura alle sollecitazioni impartite dal guidatore.

Questa architettura ospita due differenti tagli di batteria: uno da 69 kWh e uno da 78 kWh. Il primo è disponibile solo su l’entry level della gamma: dotato di un singolo motore anteriore, con trazione sullo stesso asse, ha 170 kW/231 CV e 330 Nm di coppia massima, con uno 0-100 km/h in 7,4 secondi e una velocità massima autolimitata di 160 km/h. Questa versione è accreditata di un’autonomia pari a 470 km (ciclo WLTP) e sopporta una potenza massima in fase di ricarica pari a 130 kW in CC.

Alla variante base si aggiunge la versione Long Range Single Motor, con prestazioni che rimangono identiche, ma con un’autonomia che, in virtù del pacco batterie da 78 kWh, cresce fino a 540 km (sempre nel ciclo WLTP). Sale, in questo caso, la potenza di ricarica che la vettura è in grado di sopportare, con un valore massimo che si attesta a 155 kW in CC.

Il top della gamma è rappresentato dalla versione Long Range Dual Motor: equipaggiata con due motori, uno all’anteriore e uno al posteriore, è mossa da una trazione integrale con ripartizione 50:50 ed è in grado di erogare una potenza massima di 300 kW/407 CV, con una coppia che nel suo valore medio si attesta a 660 Nm (con picchi fino a 1000 Nm). Lo 0-100 km/h, in questo caso, è coperto in 4,7 secondi, la velocità massima sale fino a 205 Km/h ma l’autonomia scende a 480 km (ciclo WLTP).

Le prestazioni della versione Dual Motor possono essere ulteriormente incrementate con l’adozione del Performance Pack (disponibile al non indifferente costo di 13.500 euro) che comprende: un aggiornamento software in grado di incrementare la potenza fino a 350 Kw (475 CV) e la coppia fino a 680 Nm; speciali cerchi di lega forgiata di alluminio da 20”, pneumatici Continental SportContact; impianto frenante Brembo composto da pinze dorate a 4 pistoncini e dischi freno forati; cinture di sicurezza in tinta con le pinze; molle e barre stabilizzatrici, e un set di ammortizzatori Dual Flow Valve (DFV), regolabili in 22 differenti combinazioni di smorzamento in compressione ed estensione, marchiati Öhlins.

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Una volta dentro l’abitacolo, Polestar 2 accoglie i suoi passeggeri con un interessante mix di modernità e rassicurante “tradizione” automobilistica. Ci riferiamo, in questo senso, ad una delle prime e più marcate differenze che questo modello è in grado di segnare rispetto a Tesla Model 3. Se quest’ultima, ha ridotto ad un display l’interfaccia tra uomo e macchina, Polestar 2 resta un’auto tradizionale, nel bene e nel male, pur riuscendo a rappresentare una delle sintesi in assoluto più efficaci che ci sia capitato di provare negli ultimi anni, in termini di design e funzionalità.

È così che sedendosi a bordo, l’abitacolo presenta un design “familiare”: dietro al volante, dall’impugnatura di generose dimensioni, è presente uno schermo da 12,3 pollici, che permette di ottenere informazioni sulla velocità, marcia inserita, funzionamento degli ADAS e su altri dettagli di marcia. Un pannello dall’ottima leggibilità con esattamente tutto ciò che vi serve per fare quello guidare.

Al centro della plancia trova posto un’altra unità disposta in posizione verticale, da 11,15 pollici. Anche in questo caso, una scelta concreta: niente enormità, che possono distrarre, ma uno schermo che fa tutto ciò che serve, in maniera super reattiva, con un ottimo contrasto e con una grafica accattivante.

Merito della scelta di rendere questa Polestar 2 la prima auto al mondo a presentare un impianto infotainment con tecnologia Android Automotive OS, un sistema a tutti gli effetti sviluppato da Google, che adotta nativamente Google Maps per il suo sistema di navigazione e che consente di scaricare app di terze parti attraverso Google Play Store. Una scelta “out of the box” che permette di controllare la vettura alla perfezione, con la possibilità, inoltre, di godere di tutti i vantaggi assicurati dalla raccolta dati che milioni e milioni di terminali Google effettuano ogni giorno nel mondo e in Italia, al fine di contribuire allo sviluppo della sua intelligenza artificiale.

In questo senso abbiiamo verificato che nel corso della nostra prova la ricerca vocale funzioni in maniera di gran lunga migliore rispetto alla stragrande maggioranza delle altre auto e di come Google Maps consenta di godere della consueta chiarezza e ricchezza di informazioni, anche in questa versione specificamente pensata per le auto elettriche.

All’inserimento di una destinazione, infatti, il sistema di cartografia fornito da Google indicherà la carica residua dell’auto una volta giunti a destinazione e, qualora sia necessario effettuare delle ricariche lungo il tragitto, andrà a pianificare le soste al fine di assicurare il trasferimento più breve possibile, fornendo l’indicazione del tempo complessivo necessario per raggiungere la meta, soste incluse. Giusto a titolo informativo, una volta effettuato l’accesso al sistema infotainment con le vostre credenziali Google, attraverso la vettura sarà possibile controllare tutti gli altri apparecchi appartenenti alla galassia Google Home.

Ciò significa che, nel caso in cui la vostra abitazione sia dotata di sistemi di domotica controllati da questa tecnologia, attraverso l’assistente vocale della macchina potrete, ad esempio, abbassare le tapparelle o far partire l’aria condizionata prima di essere rientrati a casa.

Sempre sul fronte della tecnologia, interessante è la scelta di Polestar di cercare di semplificare al massimo ogni tipo di interazione con la vettura. Perché dover “accendere” l’auto ogni volta che si sale a bordo, ad esempio? Perché non sedersi e semplicemente guidare, se la tecnologia lo permette? Su Polestar 2, quindi, la sola apertura dello sportello (che avviene tramite chiave contactless), “risveglia” la vettura. Un sensore nel sedile sostituisce il tradizionale pulsante di avviamento: riconoscendo che il guidatore è seduto, l’auto sa che probabilmente inizierà a guidare. L’azionamento del pedale del freno innesca la sequenza di avvio, con il guidatore che è chiamato, così, semplicemente, a chiudere la portiera e selezionare la marcia o la retromarcia per iniziare a guidare. A proposito di chiavi, Polestar 2, oltre alla chiave con telecomando, è dotata di una “Activation key”, un portachiavi impermeabile che può essere incorporato in modo sicuro nelle attività sportive o avventurose, e di una Digital Key, che utilizza lo smartphone del guidatore. Si tratta di un’alternativa comoda e sicura alle chiavi fisiche, che utilizza la crittografia per proteggere l’accesso alla vettura e comunica con l’auto attraverso 18 sensori Bluetooth dentro e attorno al veicolo. Sempre attraverso l’app è possibile controllare il blocco delle portiere, monitorare lo stato di carica delle batterie e attivare in remoto il climatizzatore.

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Più in generale, gli interni di Polestar 2 trasmettono una ottima sensazione di qualità, pur non rinunciando a quell’understatement tipico del design scandinavo. In tal senso, la scelta dei materiali per gli interni è fortemente orientata alla sostenibilità, con la possibilità di optare per il rivestimento interno Weave Tech, un materiale interamente vegano, decisamente più leggero della pelle, indicato come più duraturo e di facile pulizia, e il cui impiego è in grado di eliminare quasi interamente gli ftalati (una sostanza nota anche come plastificante che aumenta la flessibilità del materiale) presenti nel vinile comunemente usato negli interni delle automobili. Per chi desidera la pelle ad ogni costo è comunque disponibile un rivestimento in Nappa, prodotto con pellami forniti da partner certificati che seguono pratiche etiche e responsabili nell’allevamento e nella macellazione degli animali utilizzati a questo scopo.

Sul fronte della capacità di carico, Polestar 2 mette a disposizione dei suoi occupanti 446 litri totali di bagagliaio, divisi tra anteriore e posteriore. Nel dettaglio, 41 litri sono assicurati dal vano presente al di sotto del cofano anteriore (rivestito e pensato soprattutto per ospitare i cavi di ricarica), mentre 405 litri sono disponibili all’interno del bagagliaio posteriore.

Anche a questo proposito emergono alcune interessanti differenze rispetto a Tesla Model 3, la quale presenta un vano dall’accesso sicuramente più angusto e rifinito con meno cura, ma pure uno spazio nel bagagliaio anteriore più esteso, arrivando a toccare ben 649 litri complessivi (561 al posteriore e 88 all’anteriore). Una differenza notevole da imputare in gran parte, nel caso di Polestar, alla scelta di utilizzare un pianale non specificamente ideato per auto full electric e colpevole, così, di occupare molto spazio nella parte frontale, con batterie e componenti tecniche – anche se, a onor del vero, c’è chi come il gruppo Volkswagen è riuscita comunque a progettare da zero una piattaforma specificamente ideata per questo tipo di vetture, senza riuscire comunque ad assicurare alcuno spazio nella zona frontale.

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Grande è l’attenzione riservata su Polestar 2 alla sicurezza passiva. Un pallino di Volvo che si traduce, in aggiunta agli equipaggiamenti comuni anche alle altre vetture, nella presenza dell’alloggiamento in alluminio della batteria, di cui abbiamo parlato prima, e di sistemi quali il Whiplash Protection System (WHIPS), che aiuta a ridurre il rischio di colpi di frusta in caso di tamponamento.

Grazie al suo intervento, l’intero bracciolo del sedile anteriore e i rispettivi poggiatesta si muovono assieme all’occupante, supportando il suo collo ed evitando traumi caso di contraccolpi. ll Run-Off-Road Mitigation system, ancora, attraverso un complesso sistema di alert e interventi pre-collisione, permette al veicolo, non soltanto di avvisare, ma anche di intervenire attivamente al fine di evitare un incidente, sterzando e frenando, qualora il computer di bordo rilevi che uno scontro è imminente.

Nel caso in cui ciò non basti, stringe automaticamente le cinture di sicurezza per aiutare a mantenere il guidatore e il passeggero anteriore in una posizione sicura, nel momento in cui la vettura dovrà fare fronte a uno o più impatti. Tutti i pannelli e i rivestimenti delle portiere sono, poi, imbottiti con materiali in grado di assorbire energia, aiutando a ridurre il rischio di lesioni sul corpo dei passeggeri. Il pedale del freno è, inoltre, progettato per essere rilasciato e spostarsi verso il pavimento dell’auto, contribuendo, nel caso di impatto frontale, a ridurre i pericoli per il piede e la gamba del guidatore, presumibilmente impegnati a frenare fino a un attimo prima della collisione. Questa funzionalità di sicurezza è innescata dagli stessi sensori che attivano i pretensionatori delle cinture di sicurezza e gli airbag, qualora sia necessario il loro intervento. A proposito di airbag: a bordo ce ne sono otto, inclusi i doppi airbag anteriori, laterali, laterali interni e le tendine gonfiabili.

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Tra gli aspetti in grado di segnare una particolare differenza tra Polestar 2 e il resto della concorrenza vi è di sicuro una particolare attenzione all’impatto che questa vettura è in grado di imprimere sull’ambiente nel suo intero ciclo di vita. Basti pensare che per la fornitura delle batterie è stato messa a punto una procedura che sfrutta la tecnologia blockchain per tracciare il cobalto usato al loro interno. Grazie a questo sistema, gli accumulatori di Polestar 2 sono prodotti unicamente con cobalto estratto in modo responsabile, sia in termini di dispendio energetico che in relazione a possibili profili di sfruttamento di forza lavoro. Solo due fornitori di cobalto a livello mondiale si sono dimostrati in grado di assumere tale approccio ed entrambi sono ora partner di Polestar.

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Abbiamo visto con dovizia di particolari come è realizzata questa Polestar 2, ma come se la cava una volta messa in moto? Come detto in apertura, l’impressione generale è quella di un’auto che fa (finalmente) ciò che ogni auto dovrebbe saper fare: portarvi da un luogo a un altro, senza complicarvi la vita e assicurandovi il massimo del comfort possibile. Sembra una banalità ma non lo è affatto, specialmente tra le vetture elettriche.

Capita spesso, infatti, di salire a bordo di auto sulle quali non è chiaro come mettere in marcia la vettura, come regolare il condizionatore, sulle quali i sistemi di navigazione non funzionano (ancora) correttamente o che risultano fallimentari nei più banali compiti che sono chiamate a svolgere.

Polestar 2 fa dimenticare tutto questo con un’esperienza che ricorda, per molti versi, proprio quella dei prodotti Apple – a cui più o meno dichiaratamente, alcuni dei designer che hanno seguito lo sviluppo di questo modello, hanno candidamente ammesso di ispirarsi nel loro lavoro. Sul fronte della guida, la vettura testata è una Long Range Single Motor. Impossibile, data la breve presa di contatto, formulare qualsiasi considerazione in merito all’autonomia. L’assetto sostanzialmente votato al comfort, piuttosto che alla sportività.

La presenza di un corpo vettura più alto di una comune berlina (15 cm dal suolo) porta Polestar 2, a soffrire di un po’ di rollio, nelle fasi di ingresso in curva. L’auto si assesta sulle sospensioni e prosegue la sua marcia senza più variazioni d’assetto. Anche lo sterzo si mostra poco orientato alla sportività, in questa variante con sospensioni tradizionali. Insomma una berlina comoda ed estremamente silenziosa, che si fa apprezzare per la sua ospitalità anche in un’ottica – ricariche permettendo – di lungo raggio. Ottimo, in fine, il funzionamento del sistema infotainment, davvero a punto, anche e soprattutto in riferimento al sistema di ricerca vocale.

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Meglio di Model 3?

Se limitiamo l’analisi alla mera scheda tecnica, Model 3 sembra battere in ogni aspetto Polestar 2. Ma le automobili non sono soltanto numeri e, in ogni caso, tra questi numeri è necessario tenere in considerazione anche i prezzi. Come detto, Polestar 2 è innanzitutto un oggetto accessibile: un’auto, nel senso che fino ad ora siamo stati abituati ad attribuire a questa parola. Non lo stesso si può dire di Tesla Model 3, per certi versi troppo distante dal concetto tradizionale di vettura, esprimendo, con ciò, un tratto che può risultare indigesto a un’ampia fetta di possibili utenti.

Quanto ai prezzi, Polestar 2 Standard Range Single Motor parte da un prezzo di 50.900 euro, a fronte dei 57.490 euro necessari per una Model 3 RWD. Ma è sulle versioni Long Range che il vantaggio, in termini di prezzo si fa ancor più consistente. Una Polestar 2 Long Range Single Motor, parte, infatti, da 54.400 euro, contro i 64.490 euro di una Model 3 Long Range, mentre per una Polestar 2 Long Range Dual Motor bastano 57.900 euro, di fatto in linea con la entry level del brand americano. Venderà come la rivale americana? Difficile dirlo in questo momento, ma se Polestar saprà lavorare in maniera adeguata sul fronte della comunicazione, sembrano esserci davvero tutti i presupposti per un prodotto di reale successo.

In collaborazione con Automoto.it

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