Geely

Geely: la matrioska cinese delle elettriche che compra di tutto

Lotus, Volvo Polestar, Smart: sapete chi le controlla? Un colosso cinese che ha un nome "che porta fortuna": Geely

I marchi che conosciamo molto bene come Volvo, Lotus, Smart e Polestar sono controllati, del tutto o in parte, dal gruppo cinese Geely. Stiamo parlando di un vero e proprio colosso mondiale dell’automotive, che nel 2023 ha venduto complessivamente 1.686.516 unità, con una crescita del 17,7% rispetto all'anno precedente e ricavi pari a quasi 23 miliardi di euro (+21%).

La storia di Geely (un adattamento del cinese Jílì che significa di buon auspicio) parte da lontano, sia in termini cronologici che geografici. Nel 1986, in Cina, Li Shufu, appena laureato in ingegneria alla Yan Shan University, fonda a Taizhou – con i soldi prestati dal padre – un'azienda che produce frigoriferi ed elettrodomestici. A metà degli anni Novanta, in un Paese molto diverso da quello che conosciamo oggi, e dove si vendevano a malapena 300 auto all’anno, Li decide di fare il grande salto: acquista un’impresa fallimentare gestita dallo Stato e inizia a fabbricare motocicli. Tra il 1997 e il 1998 passa alla produzione di piccoli furgoni, e quindi, nel 2002, automobili. La trasformazione è quasi completa. Certo, in questi anni nessuno oltre la Muraglia conosce o sente parlare di Geely, che si limita sostanzialmente a sfornare in patria auto più o meno simili a modelli occidentali. Eppure il signor Li non sembra aver dubbi. Nel 2001 dichiarava, nel corso di un’intervista alla televisione statale cinese, che “i produttori automobilistici americani come General Motors e Ford crolleranno definitivamente”, mentre Geely e altri nuovi arrivati ​​avrebbero conquistato il centro della scena.

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Il render della Volvo ES90

La crescita di Geely

Pazzo o visionario che fosse, Li prosegue nel suo percorso. Nel 2004 Geely Auto – che fa parte del conglomerato Zhejiang Geely Holding Group con sede ad Hangzhou – viene quotata alla Borsa di Hong Kong. Due anni più tardi l’azienda si presenta con uno stand prima al Salone dell’automobile di Francoforte poi al Detroit Auto Show. Risultato? Pessimo. Negli Stati Uniti la rivista Car and Driver arrivò a umiliare Geely definendo le sue auto “obsolete”. Li non accusa il colpo, anzi, osserva i giganti occidentali dell’automotive e inizia a stendere la propria strategia: diventare la prima casa automobilistica cinese a farsi strada nei mercati internazionali. In primis quelli occidentali. Geely ha sostanzialmente iniziato a gettare le basi per il successo futuro con l'acquisizione nel 2010 di Volvo da Ford Motor (operazione da 1,8 miliardi di dollari, praticamente regalata, la Casa americana non vedeva l'ora di disfarsene). Questa mossa sorprendente avrebbe collocato il marchio in una classe a parte tra i produttori automobilistici del Dragone, consentendole di attingere direttamente alla tecnologia automobilistica avanzata. Gli analisti pensavano che per Volvo, il fatto di esser passato in mano cinese, potesse essere l’inizio della fine. Li avrebbe invece mostrato ingenti dosi di lungimiranza, concedendo 900 milioni di dollari per rilanciare il brand e la massima autonomia ai dirigenti (che avrebbero continuato a lavorare nel quartier generale scandinavo), oltre che le migliori tecnologie provenienti dalla Cina. Che, nel frattempo, era ormai entrata nel club delle principali potenze tecnologiche del pianeta. Le cifre dimostrano il successo ottenuto da Geely. Se, prima dell’arrivo dei cinesi, Volvo vendeva 334mila vetture all’anno, nel 2019 ne avrebbe piazzate 705.452 (155mila delle quali oltre la Muraglia).

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La Polestar Precept del 2020

Shopping in Europa

Sulla scia del successo conseguito nell’operazione Volvo, Geely ha pensato bene di replicare più e più volte lo stesso modus operandi: acquisire brand stranieri, migliorarli e incrementarne le vendite. L’elenco della spesa di Li Shufu si sarebbe presto riempito di sigle e marchi provenienti da ogni parte del mondo. Nel 2013 l’azienda cinese acquisisce la  London Taxi Company, produttrice dei tradizionali taxi londinesi, ribattezzandola London EV Company (LEVC) e aiutandola a sviluppare nuovi veicoli. Nello stesso anno, Geely acquista il 49,9% di Proton, lo storico OEM malese, nonché il 100% della statunitense Terrafugia, che lavorava su un'auto volante dal 2006 (mai realizzata veramente), e l'8,2% della svedese AB Volvo, attiva nel mercato degli autocarri. Nel 2018 Li investe 7,3 miliardi di euro per mettere le mani sul 9,7%, di  Daimler, diventandone il maggiore azionista. Nel 2017 assorbe Lotus. Nel marzo 2019 rileva il 50% di Smart per realizzare, insieme al costruttore tedesco, una joint venture al fine di rilanciare il marchio a livello globale come “puramente elettrico”. Nel Settembre 2022 preleva il 7,6% del marchio britannico Aston Martin. Nel 2017 Geely e Volvo hanno anche lanciato insieme due nuovi marchi: Lynk & Co. e Polestar. Lynk è stato messo in vendita in Cina nell’autunno 2018 per rivolgersi ai giovani acquirenti urbani mentre Polestar è un'azienda premium di auto elettriche progettata per affrontare Tesla. Altri due marchi innovativi rispondono al nome di Geometry e Zeekr. L’espansione di Geely – necessaria per dotare il brand cinese del know-how necessario a fare breccia in Occidente – promette di continuare. Non tutti gli analisti concordano però sull’efficacia di una strategia del genere. Shaun Rein, amministratore delegato del China Market Research Group, una società di consulenza di Shanghai, ha affermato che è difficile avere una visione positiva delle prospettive di Geely: “Non ha una strategia forte a livello internazionale o in Cina, controlla troppi marchi che si sovrappongono e che non hanno senso”.

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