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Auto elettrica ko, Fisker dichiara bancarotta: passività tra i 100 e i 500 milioni di dollari segnano la fine della startup

auto elettrica ko, fisker dichiara bancarotta: passività tra i 100 e i 500 milioni di dollari segnano la fine della startup

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Fisker, celebre casa automobilistica californiana specializzata in veicoli elettrici, ha annunciato il proprio collasso finanziario, presentando istanza di protezione dalla bancarotta (Chapter 11) con passività che si avvicinano ai 500 milioni di dollari. Le cause della debacle includono una domanda deludente per i suoi prodotti, aggravata da problemi globali nella catena di approvvigionamento che hanno compromesso la capacità di produzione e di consegna. Nel 2023, Fisker ha prodotto solo 10.193 unità del suo Suv elettrico con un’autonomia di 700 km, un quarto rispetto agli obiettivi prefissati, vendendone appena 4.900, segno inequivocabile di una profonda crisi operativa. I tentativi frenetici di svendere a prezzo ribassato i modelli Suv Ocean invenduti non sono riusciti a salvare le finanze in declino, portando Fisker a trovarsi senza risorse finanziarie per sostenere le operazioni sia negli Stati Uniti che in Europa.

I guai di Fisker

La discesa di Fisker è stata altrettanto rapida quanto la sua ascesa: dopo aver raggiunto un valore di mercato di 8 miliardi di dollari e un picco di 28,50 dollari per azione nel febbraio 2021, l’azienda ha visto il suo titolo affondare irreparabilmente fino al delisting dalla Borsa di New York.

Ma cosa ha portato Fisker al fallimento? I deludenti risultati finanziari dello scorso anno, seguiti dal licenziamento del 15% della forza lavoro e da una sospensione di sei settimane della produzione. A questi eventi si sono aggiunti significativi tagli ai listini del Suv Ocean, l’unico modello in commercio, e la chiusura del quartier generale in California.

A peggiorare ulteriormente la situazione, a maggio 2024 la National Highway Traffic Safety Administration (Nhtsa) degli Stati Uniti ha avviato un’indagine sulla sicurezza del Suv Ocean di Fisker. Questo è stato seguito dall’annuncio di un richiamo che coinvolge 18mila veicoli, di cui più di 11mila sono stati identificati con problemi ai freni oggetto di indagine. Questi eventi hanno ulteriormente minato la credibilità e la stabilità dell’azienda in un mercato già particolarmente difficile.

E non è la prima volta. Henrik Fisker, fondatore dell’azienda e noto per il suo passato prestigioso come designer per Bmw e Aston Martin, ha già affrontato un precedente fallimento nel 2013. Nonostante tentativi di ottenere supporto finanziario, inclusi quelli con una grande casa automobilistica – Nissan secondo Reuters – per un progetto di pick-up elettrico, Fisker si è trovata costretta a ridimensionare le sue operazioni.

Questo tracollo non è un caso isolato nel settore: altri protagonisti come Proterra, Lordstown e Electric Last Mile Solutions hanno incontrato simili difficoltà negli ultimi due anni, dovute a esaurimento delle riserve di cassa, difficoltà nel reperimento di fondi e ostacoli nella produzione.

Cosa succede adesso?

In una dichiarazione, l’azienda ha riconosciuto le sfide incontrate nel mercato e nelle dinamiche macroeconomiche, sottolineando come la decisione di ricorrere al Chapter 11 per la vendita dei propri asset sia stata considerata l’unica via praticabile per preservare quanto possibile dallo sfacelo finanziario in corso. Ma cosa vuol dire? Il Chapter 11, simile all’amministrazione controllata italiana, consente all’imprenditore di mantenere la proprietà dei suoi beni, mentre l’operato è supervisionato direttamente dalla Corte del Delaware. L’obiettivo è porre in essere un piano di risanamento aziendale, se possibile, evitando il passaggio al fallimento definitivo regolato dal Chapter 7.

Data la gravità delle perdite e il debito con creditori stimato tra 200 e 299 milioni, sembra improbabile che Fisker possa ripianare completamente le sue passività, indicando un probabile futuro di fallimento.

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