Ambiente

Fusione nucleare a bilancio positivo: la svolta dall’America

La National Ignition Facility in California sarebbe riuscita nell’obiettivo ultimo dell’ingegneria energetica, con profonde ripercussioni anche per l’industria dell’auto

Fusione nucleare a bilancio positivo: la svolta dall’America

Il dibattito sulla tecnologia più promettente per un’automobile ecologicamente sostenibile vede al centro un problema comune: l’approvvigionamento energetico. Per l’auto elettrica si discute della necessità di produrre energia elettrica in forma pulita, sia per ricaricare la batteria che per realizzare l’accumulatore stesso. Lo stesso problema si ripresenta per l’energia necessaria alla distillazione dell’idrogeno, che sia questo impiegato per ricaricare i veicoli fuel-cell che per sintetizzare i carburanti sintetici per il motore termico di domani. La notizia riportata dal Washington Post, se confermata, sarebbe dunque una pietra miliare per l’industria automobilistica e per l’intera civiltà. La National Ignition Facility del Livermore National Laboratory, in California, sarebbe infatti riuscita a sostenere la tanto agognata reazione di fusione nucleare, producendo più energia di quella necessaria a innescarla. Alcuni ricercatori interpellati dal Washington Post avrebbero confermato la notizia, la cui ufficialità potrebbe arrivare nella giornata di martedì, durante la quale è stata fissata una conferenza stampa.

La fusione nucleare costituisce un vero e proprio sogno nel campo fisico e ingegneristico, differenziandosi profondamente dalla fissione. Quest’ultima infatti si basa sulla scissione degli atomi, attraverso un processo altamente instabile di cui poi occorre smaltire le scorie radioattive. La fusione mira invece a replicare le reazioni chimico-fisiche che avvengono all’interno delle stelle, dove due atomi di idrogeno si fondono dando vita a una molecola altamente stabile e producendo energia in forma pulita. L’ostacolo principale finora è stata l’elevata energia necessaria ad innescare e alimentare la reazione, superiore a quella recuperabile dal processo stesso. A causa della bassa densità dell’idrogeno nei reattori terrestri infatti, è necessaria una temperatura di 150 milioni di gradi centigradi, oltre che una struttura di contenimento del plasma. La tecnica tradizionale prevede l’utilizzo di superconduttori in grado di generare un campo magnetico migliaia di volte più intenso di quello terrestre per contenere il plasma. La National Ignition Facility avrebbe invece utilizzato un contenimento al laser, risparmiando una considerevole quantità di energia. Così facendo, il processo di fusione nucleare sarebbe stato in grado di produrre 25 megajoule al prezzo di 20 megajoule, raggiungendo il tanto agognato bilancio positivo.

Stefano Atzeni, esperto di fusione nucleare presso l’Università Sapienza di Roma, ha così commentato l’indiscrezione all’ANSA: “Si tratta di un esperimento di fusione controllata diverso da quelli a confinamento magnetico. Il risultato è importante perché per la prima volta è stata generata una quantità di energia superiore a quella usata per ottenere la reazione”. Si attende ora la conferma in forma ufficiale della National Ignition Facility, per una notizia che potrebbe rivoluzionare la società, condizionando tra gli altri anche il destino del settore automobilistico e della mobilità.

FP | Carlo Platella RIPRODUZIONE RISERVATA

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