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Perché le batterie europee potrebbero costare meno di quelle cinesi

Il vorticoso progresso tecnologico del settore può spezzare gli equilibri a cui siamo abituati: ecco cosa sta succedendo

perché le batterie europee potrebbero costare meno di quelle cinesi

Il mondo delle batterie, si sa, oggi è in larga parte in mano ai colossi asiatici. Ma le cose sono già iniziate a cambiare. Sono sempre di più infatti le big (e le startup) occidentali, Europa in testa, al lavoro per rompere questo equilibrio a suon di GWh e ricerca.

Una via per conquistare il settore può essere sicuramente quella di riuscire a progettare batterie che al posto delle terre rare e delle “solite” materie prime critiche adottino materiali più economici e di facile reperimento. Il sodio e lo zolfo, ad esempio, potrebbero prendere il posto del litio o del cobalto. Ma non solo.

Serve un’alternativa agli ioni di litio

Il fatto è che nichel, manganese, litio e cobalto, materie utilizzate per le batterie agli ioni di litio che tutti portiamo in tasca, sono in molti casi controllate da aziende cinesi, che prima di altre hanno lavorato per garantirsi solide catene di approvvigionamento. Benchmark Mineral Intelligence, società di consulenza specializzata britannica, stima che la Cina raccolga attualmente il 75% della capacità mondiale della raffinazione del cobalto e il 59% di quella della lavorazione del litio.

A causa della crescente domanda, inoltre, i prezzi di questi elementi sono aumentati in modo importante nell’ultimo periodo. Questo significa che trovare una tecnologia di rottura può rappresentare un’enorme opportunità di crescita.

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Assemblaggio del pacco batteria presso l’unità di produzione di batterie Volkswagen a Chattanooga, Tennessee

Oltretutto, c’è anche chi prevede che nei prossimi anni l’industria dell’auto possa trovarsi di fronte a una carenza di offerta di batterie al litio rispetto al boom della domanda. Quindi, avere alternative come le batterie agli ioni di sodio o come quelle al litio-zolfo potrebbe essere d’aiuto a evitare eventuali colli di bottiglia.

Si risparmia fino al 60%

Il bello è che con queste nuove tecnologie si potrebbe arrivare ad avere accumulatori con prestazioni simili a quelli attuali con risparmi di costi dell’ordine del 60%. Per farlo, chiaramente, la ricerca riveste un ruolo fondamentale. Le competenze potrebbero quindi essere le più importanti “materie prime” dell’Europa e degli States, anche sul fronte del riciclo e riutilizzo delle batterie già prodotte.

Gli accumulatori allo zolfo, ad esempio, hanno ancora problemi di durata, degradandosi molto in fretta. Le batterie agli ioni di sodio, invece, hanno ancora una densità energetica insufficiente per applicazioni in campo automobilistico: per garantire percorrenze adeguate dovrebbero essere troppo pesanti e ingombranti. C’è ancora da fare quindi.

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La batteria al litio zolfo Lytcell EV di Lyten

Però i progressi ci sono. Come ci sono molte startup – come la tedesca Theion, la britannica Faradion o la statunitense Lyten – che stanno compiendo grossi passi avanti, grazie anche a sostanziosi e indispensabili finanziamenti pubblici o provati. Da queste e altre startup potrebbe arrivare la scoperta rivoluzionaria, in grado di dare all’Europa o agli Usa una marcia in più rispetto alla Cina. Cina che però non sta affatto a guardare, come dimostra CATL, principale produttore di batterie al mondo, che si dice pronto a commercializzare una batteria agli ioni di sodio già nel 2023. La partita è aperta.

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