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La seconda vita delle icone. Dalla Renault 4 al Bulli; così la tecnologia rimette in moto il passato

la seconda vita delle icone. dalla renault 4 al bulli; così la tecnologia rimette in moto il passato

La seconda vita delle icone. Dalla Renault 4 al Bulli; così la tecnologia rimette in moto il passato

Da qualche anno i guru del mondo auto spiegano come dovranno essere le vetture di domani per affermarsi, e basano tutto su quattro concetti irrinunciabili: dovranno essere elettrificate, a guida autonoma, condivise e connesse. Eppure chi costruisce automobili pare non resistere alla tentazione di pescare nel glorioso passato per sperare in un domani di successo. E questo succede sia in Europa e sia negli Stati Uniti dove le auto entrate nella storia sono davvero tante e si può pescare a piene mani.

Spesso ci si accontenta anche il nome che diventa prima etichetta e poi vettura, ma questo non basta per solleticare l’entusiasmo dei compratori, disillusi negli anni da troppi appellativi importanti appiccicati a caso su auto nuove e per una sola ragione: sfruttare quello che si ha in casa. Di scivoloni ne hanno compiuti un po’ tutti i costruttori, però tanti continuano perché recuperare un nome che appartiene alla famiglia è semplice e di conseguenza comodo.

Più efficace, ma anche più difficile, è invece ricreare su una base più moderna una vettura felice che era entrata nel cuore della gente: scommesse delicate che se riescono bucano l’immaginazione e godono di un successo pressoché garantito. Operazioni di sapore rese possibili oggi grazie all’avanguardia tecnologica che le fa essere affascinanti come le versioni originali ma al passo con i tempi, quindi più prestazionali, meno inquinanti e nel solco della modernità anche più sicure, connesse e riciclabili.

Quando Roberto Giolito fu incaricato di disegnare la Fiat 500 degli anni 2000 rischiò lo svenimento perché gli pareva un’impresa troppo difficile, come in effetti era. Ma lui si superò, e il mondo rimase a bocca aperta. La nuova nata era più grande, più grossa e più bella, ma tutti riconoscevano le linee del passato e sorridevano. Che nostalgia il vecchio cinquino, ma che bella la nuova versione così antica eppure così moderna!

Il filone era stato aperto già diversi anni prima dalla Volkswagen quando ripropose il celebre Maggiolino nella versione New Beetle, un’idea nata nel centro stile californiano della marca tedesca dove J Mays osò la sfida. Mays, uno dei più conosciuti car designer di tutti i tempi, credeva molto nella riproposizione di vetture di grande successo e dopo la New Beetle ci provò anche con la Ford Thunderbird del 1955 (ripresa senza molta fortuna nel 2002) e poi nel 2004 con la Ford Gt che voleva richiamare, e ci riuscì, la vettura capace di battere la Ferrari a Le Mans.

Era una strada che stuzzicava, anche perché a una riproposizione di alto livello ci aveva già pensato soprattutto la Mini che  Frank Stephenson aveva magicamente disegnato per la BMW. Era uscita nel 2001 e resiste tutt’ora sul mercato, evoluta ma non tradita, vantando un trionfo indiscusso.

Tracciare una strada è sempre complesso, ma quando questa via si rivela dritta poi la voglia viene a tutti, e così grandi e piccoli costruttori vi si sono infilati con una accelerazione quasi sorprendente. L’elenco è già lungo e si può dire fortunato perché i  designer che accettano la sfida paiono poi divertirsi, che è sempre la strada migliore per buttare giù linee di successo.

Per esempio sono già passati 5 anni da quando la Renault ha riproposto le forme indimenticabili dell’Alpine a 110, magica creatura da corsa che aveva visto la luce nel lontano 1962. Anche questa pareva una sfida irrealizzabile, invece il risultato ha superato le aspettative e a tanti sono brillati gli occhi. La nuova ricordava in maniera indiscutibile la vecchia, ma in versione più addolcita e più attraente.

Addirittura più coraggio ha avuto la Land Rover con la nuova Defender perché la proposta attuale è tutta diversa da quella del primo dopoguerra ma pur con questo gli amanti dell’auto fuoristrada per eccellenza ne hanno riconosciuto subito l’anima, che è poi quello che conta. La nuova Defender non odora di stivali di gomma e di cane bagnato come capitava puntualmente su quelle inglesi con già una lunga vita alle spalle, però impatta sull’immaginario con la violenza desiderata. La si guarda e si vede subito dietro il Kilimangiaro, i Masai, le giraffe e gli elefanti. Profuma di avventura, sa di vacanza.

La realtà è che chi ripropone con impegno e creatività le icone del passato va diritto al cuore di una clientela che oggi soffre molto della somiglianza stilistica dei modelli nuovi. In Lamborghini hanno ridisegnato la Countach ben sapendo che come quella originale non ce ne potrà mai essere un’altra, eppure l’edizione limitata, peraltro tutta venduta in partenza, ha centrato l’obiettivo. Contenti i proprietari e contento l’occhio di tutti gli altri, quelli che possono soltanto sognarla.

E il Vw Bulli? Immortale pullmino da 70 anni in qua, quello degli hyppies che lo usavano per spostarsi, per dormirci e per uno sfrontato amore libero da sbandierare ai quattro venti, è ritornato in versione elettrica che tecnicamente con il vecchio non ci azzecca proprio niente però gli somiglia ancora molto, e già il fatto che occhieggia a quel tempo e a quel mondo fa sospirare.

Sì, a volte ritornano e bisogna dire meno male. Le rivisitazioni più riuscite sono una straordinaria boccata d’aria nel grigiore quotidiano. Ma il bello potrebbe ancora venire perché la Renault promette emozioni ancor più grandi osando  il ritorno della R4 e della R5. A noi, purtroppo ormai d’antan, il sangue si rimescola. Le abbiamo tanto amate, e giocoforza sogniamo di poterle riamare. Guai sbagliarle.

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