Barcellona è stata a lungo considerata la pista degli esami, la prova del nove per capire i valori in campo e le qualità delle monoposto in griglia, grazie alle sue caratteristiche che lo rendono uno dei circuiti più impegnativi del mondiale. Per questo, anche se il calendario è cambiato nel corso degli anni, così come il layout del tracciato, la tappa spagnola era una delle più attese quest’anno, per trovare delle risposte ai tanti dubbi su quale fosse il valore della griglia.
Alcune domande hanno trovato una risposta, mentre per altre bisognerà continuare ad attendere i futuri Gran Premi, anche perché questa stagione sta dimostrando come le cose possano cambiare nell’arco di poche gare. Tuttavia, c’è una squadra da cui ci si aspettava qualcosa in più, ovvero la Ferrari. Da una parte, è sì vero che la pista catalana non si sposava al meglio con le caratteristiche della SF-24, che nelle curve ad alta velocità già in altri appuntamenti del mondiale aveva dimostrato di avere qualcosa in meno rispetto sia alla Red Bull, riferimento assoluto, che alla McLaren.
Dall’altra parte, però, ci sono stati anche degli elementi che hanno penalizzato il weekend oltre le stesse aspettative della Rossa, a partire dal ritorno del bouncing, come ammesso da Carlos Sainz al sabato al termine delle qualifiche. Un aspetto che ha impattato negativamente il valore della SF-24 non solo nelle curve molto veloci, ma anche in altri aspetti secondari, in quello che alla fine si è rivelato una sorta di compromesso che non ha pagato.
Carlos Sainz, Ferrari SF-24
Foto di: Ferrari
Il ritorno del bouncing
L’Austria si presenta già come una prova diversa, sulla carta più adatta alla Rossa, mentre un esame più veritiero potrebbe essere la tappa di Silverstone, per quanto pure il circuito britannico presenti meno curve di appoggio ad altissima velocità rispetto a Barcellona. Tuttavia, lasciando il focus sugli avvenimenti della tappa iberica, questo problema ha avuto un peso specifico piuttosto chiaro e marcato.
Il fatto di dover limitare il bouncing ha avuto degli effetti negativi anche su aspetti secondari, soprattutto in termini di messa a punto, dovendo sacrificare altri elementi per compensare i problemi. Per gestire i rimbalzi nelle curve ad alta velocità, la conseguenza è che diventa necessario intervenire anche a livello meccanico, in modo da trovare un assetto più rigido che mantenga “salda” la vettura in percorrenza. Da questo punto di vista, l’aspetto aerodinamico e meccanico della monoposto devono lavorare insieme, dipendendo quasi l’uno dall’altro.
Ma nel momento in cui si è costretti a trovare un setup di compromesso, che può avere una sua efficacia nelle curve veloci aiutando a limitare il bouncing, dall’altra parte emerge anche il problema opposto. Si tratta pur sempre di un compromesso, che andrà a penalizzare di conseguenza altre parti del tracciato. La SF-24 ha sempre avuto un comportamento altalenante nelle curve a media-bassa velocità, specie in quelle più lunghe dove bisogna lavorare tanto di anteriore e serve una buona stabilità. Il problema si era già presentato in Cina, ad esempio, ma non in altre gare con curve lente più secche.
Foto di: Sam Bloxham / Motorsport Images
Una vettura instabile di compromesso
Nel secondo settore di Barcellona, Ferrari ha pagato anche quelle scelte di compromesso, con un’auto che in più occasioni si è rivelata non solo rigida, ma anche molto instabile. L’errore di Charles Leclerc in curva cinque durante le qualifiche in parte deriva anche da questa instabilità generale che si è potuta osservare in diversi tratti della pista, non solo molto veloci, con i piloti che hanno dovuto lavorare molto di volante, ma anche in quelle a medio-basse velocità dove un assetto più morbido può aiutare.
Di fatto, questi due elementi, ovvero il bouncing e l’instabilità generale, hanno rappresentato due fattori concatenati, che hanno finito per penalizzare non solo la performance generale della vettura, ma anche la fiducia di chi si trova nell’abitacolo in più zone della pista.
Charles Leclerc, Ferrari SF-24
Foto di: Zak Mauger / Motorsport Images
Il fattore gestione in pista
Tuttavia, al di là delle considerazioni sul piano puramente tecnico, anche sul piano strategico qualcosa non ha funzionato come sperato, per quanto, anche in questo caso, i due aspetti abbiano alcuni punti di aggancio. L’episodio nella prima parte di gara dello scambio di posizioni tra i due Ferraristi ha generato diverse polemiche, ma ha avuto anche un doppio impatto sulla gara. A livello cronometrico, ciò non ha rappresentato una perdita di tempo importante, come giustamente rimarcato da Frederic Vasseur nelle interviste. Tuttavia, ha pesato più sul discorso track position e scelte a livello tattico tra i due piloti.
Anche se Leclerc fosse stato davanti, realisticamente Ferrari avrebbe adottato una strategia simile data l’efficacia dell’undercut, tra l’altro scegliendo il momento ideale sapendo che Mercedes avrebbe comunque dovuto reagire per Russell. Il discorso a quel punto si sarebbe spostato sul secondo stint. Andando a effettuare una stima fuel corrected, ovvero con correzione dei valori di carburante data la differenza del momento della sosta, tra il passo di Leclerc sulla media e quello di Hamilton, in realtà lo scarto è minimo, rimarcando piuttosto la bontà del passo dell’inglese della Mercedes. Inoltre, bisogna tenere a mente che nella prima parte dello stint il sette volte campione del mondo ha dovuto lottare con Sainz, mentre nella parte centrale è rimasto dietro Russell: nel momento in cui ha potuto girare in aria libera, i suoi tempi si sono abbassati, a dimostrazione che vi era del margine.
Carlos Sainz, Ferrari SF-24, Charles Leclerc, Ferrari SF-24
Foto di: Steven Tee / Motorsport Images
L’ultimo stint di Hamilton è difficile da prendere come riferimento perché, nel momento in cui è tornato davanti a Russell, il box gli ha suggerito prudenza nell’approccio, tanto che si possono notare lift nelle curve veloci molto pronunciati, soprattutto sul finale, quando la chance di arrivare sul podio si è fatta sempre più concreta. La scelta con Sainz di passare alla hard, invece, ha due motivazioni: in parte il passo, che anche fuel corrected sulla media è più lento di quello del compagno di squadra, ma anche la necessità da parte della Ferrari di coprire la strategia di Russell, in modo da diversificare le tattiche di gara e avere un pilota che coprisse i rivali.
Per quanto Leclerc avesse un buon ritmo sulla media, non è escluso che, nel caso fosse stato il pilota costretto a fermarsi anticipatamente nel primo stint, quel ruolo sarebbe toccato proprio al monegasco. Non è un mistero, infatti, che in realtà Ferrari abbia proposto anche a Leclerc la hard per lo stint finale, prima di dirottare definitivamente sulla soft.
Tre elementi, ovvero bouncing, instabilità e decisioni strategiche/di pista, che in qualche modo hanno messo in difficoltà la Rossa, concatenandosi tra loro.
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