Alla guida di un’epoca con la “Trabi”: ecco il nostro tour vintage a Berlino
Il nome Trabant, che significa satellite, accompagnò il debutto, nel 1957, del modello definitivo P50. In verità avrebbe dovuto essere solo un motoveicolo, ma, a fine progetto, venne convertito in una automobile. Trabant, dunque. Anzi, affettuosamente “Trabi”. L’auto-simbolo nella DDR, la repubblica democratica tedesca, venduta nell’arco della sua lunga carriera (dal 1957 al 1991) in 3 milioni e 200 mila esemplari. Telaio in acciaio e carrozzeria in “Duroplast”, materiale plastico contenente lana o cotone, impregnato di resina, economico da produrre, robusto e molto leggero, efficace come isolante termico. Certo, viaggiarci “dentro” non era il massimo della sicurezza, ma la velocità non eccessiva raggiungibile dall’auto, faceva, come dire, da airbag.
Ma torniamo al test drive. Mettersi al volante di una Trabi, come abbiamo fatto per circa due ore, e godersi Berlino con una guida turistica a fianco, non è affatto impresa impossibile e nemmeno riservata ai giornalisti specializzati. L’unico documento richiesto è una patente di guida valida anche in Germania.
Superfluo sottolineare che non c’è navigatore a bordo, ma si possono sempre abbassare i finestrini e chiedere informazioni, cioè usare il navigatore di una volta. In ogni caso è quasi impossibile perdersi perché, di solito, gli organizzatori cercano di “cucire” un mini convoglio di auto e governarle con una radio trasmittente facendole procedere per Berlino in fila indiana.
Fondamentali le istruzioni che vengono date alla partenza. Perché metterla in moto è già una piccola impresa ma quando quel motore rumoroso e “discretamente” inquinante si avvia, la felicità si accende.
Dopodiché è tutta Berlino che scorre tra gli intrecci del traffico moderno. Piccola “Trabi”, monumento di un’epoca, inserita da Time tra le 50 auto peggiori della storia per quel suo scarico “indigesto” e le modeste prestazioni, ma rivalutata, anni addietro, nella tanto temuta prova dell’Alce. Che, a sorpresa, superò brillantemente. Non facciamolo sapere troppo in giro, però, onde evitare che qualcuno si offenda.