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Auto e smart working i benefit più apprezzati dai manager

auto e smart working i benefit più apprezzati dai manager

Auto e smart working i benefit più apprezzati dai manager

Il manager in bicicletta e in tram è una figura che si staglia in un futuro tanto lontano quando indeterminato, sia nelle grandi città, che in provincia, il regno delle piccole e medie imprese. La svolta ecologica e la sostenibilità ambientale non sembrano aver scalfito il mito dell’auto, se è vero che ancora oggi è il benefit più apprezzato. Di pari passo, però, con un benefit decisamente ecologico: il lavoro flessibile e da remoto. Stiamo parlando di un universo di lavoratori piuttosto circoscritto, i middle e top manager, seppure si sia allargato negli ultimi decenni, più grazie ai job title che ai contratti da dirigenti.

Nella sua Salary guide del 2024 Hays ne ha sondati 1.348, oltre a 828 aziende. Quello che emerge è che il pacchetto del compenso è sempre più articolato, «pur prendendo come riferimento modelli standardizzati che le aziende costruiscono cercando di capire come si muove il mercato del lavoro – ci racconta il managing director di Hays Carlos Manuel Soave -. Il dinamismo è molto forte, nel 2023 due lavoratori su dieci hanno cambiato azienda e in alcuni ambiti legati soprattutto all’it, all’ingegneria e al life science c’è un evidente disallineamento tra domanda e offerta. In un mercato così, attirare e trattenere i talenti significa avere politiche di gestione delle risorse umane molto strutturate, che considerino le persone come fulcro dello sviluppo dell’organizzazione».

Ma quanto vale il pacchetto di benefit? «Può arrivare anche al 15-20% della Ral (retribuzione annua lorda, ndr)», calcola Soave. Quindi si tratta sì di un complemento, ma di un certo peso. E allora nella proposta di assunzione di un middle manager (per un top è decisamente scontato) non può più mancare il computer, il telefono, il buono pasto, ma anche l’assicurazione sanitaria o la copertura medica privata. E soprattutto il lavoro flessibile. Se li ritrovano quasi tre professionisti su quattro, stando alla ricerca di Hays. I più apprezzati, come dice oltre la metà dei manager, sono due: il 56% indica l’auto aziendale, mentre il 51% lo smart working.

Arrivati a questo punto, però, una precisazione è d’obbligo quando si usa la parola manager. Chi sono i manager oggi? Carlos Manuel Soave ci spiega che il «job title è importante per dire che cosa si fa, ma non è rappresentativo come una volta. Ogni azienda dà una definizione che è la sua, in un mercato che non è più così nettamente segmentato. In altre parole siamo un po’ tutti manager e non è il job title che definisce chi ha il contratto da dirigente o da quadro. Rispetto al passato quando diventare dirigente era molto complesso ed era necessario essere una figura apicale all’interno dell’organizzazione, oggi il percorso è più accessibile, semplice e veloce, anche per un middle manager. Resta però il fatto che la dirigenza non viene erogata a tutti facilmente. Quello che è dirimente, più che il job title, è l’anzianità di servizio, la responsabilità, il numero di persone, il budget e il fatturato gestiti, oltre ai risultati. Un capitolo, quest’ultimo, su cui le aziende mostrano maggiore sensibilità. Vediamo che cresce la quota di quelle che cercano di legare una parte del pacchetto variabile al raggiungimento degli obiettivi che a quel punto può davvero fare la differenza nel compenso».

Secondo la ricerca di Hays, che è una multinazionale inglese, presente in Italia da molti anni, specializzata nella ricerca e selezione di middle e top manager, la leva retributiva si rivela cruciale per influenzare la scelta dei lavoratori. Considerando che il nostro è il Paese delle piccole e medie imprese, nel 2023, la Ral media per figure di middle e top manager è stata di 54mila euro, in crescita del 2% rispetto al 2022. Si va dai 34mila euro di junior e specialist con 2 o 3 anni di esperienza, ai 49mila euro di senior specialist e coordinator (figure con 5 anni di esperienza e la gestione di piccoli team), ai 68mila euro dei manager con almeno 5 anni di esperienza, che gestiscono task e team più complessi, ai 75mila euro dei director con 8-10 anni nel ruolo, fino ai 94.500 euro del C-level.

Stando così le cose, oltre quattro professionisti su dieci (il 43%) si dicono insoddisfatti della propria situazione economica e più della metà (il 55%) sostiene che la propria retribuzione non sia adeguata alle responsabilità che ha. Questi lavoratori si dicono pronti a cambiare società, principalmente mantenendo lo stesso ruolo e lo stesso settore. Il mix di elementi del pacchetto del compenso deve prevedere la crescita professionale per il 51%, il work life balance per il 49%, i benefit per il 47% e ruoli o progetti interessanti per il 41%. «Quando si parla di benefit il passaggio da un settore all’altro non è sempre semplice – dice Soave -. Chi lavora nel commercio tenderà ad avere l’auto aziendale di default o il rimborso trasferte, che magari non ha chi lavora in ambito contabile e amministrativo dove per il datore di lavoro l’auto può non essere fondamentale. Nel settore bancario è abbastanza facile che middle e top manager abbiano un mutuo a tasso agevolato, un benefit che passando a un altro settore difficilmente potrebbero mantenere, così come nell’assicurativo è frequente avere assicurazioni agevolate di molti tipi. Per citare un altro esempio, nel settore tecnologico evoluto, soprattutto nelle start up, osserviamo che i benefit possono anche comprendere piani di azioni dell’azienda che i manager vanno a sviluppare».

La leva economica, seppure centrale, è utilizzata in maniera piuttosto debole, sia a sentire i manager che le aziende. Nel 2023, in generale, le aziende hanno contenuto gli aumenti rispetto al 2022. In particolare, il 41% delle imprese dice di aver dato aumenti entro il 5%, il 13% tra il 6% e il 10%, il 5% dall’11% al 15% e solo l’8% ha superato il 15%. Tutte le altre dicono di aver lasciato invariati gli stipendi (37%) o addirittura di averli diminuiti (1%). E per quest’anno, la maggior parte si dice pronta ad aumentare gli stipendi, ma sempre in maniera contenuta, prevalentemente entro il 5%. Come si fa allora ad avere un aumento di retribuzione? Sicuramente, afferma Soave, «nell’engineering, nel life science e nell’It, dove c’è molta technicality e c’è più richiesta che offerta si è determinata una vera e propria scarcity di lavoratori e questo ha portato a una maggiore disponibilità delle aziende a spendere più del dovuto per fare delle assunzioni. Su un ethical hacker, una figura dedicata a proteggere l’infrastruttura tecnologica dell’azienda, si arriva anche a retribuzioni fuori mercato del 20-25%». Stando alle risposte dei manager, in generale, per avere aumenti di stipendio bisogna cambiare lavoro come ha fatto il 37% di chi ci è riuscito o avere performance individuali molto elevate, come è avvenuto nel 24% dei casi.

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