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Capgemini – “Lindustria automobilistica è in ritardo negli investimenti per la sostenibilità”

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Capgemini – “Lindustria automobilistica è in ritardo negli investimenti per la sostenibilità”

L’intera industria dell’auto sta riducendo i suoi investimenti in iniziative di sostenibilità, ossia in tecnologie, processi e competenze (si escludono le spese delle Case nello sviluppo e nella produzione di elettriche), pertanto, rischia di non raggiungere gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale fissati dall’Accordo di Parigi o dal Green Deal europeo. L’allarme arriva dall’ultima ricerca del Capgemini Research Institute, dal titolo Sustainability in Automotive: From Ambition to Action, che attribuisce il rallentamento ai diversi problemi affrontati dall’intero settore negli ultimi mesi: “Le sfide recenti, come la scarsità di chip e i colli di bottiglia della catena di approvvigionamento, hanno costretto le organizzazioni del settore automotive a ridefinire le proprie priorità”.

I ritardi. Secondo la ricerca, alcune direttive come il Green Deal europeo e l’Accordo di Parigi hanno incoraggiato l’industria ad adottare soluzioni più sostenibili per raggiungere i target di riduzione delle emissioni: il 70% degli operatori sta riducendo la propria impronta carbonica lungo tutta la catena del valore, il 64% prevede un taglio entro il 2040 e il 57% inserisce la sostenibilità tra i principali driver aziendali. Tuttavia, dal 2018, il settore ha ridotto le emissioni di gas serra solo del 5%, con un’ulteriore riduzione del 19% prevista entro il 2030. Di questo passo, le aziende del comparto automotive non appaiono ben posizionate per raggiungere il target generale di emissioni nette zero entro il 2050 previsto dall’Accordo di Parigi, avvertono gli autori del report.

Poco impegno. Inoltre, solo un piccolo gruppo di organizzazioni (meno del 10%) si sta impegnando per rendere il settore davvero sostenibile, con un taglio delle emissioni di gas serra del 35% entro il 2030 (contro una media del 19%), mentre l’implementazione delle diverse iniziative risulta in crescita solo in alcune aree strategiche e, nello specifico, in ambiti sui quali si ha un controllo e un’influenza diretti, come la produzione dei veicoli. A tal proposito, l’implementazione di iniziative sostenibili nella catena di fornitura è salita dal 42% del 2019 al 57% nel 2022 e l’approvvigionamento responsabile di metalli dal 33% al 44%, ma sta calando la propensione all’economia circolare: per quanto il 73% la ritenga un imperativo per raggiungere i propri obiettivi finanziari e di competitività, solo il 53% dispone di una strategia e solo il 45% ne rispetta i principi lungo tutta la catena del valore.

Non bastano le elettriche. D’altro canto la mobilità alla spina è solamente una parte della soluzione. Il settore sta spingendo sui veicoli elettrici per tagliare le emissioni, ma per ottenere un impatto significativo lungo tutto il ciclo di vita è indispensabile che i costruttori “garantiscano la circolarità della produzione e considerino il processo” di smaltimento “delle batterie dei veicoli elettrici lungo tutta la catena del valore”. In tal senso, appena il 41% dei manager intervistati afferma che la propria organizzazione dispone di iniziative di sostenibilità dedicate, percentuale che scende al 28% per le batterie. Scarsa risulta anche l’integrazione degli indicatori delle performance sostenibili nelle attività quotidiane.

La raccomandazione. “L’industria automobilistica – afferma Eraldo Federici, Manufacturing, Automotive, Life Sciences, Aerospace & Defence Director di Capgemini in Italia – si appresta a entrare in un decennio decisivo, definito in gran parte dalla sua capacità di passare completamente all’elettrico. Tuttavia, sebbene la sostenibilità sia considerata una priorità assoluta, il settore nel suo complesso è in grave ritardo: le organizzazioni devono riflettere concretamente sul loro approccio per raggiungere gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi per il 2050. Questo comporta un impegno notevole e rinnovato verso l’economia circolare che abbracci l’intero ciclo di vita del veicolo, così come la considerazione delle emissioni Scope 3 (le emissioni non direttamente imputabili all’attività aziendale, ndr)”.

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