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Lotus Eletre: prova su strada della Suv a batteria

Qualcuno potrebbe pensare, a ragion veduta, che una enorme Suv a batteria non rispecchi propriamente i valori del padre fondatore della Lotus; e ci sta. Ma visto che Colin Chapman, oltre che abile pilota e ingegnere, era anche un astuto imprenditore, se oggi fosse ancora alle redini dell’azienda forse avrebbe virato, messo alle strette dai tempi che corrono, verso questa direzione. D’altronde già qualche decennio fa è stata la Porsche, per esempio, a insegnarci che non sempre si può vivere soltanto di sportive, e se non avessero creato quella che allora venne percepita come un’eresia, alias la Cayenne, oggi a Stoccarda non ci sarebbe una florida azienda capace di spaziare da grosse Suv a macchine a batteria, pur continuando a costruire decine di splendide varianti della 911.

Obiettivi ambiziosi. Tutto questo per dire che, anche se alcuni non la digeriranno, una vettura come la Eletre è necessaria, a livello globale, per garantire un futuro al marchio ed espanderne gli orizzonti (dopo di lei arriveranno una lussuosa berlina Ev e una Suv più compatta, per toccare quota 150 mila unità entro il 2028), per continuare a costruire, anche e ancora, ottime sportive come da tradizione.

Anche un po’ italiana. L’aria che si respira oggi in Lotus, comunque, è elettrizzante, e scusate il terribile gioco di parole. Però è proprio quello che ho percepito dopo aver trascorso un paio di giorni in loro compagnia per il lancio dinamico della Eletre. Non avevo avuto ancora il piacere di conoscere la Lotus del nuovo corso, cioè quella che dal 2017 fa parte del colosso cinese Geely, e l’atmosfera è quella tipica, piena di entusiasmo, di una startup; c’è anche tanta Italia, con molte figure apicali provenienti da brand della motor valley, e questo, in un certo senso, mi dà fiducia nel prodotto che di lì a breve guiderò.

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Infotainment di livello. Noto subito, appena mi siedo sulla Eletre S che mi spetta, una qualità davvero pregevole: materiali e finiture impeccabili, grande cura del dettaglio e un’ergonomia dei comandi ben studiata: di tasti fisici ce ne sono pochi, oggi è merce rara, ma quelli presenti (al volante, oppure per regolare la temperatura) sono dei piccoli gioielli metallici che restituiscono piacevoli sensazioni al tatto. Lo sguardo, inevitabilmente, cade poi sul grande schermo da 15 pollici al centro della plancia, un Oled sotto il quale c’è un hardware tostissimo: due processori Qualcomm 8155 e motore grafico Unreal Engine, quello dei videogames, per far girare con inconsueta fluidità l’Hyper OS, il sistema operativo sviluppato dalla Lotus. L’interfaccia con cui ci si rapporta è di immediata comprensione e la reattività al tocco notevolissima, con qualche reminiscenza del sistema operativo della Tesla specie nella schermata che proietta la vettura in mezzo all’ambiente circostante, sia da ferma sia in movimento. Finché sono in tema intrattenimento, non posso non condividere l’esperienza che mi ha regalato l’impianto della inglese Kef, con 23 altoparlanti e 2.160 watt di potenza; ascoltare un brano o guardare un video in Dolby Atmos, con l’audio cristallino che ti avvolge a trecentosessanta gradi, ti fa venir voglia di trascorrere più tempo in macchina che in salotto.

Siamo inglesi, niente sound. L’asfalto scorre via liscio, sotto le ruote da 22 pollici (volendo anche 23″), e il livello di confort è consono a una cabina così curata e raffinata. D’altronde ci sono sospensioni pneumatiche a doppia camera, a far da filtro, ed è soltanto se decidi di inserire la modalità sportiva che le sconnessioni iniziano a palesarsi. In abitacolo comunque non vola una mosca, i doppi cristalli isolano a dovere, ed è curioso come la Lotus abbia scelto di non creare alcun sound specifico per accompagnare l’erogazione dei due motori elettrici. A mia precisa domanda, risposta schietta: “L’elettrico è silenzio, vogliamo essere onesti e non affidarci a nulla di artificiale”; per la cronaca, condivido anch’io.

Non è una Elise, però… Insomma, dopo qualche chilometro è soltanto il marchio sul volante a ricordarmi che sto guidando una Lotus, un tale livello di benessere e qualità a bordo non è mai appartenuto alle vetture inglesi. Tuttavia, la volontà di conferire all’Eletre un carattere che potesse legarla idealmente allo spirito del marchio, emerge nel guidato. Lungi da me voler paragonare una Suv di cinque metri e oltre due tonnellate a una Elise, meriterei un Tso, ma devo ammettere che il lavoro fatto sullo chassis regala sensazioni positive: le barre antirollio attive e il retrotreno sterzante la rendono piatta in appoggio e rapida nei cambi di direzione, avantreno e retrotreno parlano bene fra loro e il bilanciamento soddisfa; lo sterzo è comunicativo, pronto e diretto; tende soltanto ad alleggerirsi un poco in piena accelerazione, con l’avantreno che segue un po’ troppo la strada. Inutile sottolineare quanto sia corposa la spinta, alla luce dei 612 cavalli e 710 Nm, ma l’aspetto interessante è l’ottima modulabilità del pedale dell’acceleratore, che consente di dosare con precisione la spinta, affinché non risulti mai troppo appuntita se non lo desideri. Diverso il discorso a bordo della Eletre R, sempre dotata di due motori ma con i numeri che salgono vertiginosamente: 918 cavalli e 985 Newtonmetro. Una partenza con launch control rappresenta un’esperienza fuori dalla norma, a meno che non guidiate abitualmente una Porsche Taycan Turbo S o una Tesla Model X Plaid; per la cronaca qui il cronometro si ferma a 2,95 secondi sullo 0-100, qualcosa in più rispetto alle altre due, ma la sensazione di decollo, con gli organi interni che si comprimono, è la stessa.

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Nuovo record di ricarica. Dove invece la Eletre dovrebbe surclassare le due super Ev sopracitate è nella rapidità di ricarica: grazie anche all’architettura a 800 volt, la Lotus dichiara una potenza di picco in corrente continua di 350 kW (Porsche si ferma a 270), pari a circa 20 minuti per far salire dal 10 all’80% il livello di carica dell’enorme accumulatore da 112 kWh. Parlo di potenza di picco, sottolineo, perché l’esperienza del nostro Centro prove ricorda comunque che sono molteplici le variabili che influenzano la curva di ricarica; verificheremo non appena la Suv arriverà dalle nostre parti. Comunque, alla luce di una batteria così grande, risulta adeguata anche la scelta di dotare la vettura di un caricatore di bordo da 22 kW per la corrente alternata. E la grande quantità di energia a disposizione garantisce alla Eletre un’autonomia di tutto rispetto, circa 600 km. Valore premiato appunto dai 112 kWh disponibili più che dall’efficienza generale, d’altronde alla luce della massa e della potenza in campo fare miracoli è impossibile: durante il test drive, il computer di bordo recitava fra i 25 e i 27 kWh/100 km con un’andatura piuttosto tranquilla.

Quattro Lidar sono meglio di uno. Meritano una menzione speciale gli Adas, con un comparto hardware di tutto rispetto. La Eletre dispone di guida assistita di livello 2, più di così non è consentito a livello normativo. Tuttavia, è già predisposta per andare ben oltre: ci sono quattro Lidar che possono fuoriuscire dalle apposite sedi (due in prossimità degli archi ruota anteriori, uno sul parabrezza e l’altro sul lunotto) e lavorano di concerto con radar e telecamere, per disegnare lo scenario più realistico e affidabile possibile riguardo agli ostacoli, fissi o in movimento, attorno alla vettura. Qualora un giorno sarà consentito andare oltre (su alcuni mercati è già possibile), basterà recepire l’aggiornamento software ed è fatta.

Già ordinabile. Dovesse interessare l’argomento, la Lotus Eletre è già ordinabile con consegne a settembre, volendo c’è un efficace configuratore online per disegnarsela su misura: tre le versioni, tutte con batteria da 112 kWh e powertrain dual motor, con prezzi che vanno dai 98.490 euro della versione base, per salire ai 124.090 euro della S fino ai 154.890 della potentissima R.

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