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Porsche Panamera: test drive, prova, guida su strada

Tira da una parte, tira dall’altra, ma alla fine è sempre corta. Quando si tratta di sviluppare il telaio di una vettura, la coperta non è mai sufficiente, a meno che l’obiettivo non propenda fortemente verso una precisa caratteristica, confort o sportività che sia. Ma se vuoi eccellere dappertutto, allora la questione si complica e tocca inventarsi qualcosa di nuovo. Ed è quello che hanno fatto a Weissach con la terza generazione della Porsche Panamera, con quella famigerata coperta che qui ha assunto le sembianze di una trapunta king size.

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Porsche Panamera (2023)

Due varianti d’assetto. Premessa: la nuova ammiraglia della Porsche monta di serie sospensioni pneumatiche a doppia camera e ammortizzatori con doppia valvola (per gestire separatamente compressione ed estensione), e già così ci si può ritenere soddisfatti del bilanciamento fra comodità e maneggevolezza. Ma se si mette mano al portafogli, con circa 8.200 euro in più si passa alle cosiddette Active ride, un concetto più elevato e capace di prestazioni notevolissime: le sospensioni sono sempre pneumatiche (a singola camera) con ammortizzatori a doppia valvola, ma la peculiarità è rappresentata dal fatto che ogni ruota è gestita in modo indipendente attraverso una singola pompa idraulica dedicata, azionata da un motorino elettrico alimentato dall’impianto a 400 volt della vettura (da qui la possibilità di installarle soltanto sui modelli plug-in ibridi). Di fatto, l’Active Ride rimpiazza le barre antirollio attive (PDCC Sport) e non necessita nemmeno delle stabilizzatrici tradizionali, che infatti non ci sono né davanti, né dietro. Queste pompe gestiscono il flusso idraulico all’interno degli ammortizzatori in maniera rapidissima (13 volte al secondo) e con una forza strepitosa (fino a 1.000 kg), consentendo così a ogni singola ruota di estendersi o comprimersi in maniera autonoma (e pressoché istantanea) a seconda della situazione, disegnando così scenari estremamente più variegati rispetto alle barre antirollio attive, il cui compito si limita al contenimento del coricamento in curva.

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Confort di un altro livello. La missione delle Active Ride è quindi quella di elevare sia il confort, sia l’handling. Nel primo caso, te ne accorgi appena apri la porta: basta tirare la maniglia d’apertura e, in una frazione di secondo, il corpo vettura si alza di 55 mm per favorire l’accessibilità. Ancor più stupefacente, però, è la capacità di smorzamento: nel caso di ostacoli estremamente marcati, la vettura assorbe con un’efficacia fuori dalla norma, con il corpo vettura completamente immobile e ogni singola ruota che copia con una naturalezza sconcertante ogni avvallamento. Ecco, il concetto di mantenere la scocca ferma e la parte inferiore viva, elastica, quasi distaccata dalla carrozzeria è l’obiettivo primario di queste sospensioni. Perciò agiscono in maniera mirata anche per mantenere l’assetto controllato quando si accelera, si frena e si curva. Il controllo del beccheggio, infatti, è altrettanto impressionante: se acceleri forte senti la coda della vettura che si solleva e quando freni il muso si alza; risultato, avverti sì le forze g, ma in maniera molto meno marcata rispetto alla stessa vettura con sospensioni semi attive, dove i movimenti di cassa sono assai più evidenti. In curva, poi, la Panamera si comporta come… una moto: le due ruote interne si abbassano e il corpo vettura s’inclina leggermente verso la piega, riducendo così le forze che agiscono sui corpi degli occupanti. Così, potrete serenamente guidare allegri su una strada di montagna anche con suocera e bambini a bordo…

In pista dice la sua. In termini di handling, invece, la logica è un’altra. Attivando la modalità Sport plus le sopracitate funzioni di confort (che possono essere gestite singolarmente dall’infotainment) vengono annullate e l’elettronica lavora in maniera differente, ma sempre con in mente l’obiettivo di limitare il più possibile i movimenti della scocca. La gestione delle forze non è così marcata come nel caso delle funzioni di confort; tuttavia, la capacità di mantenere l’assetto piatto durante le frenate impegnative e di contenere il rollio in curva è pregevole. Nel dettaglio, qui il sistema lavora affinché le ruote, attraverso l’elastocinematica delle sospensioni (a quadrilatero davanti, multilink dietro) possa favorire angoli di camber negativi per massimizzare l’impronta a terra dei pneumatici.

Coperta lunghissima. Il risultato è che ti trovi a girare in pista con un incrociatore da oltre 5 metri per quasi 25 quintali di peso con notevole soddisfazione. Certo, la Panamera non è una GT3 RS e manco vuol esserlo, perciò nella guida al limite occorre essere gentili con l’angolo di sterzo durante gli inserimenti in curva, per evitare sottosterzo. Ma incrociando quanto la Panamera riesca ad essere comoda su strada con il livello di performance in pista, sinceramente non mi sovviene un’altra vettura che abbia a disposizione, appunto, una coperta così lunga.

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Più digitale, più efficiente. Del resto, questa terza generazione fa passi avanti in termini di efficienza e di digitalizzazione interna. Nuova la plancia, con un tripudio di schermi (debutta anche quello davanti al passeggero, come sulla Taycan), e un maggior ordine formale in tema di comandi: la Panamera del 2009, con quel tunnel ricolmo di pulsanti, pare lontana anni luce; ora, al centro, c’è una superficie a sfioramento, elegante da vedere, ma il fatto che a ogni pressione affondi l’intero pannello (per conferire il feedback aptico) e non il singolo comando, non mi ha fatto una bella impressione. Per quel che riguarda il powertrain, il nuovo pacchetto elettrico è lo stesso sia per le varianti base (Panamera 4 E-Hybrid e 4S Hybrid, rispettivamente 470 e 544 cavalli combinati) spinte dal 2.9 V6 biturbo sia per la top di gamma Turbo E-Hybrid con il 4.0 V8 biturbo, per una potenza totale di 680 cavalli. Per tutte c’è un nuovo cambio PDK a 8 marce che integra in maniera più solidale il motore elettrico (da 190 CV e 450 Nm), facendo risparmiare 5 kg di peso: inoltre, la trasmissione è capace di reggere più coppia (930 i Nm erogati dalla Turbo). La batteria è più grande rispetto a prima (25,9 kWh, 21,6 netti) e ciò garantisce un’autonomia in elettrico maggiore, fra i 70 e i 90 km circa. Si abbassano anche i tempi di ricarica, grazie all’on board charger da 11 kW, ma è curioso il fatto che, alla luce di una batteria così grande, non ci sia la possibilità di caricare anche in corrente continua. Peccato.

Già ordinabile. Oltre alle versioni plug-in, la nuova Panamera è disponibile anche in variante puramente termica, sempre con il 2.9 V6 biturbo (353 cavalli) che si pone alla base della gamma (prezzi a partire da 112.182 euro). Per le varianti Phev, invece, la forbice di prezzi spazia dai 127.998 euro della Panamera 4 E-Hybrid fino ai 198.632 euro della Turbo E-Hybrid, tutte già ordinabili con consegne già a partire da aprile-maggio.

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