Polestar

Prove

Volt, Polestar 2, viaggio Milano Goteborg: scheda tecnica, prova, costi, consumi, intervista a Maximilian Missoni e Thomas Ingenlath

L’elettrico ha riscritto molti paradigmi del mondo dell’automobile con una rapidità inimmaginabile fino a pochi anni fa. Non solo per le tecnologie che ha portato su strada, ma anche per le libertà progettuali che consente. E non limitatevi a pensare ad aggiornamenti software in grado di migliorare l’autonomia o d’introdurre nuove funzioni, perché ad alcune auto, come la Polestar 2, è bastato un Model Year per mutare radicalmente a livello tecnico, con modifiche impossibili per una vettura endotermica, come il passaggio dalla trazione anteriore a quella posteriore. E questo, assieme agli innumerevoli affinamenti che gli uomini (e non meno le donne, come ho scoperto portando la vettura da Milano a Göteborg, dov’è nata) della Polestar le hanno riservato, ha totalmente cambiato la svedese.

Per capire meglio le implicazioni di questa trasformazione, ho intrapreso un lunghissimo viaggio che mi ha portato alla scoperta del marchio scandinavo: tra andata e ritorno, più di 4 mila chilometri (compresa qualche digressione), attraverso sette Paesi europei (Italia, Svizzera, Liechtenstein, Austria, Germania, Danimarca e, appunto, Svezia). Un’esperienza che, oltre a permettermi di conoscere a fondo una realtà pressoché unica nel suo genere, mi ha fatto scontrare con una rete di ricarica non sempre all’altezza. Andiamo con ordine.

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Polestar 2: la scheda tecnica

Polestar 2 Long RangePrezzo di listino: € 58.050Potenza: 220 kW (299 CV)Batteria: capacità netta 79 kWhConsumo: omologato 6,8 km/kWh – rilevato 5,3 km/kWhCosto di ricarica: domestica 4,56 €/100km – colonnina: 7,60 €/100kmAutonomia: omologato 655 km – rilevato 482 kmMotore: Elettrico sincrono a magneti permanenti – Potenza Max: 220 kW (299 CV) – Coppia max: 490 NmBatteria: Agli ioni di litio, sotto il pianale – 27 moduli, 324 celle – Tensione 400 V, energia 82 kWh (79 netti)Ricarica: Caricabatterie trifase da 11 kW a 400 VTrasmissione: Trazione posteriore – Riduttore a rapporto fissoCorpo vettura: Scocca di acciaio, 3 volumi, 5 porte, 5 posti – Avantreno MacPherson, molle elicoidali, barra stabilizzatrice – Retrotreno multilink a 3 leve e mezzo, molle elicoidali, barra stabilizzatrice – Ammortizzatori idraulici – Freni a disco autoventilanti, Abs ed Esp – Sterzo a cremagliera, servocomando elettricoPneumatici: Michelin Primacy 4 245/45R19 102V – Kit di riparazioneDimensioni e massa: Passo 274 cm – Carreggiata anteriore 160 cm, posteriore 160 cm – Lunghezza 461 cm – Larghezza 186 cm – Altezza 148 cm – Massa 2.009 kg, a pieno carico n.d., rimorchiabile 1.500 kg – Bagagliaio anteriore 35 dm³, posteriore 405 dm³
Prodotta a: Luqiao (Cina)

La partenza è fissata per l’ora di pranzo di un lunedì, con la nuova batteria da 79 kWh della Polestar totalmente carica, per oltre 500 chilometri di autonomia indicati sul quadro strumenti digitale. Procediamo in direzione nord, verso la Svizzera, che attraversiamo quasi per intero senza fermarci. Gli stringenti limiti di velocità elvetici, uniti a un traffico inaspettato, ci rallentano parecchio; comunque, approfittiamo dell’ora di cena per caricare la “2” con una trentina di chilowattora. Dopo qualche chilometro in Austria, varchiamo il confine tedesco e ci fermiamo per la notte, collegando l’auto a una colonnina a corrente alternata a pochi metri dall’albergo. Sfruttiamo così il caricatore interno trifase da 11 kW: una potenza più che sufficiente per le soste notturne, anche se c’è da rilevare che sempre più rivali offrono, almeno in opzione, la possibilità di arrivare a 22 kW.

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Martedì mattina partiamo con il “pieno”, impiegandolo quasi tutto per portarci il più avanti possibile, fare una breve sosta per ricaricare durante il pranzo e arrivare a una tappa posta al di fuori del percorso ideale che il navigatore di bordo ci aveva proposto a inizio viaggio (vedere la mappa in apertura del servizio): Ferropolis. Un museo a cielo aperto, tra Lipsia e Berlino, tanto sconosciuto quanto spettacolare per un appassionato di meccanica. Perché qui si può vedere da vicino l’evoluzione dei giganteschi macchinari utilizzati per l’estrazione mineraria, che un tempo (non troppo lontano) raccoglievano anche il carbone necessario per la produzione di energia e che oggi, in veste rivista ed evoluta, servono per movimentare la terra da cui si estraggono alcune delle materie prime alla base della transizione energetica.

Peccato solo che proprio la modernissima Germania non sembri del tutto pronta per questa transizione. Dopo aver passato Berlino per avvicinarci ai porti sul Mar Baltico, da dove partono i traghetti per la Danimarca e la Svezia, usciamo dall’autostrada con l’intenzione di cenare e ricaricare. Del resto, dopo un tratto di quasi 400 chilometri, molti dei quali percorsi sfruttando la comoda guida assistita di livello 2, l’autonomia è agli sgoccioli. Verifichiamo, utilizzando l’infotainment, dove sono le colonnine più vicine, scegliamo una stazione ‒ aperta 24 ore su 24 ‒ e seguiamo le indicazioni del navigatore, che ci portano in una strada sterrata, al termine della quale si vedono effettivamente le colonnine. Dietro a un cancello chiuso. Poco male, individuiamo un altro punto di ricarica a una manciata di chilometri, ma, una volta arrivati, scopriamo che si trova all’interno di un’area privata, a quell’ora non accessibile. Raggiungiamo, allora, una stazione nel parcheggio di una concessionaria Volkswagen e colleghiamo finalmente l’auto a una spina, per scoprire che la ricarica dev’essere abilitata dall’interno dell’autosalone. Che riapre la mattina dopo.

Scoraggiati da tre fallimenti consecutivi, decidiamo di andare sul sicuro, sacrificando quella che doveva essere una cena leggera per recarci in un fast food con colonnine a 300 kW nel parcheggio, così da sfruttare al massimo i 205 kW di potenza di ricarica in corrente continua accettati dalla vettura. Una caratteristica, quest’ultima, che ci aiuterà parecchio a ridurre i tempi di sosta anche nei giorni successivi, dopo aver attraversato in nave il Mar Baltico e aver superato lo scenografico ponte di Øresund, il viadotto di 7,8 chilometri che collega la Danimarca alla Svezia. Da lì, arrivare a destinazione è questione di poche ore e di un breve rifornimento a un Supercharger Tesla, da qualche mese aperto anche alle auto di altri marchi. In totale, per i circa 2 mila chilometri dell’andata, in due giorni e mezzo, sono servite meno di tre ore di ricariche fast.

La nostra esperienza di viaggio è stata uno degli argomenti di discussione con chi la Polestar l’ha creata. E non sto parlando solo della “2”, ma dell’intero brand. Perché ad accoglierci nell’headquarter di Göteborg, oltre al ceo Thomas Ingenlath (vedere l’intervista a pagina  17), c’erano pure Maximilian Missoni (quest’altra intervista è a pagina 20), dalla cui matita nascono le linee dei vari modelli, Beatrice Simonsson, che in pratica è la “mamma” della “2”, e Fredrika Klarén, la responsabile della sostenibilità.

Dopo aver toccato con mano i prototipi assieme al capo del design e aver scoperto quanto la Polestar tiene alla trasparenza ambientale, ho fatto un giro sulla “2” con Simonsson, chiedendole lumi sulla trasformazione della vettura da trazione anteriore a posteriore. La head of product management mi ha confermato che è stata l’architettura elettrica a consentire questa rivoluzione, che è andata a tutto vantaggio del piacere di guida. Al termine di questo viaggio di oltre 4 mila chilometri, in effetti, posso dire che viaggiare sulla Polestar 2 è piacevole, con i chilometri che scivolano via senza sentirli, grazie a un abitacolo silenzioso, a sospensioni che isolano bene dalle sconnessioni ‒ pur non essendo tra le più morbide del segmento ‒ e a un powertrain che la rende scattante, ma sempre con un occhio di riguardo ai consumi. Che, come mi ha spiegato Simonsson, sono stati uno degli aspetti su cui si è lavorato maggiormente.

A conferma di ciò, mettendo a confronto il Model Year 2024 con il modello originario, le percorrenze sono aumentate dal 5 al 10%, secondo i dati del nostro Centro prove, con una media che è salita da 5,0 a 5,3 km/kWh. Un incremento degno di nota. Apprezzabile nella vita di tutti i giorni e ancor più in lunghi viaggi come quello che vi ho raccontato in queste pagine. Che tra me e lei, se ancora ci fossero dubbi, ha fatto scoccare la scintilla.

Il design comanda – intervista a Thomas Ingenlath

Avere uno stlista a capo di un intero marchio è cosa rara. Ma nel caso della Polestar non poteva essere altrimenti, visto che il brand scandinavo ha tra i suoi punti di forza proprio l’estetica. Thomas Ingenlath (in alto), il ceo, ha infatti un’esperienza ventennale nei centri stile di vari marchi europei e, dal 2012, ha firmato il design di diverse Volvo, prima di dare vita alle Polestar.

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Che cos’è la Polestar? Per molti italiani resta un oggetto misterioso…
Non siamo un brand di auto sportive puro, come la Ferrari. L’idea era quella di creare un marchio premium alternativo rispetto alla Volvo, che ha un’offerta molto chiara e distinguibile: fa auto sicure per la famiglia e rispettose dell’ambiente. Ma non sono sportive, né orientate alla guida. Perché dovremmo lasciare tutto ciò alla concorrenza? Per questo motivo la Polestar può trovare spazio nel settore premium, accanto alla Volvo, con un’enfasi particolare sulla tecnologia, sul design, sulle prestazioni, sulla dinamica. Parliamo di sospensioni che non puntano tutto sul confort, ma trasmettono al pilota le sensazioni di guida. E poi c’è, naturalmente, l’espressione del design, puro e di carattere. Non ci si deve limitare a prendere come esempio le Polestar 1 e 2, perché siamo ancora agli albori del marchio. Mi rendo conto che oggi le persone, non conoscendoci a fondo, hanno una percezione che definisco condizionata da questi primi prodotti. Bisognerà aspettare il lancio di nuovi modelli per capire meglio il nostro messaggio.

Che cosa pensa della guerra dei prezzi? Pensate di entrarci?
L’elettrificazione ha un problema fondamentale: diventare accessibile al mercato di massa. E questo è un punto da risolvere, ma che non risolverà la Polestar. Voglio dire, non è il nostro segmento, non è la nostra ambizione. Siamo l’opposto, esploriamo l’innovazione e il design per offrire qualcosa che vada oltre l’ordinario. Vogliamo abbracciare il segmento premium, cosa che abbiamo fatto da subito. Vogliamo convincere i clienti a spendere ciò che serve per avere un valore aggiunto.

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Secondo lei, come saranno le batterie del futuro? Che cosa pensa degli accumulatori al litio-ferro-fosfato?
Ora la tecnologia delle batterie è in rapida evoluzione. Le litio-ferro-fosfato sono più economiche, ma ci sarà chi le vorrà e chi no. Come succede oggi per alcune auto: per esempio, chi oggi compra una Porsche 911 GT3 per le sue prestazioni, è pronto a spendere di più. E così faranno anche i clienti del futuro. Dopo aver mosso i primi passi nel mondo elettrico, il livello successivo è capire cosa serve per le proprie necessità, così da non avere l’ansia da autonomia. Potrebbe diventare una domanda a cui si risponde in modo diverso secondo come si è abituati a utilizzare un’auto elettrica. Se mi rendo conto che una batteria da 80 kWh è in realtà sovradimensionata per le esigenze quotidiane e che soltanto per i pochi viaggi che faccio durante l’anno necessito di una colonnina durante il tragitto, analizzando l’infrastruttura di ricarica della mia zona sono in grado di capire se può andare bene anche un accumulatore di fascia media. Più chilowattora significa costi più elevati e un maggiore impatto ambientale, perché la macchina diventa più pesante e servono più materie prime per produrla. Lo sforzo dovrebbe essere quello di rendere ancora più efficienti le auto, non aumentare a dismisura la capacità delle batterie.

L’Italia, per il momento, non è un mercato chiave per le auto elettriche. Che cosa vi aspettate dal nostro Paese?
Mi aspetto che l’Italia alzi il tiro. Penso davvero che si stia perdendo una delle tecnologie più affascinanti. Quante volte, guardando la tecnologia automobilistica, abbiamo pensato: «Oh, mio Dio, si muove tutto così piano». Ora, finalmente, siamo di fronte a miglioramenti sensibili, a nuove tecnologie, e mi chiedo perché questo non venga recepito in un Paese in cui la passione per l’automobile è così grande. Capisco la nostalgia e il romanticismo per il motore a combustione, ma è il passato. Adoro emozionarmi per la storia del design e dell’ingegneria automobilistica o per un evento come la 1000 Miglia. Però, quando si tratta di nuove automobili, credo che la passione e l’emozione dovrebbero indurre ad abbracciare senza remore le nuove tecnologie.

Puliza stilistica – intervista a Maximilian Missoni

Disegnare un’auto è complesso, perché bisogna trovare i giusti equilibri e creare uno stile che resista nel tempo. Tracciare le linee non soltanto di un nuovo modello, ma di un intero marchio, è un’impresa da pochi, soprattutto se quel brand punta molto sul design, come nel caso della Polestar. Il ruolo di Maximilian Missoni, responsabile dello stile dei modelli attuali e di quelli che verranno, è quindi fondamentale.

Maximilian, che cos’è per te il rapporto fra tecnologia e design?
Quando si crea un nuovo marchio, bisogna chiedersi: che cosa lo rende in grado di contribuire al panorama automobilistico? Nel nostro caso ci siamo focalizzati sul fatto che la tecnologia è il nuovo lusso. E celebrarla inserendola nel nostro design è eccitante. Ecco come affrontiamo la tecnologia. Arriveranno nuovi sistemi di assistenza alla guida e avremo il compito d’integrarli nello stile, senza doverli per forza nascondere.

Come avete fatto a rendere moderne delle forme tradizionali?
Per noi è importante non cambiare il design solo per il fatto di essere diversi: dev’essere il passo successivo di un’evoluzione. Per questo ci teniamo molto a mantenere buone proporzioni. Poi, come ho detto, incorporiamo la tecnologia, la comunichiamo all’esterno. E il nostro linguaggio di design, a mio avviso, è un’ottima dualità tra quello automobilistico classico e quello grafico e di prodotto, spesso trascurato nel mondo delle quattro ruote. È tutto incentrato sulla scultura. Una scultura dinamica.

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