Gli ispettori dell’Ue volano in Cina e indagano sui sussidi ricevuti dai Costruttori locali per produrre auto elettriche
BYD, Geely e SAIC: ecco i nomi dei primi indiziati dell’Europa, finiti nella lista nera della Commissione Ue con l’accusa di aver beneficiato ingiustamente dei sussidi elargiti in oltre dieci anni dal Governo cinese per incentivare la produzione di auto elettriche.
Perché l’Europa indaga
L’indagine era stata annunciata a settembre dalla presidente Ursula von der Leyen, preoccupata – come tutta l’industria Ue – dallo sbarco dei marchi cinesi nel Vecchio Continente, col sospetto che l’ascesa dei motori elettrici “made in China” sia stata favorita da finanziamenti anticoncorrenziali.
L’inchiesta durerà 13 mesi e si trova ancora nella fase iniziale. Era stata Great Wall la prima a rispondere alle domande della Commissione europea, ma adesso sappiamo che sotto la lente di Bruxelles ci sono anche BYD, Geely e SAIC.
Mancano però conferme ufficiali, perché sia l’esecutivo Ue che il Governo e i Costruttori cinesi rifiutano di rispondere alle richieste di conferma della Reuters. Si salvano invece – almeno per ora – alcuni brand occidentali che hanno trovato casa a Pechino e dintorni, ovvero Tesla, BMW e Renault.
Cosa aspettarci
Alla fine dell’indagine, Bruxelles potrebbe imporre delle tariffe punitive ai marchi cinesi; una sanzione che si tradurrebbe nell’applicazione di dazi doganali aggiuntivi all’attuale tassa del 10%. Una mossa che l’Europa ritiene necessaria di fronte alle previsioni degli esperti, che parlano di quote di mercato cinesi pari al 15% nel 2025, grazie a prezzi dei veicoli inferiori del 20% a quelli delle vetture “made in Ue”. Intanto, proprio BYD prepara lo sbarco di altre 7.000 vetture nel Vecchio Continente, trasportate da una nave cargo appena salpata.