Ci sono delle automobili che oltrepassano i propri confini, scavalcano i propri limiti, espandendosi verso altri orizzonti per entrare nella dimensione del mito. Per tutta quella generazione che ha vissuto con passione i motori a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi del nuovo Millennio, pensando alla sportività made in Japan usciva fuori soprattutto un nome: Toyota Supra. La cattivissima coupé del Sol Levante deve parte della sua popolarità trasversale a uno dei videogame più giocati in assoluto, Gran Turismo, e a una saga cinematografica che ancora adesso riesce a sfondare al botteghino, Fast & Furious. Specialmente nei primi capitoli del franchise con “Dom Toretto”, la Supra è stata una delle beniamine a quattro ruote, protagonista di una lunga serie di evoluzioni e peripezie. Tuttavia, la gloriosa macchina di Toyota non è soltanto drifiting e tuning estremo, ma anche molto altro.
Le origini del mito
Riavvolgiamo il nastro e facciamo un deciso passo indietro, tuffandoci nelle adrenaliniche corse degli anni Sessanta del secolo scorso. È proprio in quel periodo che possiamo registrare la nascita del primo embrione della Supra, grazie alla 2000GT che può essere – in qualche modo – considerata come l’antenata della Supra. Questa gran turismo, in grado di lottare ferocemente anche in pista, sfoggiava un cofano lungo e massiccio, un abitacolo dal tetto spiovente, un motore a sei cilindri in linea e la trazione posteriore; tutte caratteristiche che sarebbero state prese in custodia anche dalla futura Supra.
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Per assaporare la prima Supra della storia bisogna però aspettare il 1978, anno in cui viene presentata questa lussuosa ed elegante vettura dal temperamento sportivo. Toyota l’ha pensata come evoluzione in chiave premium della Celica, offrendole in dote un motore più massiccio e delle dotazioni più raffinate, ideali per centrare una penetrazione efficace nel Nord America, che viene visto come mercato di riferimento dopo quello locale.
Il primo sbarco in Europa
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La Toyota Supra diventa una supercar
Siamo nel 1993 e la metamorfosi arriva al suo stadio finale. Toyota presenta la Supra A80, che strizza l’occhio alla 2000GT, proponendo un corpo vettura più corto, più basso e più largo rispetto al passato. Anche sulla bilancia vengono fatti dei miracoli, perché la leggerezza diventa uno dei suoi punti di forza. Il merito va tributato all’ampio utilizzo di materiali in lega leggera, che abbassano l’asticella di 100 kg rispetto alla A70. Inoltre, il nuovo motore è un concetrato di tecnica e di passione, un twin-turbo da 326 CV in grado di generare dei vortici dei vortici di isteria, specialmente quando si schiaccia il pedale dell’acceleratore a fondo scala (0-100 km/h in appena 4,6 secondi e 285 km/h di velocità massima). Per diverso tempo anche i costruttori tedeschi e italiani di supercar hanno collocato la Supra al loro livello, considerandola come una degna rivale in fatto di performance.
Nel 2002, all’apice della sua fama, la produzione si interrompe. Subentra un silenzio che dura ben 16 anni, prima di un nuovo capitolo con l’attuale Supra che nasce in collaborazione con BMW, tornando a essere meno estrema da una parte e più lussuosa da un’altra. Un ottimo compresso, per un mito che il tempo non è riuscito a scalfire nella sua essenza. Infatti, quando si parla di una supercar giapponese uno dei primi nomi che vengono proferiti è proprio Supra, un sogno e una leggenda per più di una generazione. Non bisogna essere “Toretto” o soci per apprezzarla, ma semplicemente amanti delle auto.