Secondo gli esperti di Goldman Sachs, Ue e Stati Uniti possono già sganciarsi dalla dipendenza asiatica. Ma servono investimenti e politica
Addio alle batterie Made in China? A qualcuno potrebbe sembrare una visione ottimistica, eppure non mancano voci che parlano di un Occidente indipendente dagli accumulatori asiatici già nel giro di pochi anni. A sostenerlo sono gli esperti di Goldman Sachs.
Lista della spesa
Basterebbero 160 miliardi di dollari – meno di un ottavo degli investimenti previsti già dalle Case auto per l’auto elettrica – combinati a un concreto impegno da parte di politica e aziende, per salutare le batterie di Pechino e dintorni definitivamente. Una cifra che, secondo Goldman Sachs, dovrebbe essere ripartita in quattro grandi voci:
- 78,2 miliardi per le batterie
- 60,4 miliardi per la componentistica
- 13,5 miliardi per le estrazioni di litio, nichel e cobalto
- 12,1 miliardi per la raffinazione di queste materie prime
Protezionismo, riciclo e sodio
Una su tutte è l’Inflation Reduction Act (IRA) degli States, che premia il “made in Usa” attraverso una serie di incentivi ad automobilisti e aziende. Una legge che sta attirando diversi capitali dall’estero, Asia compresa. Colossi del calibro di LG e SK continueranno quindi a spostare parte delle loro attività Oltreoceano, liberando di fatto l’America dalle forniture straniere.
Un numero spiega tutto: stando alle previsioni, la quota di mercato dei produttori coreani salirà in 3 anni dall’11% al 55%. Insomma, il contestato protezionismo di Biden sembra dare i suoi frutti, tanto che pure l’Europa ci sta facendo in pensierino.
Fonte: Financial Times