Aston Martin DBS 770 Ultimate: prezzo, motore, prestazioni, interni, guida su strada

Potrei dirvi che la DBS 770 Ultimate è l’Aston Martin di serie più potente di sempre. Oppure che è l’ultima della sua specie. O ancora, che i suoi 499 esemplari sono andati a ruba prima ancora che la presentassero (nonostante i prezzi si aggirino attorno ai 400 mila euro). Ma mi limiterò a dire che non ricordo di aver mai guidato un’auto così facile da gestire nonostante la sua stratosferica potenza. Perché sì, ha 770 cavalli, ma sono docili come gli agnellini che popolano i verdi prati delle Midlands, dove ho avuto l’occasione di guidare per un breve (e trafficato) primo contatto l’ultimo gioiello di Gaydon. Del quale, più che la potenza bruta, ho potuto apprezzare il confort, visto che gli inglesi in partenza per il Bank Holiday (la festa nazionale britannica) hanno trasformato le stradine dei piccoli borghi a sud di Birmingham in quelle degne di una metropoli nell’ora di punta.

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Aston Martin DBS 770 Ultimate (2023)

Il dodici è davanti (centrale). Poco male, però, perché nella guida a passo d’uomo ho potuto scoprire dettagli che altrimenti sarebbero stati difficili da notare. Come la fluidità del cambio automatico ZF alle basse andature o la delicatezza del V12 quando si accarezza l’acceleratore: dettagli che su un’auto da 770 cavalli e 900 Nm sono tutt’altro che scontati. Merito di una buona gestione dell’elettronica, con tre modalità per il powertrain e altrettante per le sospensioni, configurabili separatamente con un tocco dei pollici sul volante. In GT, la DBS 770 Ultimate si guida quasi come un’ammiraglia, è confortevole, silenziosa e facile da gestire. Non fosse per quell’enorme cofano che vedi davanti a te (e del quale non capisci nemmeno lontanamente dove finisca), potresti dire di essere al volante di una qualsiasi sedan d’altissima gamma. Ti basta però muovere di qualche millimetro verso il basso il pedale destro per sentire tutta la spinta delle due turbine che alimentano il 5.2 a 60 gradi (che, a dirla tutta, ha un urlo meno coinvolgente rispetto ad altri “dodici”) montato davanti a te, in posizione anteriore centrale. Un dettaglio, quest’ultimo, che rende la coupé di Gaydon molto bilanciata (la ripartizione dei pesi è di 51:49), comunicativa e reattiva, come ho potuto constatare nelle campagne, lontano dal traffico.

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Guida d’altri tempi. Il merito è anche delle innumerevoli modifiche meccaniche apportate alla Superleggera da cui deriva, dalla nuova taratura dell’assetto all’aumento del camber, passando per l’irrigidimento del telaio e per un nuovo sistema di sterzo. Che ti comunica (quasi) per filo e per segno cosa sta succedendo sotto le ruote, rapido, preciso e diretto: insomma, il comndo ha tutto quel che serve per trasmetterti un gran bel piacere di guida. E questo è un dettaglio sempre più raro da trovare: difficile chiedere di più. Nonostante la massa in gioco (1.845 kg), l’ultima evoluzione della DBS entra in curva rapidamente e tiene bene la traiettoria impostata, con l’elettronica che ti aiuta a farla girare come vuoi. Sia che tu stia cercando scorrevolezza, sia che tu la voglia intraversare. In quest’ultimo caso, basta un affondo sul pedale destro per far pattinare le ruote posteriori dando il via a un gioco di equilibrio che bisogna riservare alla pista.

Col “più” diventa cattivissima. Tutto questo, con l’assetto a regolazione elettronica nella modalità più morbida. Perché inserendo la modalità più estrema, la Sport+, la DBS si irrigidisce come poche altre auto. E lo dico con cognizione di causa, perché fatico a ricordare un altro modello con un abisso così profondo tra i setup dell’assetto. Non che diventi una GT3 RS, sia chiaro, però con il setup più rigido finisci per sentire ogni sassolino sulla strada e noti anche il cambio di grana dell’asfalto. Un dettaglio che mai mi sarei aspettato da una opulenta gran turismo con interni totalmente rivestiti di pelle (e intendo totalmente, anche tetto, montanti e parte bassa). Potrei usare un paragone ormai abusato in ambito automobilistico come quello tra il Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ma non lo farò, perché pure nella modalità più furiosa la DBS si lascia guidare con facilità, a patto di non provocarla. Perché se inizi a spingere ti dà del filo da torcere e sfruttarla a fondo dev’essere molto difficile anche in pista (oltre a essere totalmente impensabile su strada). In ogni caso, anche dopo la guida più impegnata non esci dall’abitacolo sudato, perché l’auto ti comunica davvero tanto e ti dà il tempo di reagire: magie della ripartizione dei pesi. In più, qui c’è un’elettronica molto ben tarata, che ti limita il giusto e ti asseconda, aiutandoti a guidare in sicurezza questo mostro a dodici cilindri. E tutto questo finisce per farti scendere dalla giostra – con uno smoking sulla Promenade des Anglais, o con la tuta e il casco al Ring – con un bel sorriso stampato sulla faccia.

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