Grandi dealer – Gomes (BYmyCAR): “In Francia apriremo venti concessionarie BYD”
Che bilancio fa del primo anno della vostra presenza in Italia?
Quella con BMW Milano è stata la prima operazione d’internazionalizzazione della nostra presenza, avendo preceduto quella con la Renault a Barcellona e la BMW a Madrid; oggi, dunque, siamo il primo gruppo di distribuzione in Francia, ma anche per l’Europa del Sud, e l’estero conta per più del 15% del nostro fatturato. L’esperienza italiana è molto positiva, prima di tutto perché Milano fa parte del novero delle città europee più particolari, con una dinamica speciale: come Parigi e Madrid ha avuto una buona ripresa dopo la pandemia, a differenza di Londra o Barcellona. Per noi il 2022 è stato un ottimo anno, il brand è andato bene; dal punto di vista dei numeri abbiamo rispettato il target prefissato e consolidato l’azienda italiana. Abbiamo dimostrato di essere capaci di trasferire il nostro know-how all’estero e di operare in un mercato diverso dal nostro, ovviamente grazie alla collaborazione con i manager italiani dell’azienda.
In Francia, le loro vendite hanno già sorpassato quelle del diesel, con una quota vicina al 15%, facendo del Paese un mercato di riferimento; oggi abbiamo un centinaio di prodotti a listino e ogni giorno ne arrivano di nuovi, dai costruttori classici ma anche da quelli ancora sconosciuti. Per esempio, abbiamo annunciato la nostra partnership con BYD, della quale saremo il primo distributore in Francia: in occasione del Salone di Parigi abbiamo aperto il primo punto vendita di questo marchio e ne avremo una ventina in tutto il Paese. Il mercato chiede elettriche compatte, però esiste una serie di clienti con risorse che vogliono macchine più grandi e i brand sono in grado di fornirle: per esempio, le BMW i4, iX, e i7. una tendenza inarrestabile, soprattutto in qualche città in cui la quota è arrivata anche al 20%, e i clienti si stanno attrezzando. Anche perché avere un’auto elettrica è un po’ come avere un figlio: la devi curare, alimentare, far riposare, prevedere le soste nei viaggi lunghi
Avete anche lanciato un progetto che si chiama Cosmobilis: di che cosa si tratta?
Torniamo al tema delle auto elettriche: più che dal prodotto, ora sembra che il problema sia costituito dalla rete di ricarica. Voi disponete di oltre 100 punti vendita: avete pensato di attrezzarli con colonnine pubbliche?
Come abbiamo detto, in Francia le vendite di Bev sono vicine al 15%, mentre in Italia arrivano a malapena al 4: ci devono essere più infrastrutture là dove ci sono più auto elettriche, con un rapporto equilibrato tra colonnine e circolante, così da evitare le attese. La situazione della rete di ricarica in Italia non è peggiore di quella francese, perché se le colonnine sono meno diffuse, lo sono anche le auto elettriche, quindi il rapporto è lo stesso; il problema è che la curva di crescita della rete deve andare di pari passo con quella della crescita del circolante a batteria, altrimenti si determina uno squilibrio. Serve uno sforzo per arrivare a questo risultato, che coinvolge le autorità e i governi, che ci hanno chiesto di fare questo passaggio all’elettrico, ma anche i costruttori di auto e i provider di energia; i concessionari possono partecipare all’impegno, installando un numero crescente di punti di ricarica ai consumatori. In Francia, il governo ha previsto un fondo di 30 milioni di euro proprio per aiutare i distributori di carburanti e i dealer a creare questa rete di colonnine. La metà delle nostre concessionarie francesi dispongono già di fast charger: il nostro prossimo step come gruppo sarà quello di pensare a entrare nel business della vendita di energia.
Diverse Case hanno deciso di passare dal sistema distributivo basato sulle concessionarie al contratto di agenzia: che cosa pensa di questo cambiamento?
Ci adeguiamo alla volontà dei costruttori, che stanno facendo scelte diverse. Abbiamo dei contratti agenti che prevedono prezzi unici per tutto il mercato, senza nessuna flessibilità, e altri che invece lasciano un margine di discrezionalità, pur ridotto, all’agente, come accade per le vetture elettriche della Volkswagen. Siamo in un momento in cui tutti stanno studiano quello che sarà il sistema migliore di domani: faremo delle analisi per capire che cosa funziona bene per il cliente e per noi, con un percorso da svolgere nei prossimi tre-quattro anni. Del resto, il Covid ha cambiato profondamente le regole del gioco: prima nessun costruttore aveva il coraggio di passare autonomamente dal push al pull, ora tutti hanno scoperto che guadagnano di più producendo di meno, alzando i listini, facendo meno sconti, privilegiando i modelli premium ricchi di equipaggiamenti, riducendo i volumi e aumentando i margini. Il distributore non ha influenza su queste cose: vien da anni complicati e ora si trova a dovere fare i conti con tempistiche che gli creano qualche problema. C’è ancora scarsità di prodotto: abbiamo finito l’anno con un portafoglio ordini di quasi 19 mila unità, contro i 17 mila della fine del 2021. Abbiamo anche problemi di logistica: la guerra in Ucraina ha sottratto molti driver all’Europa, quindi abbiamo sofferto di difficoltà nel campo dei trasporti. Oggi ci troviamo a dover dire ai clienti che, per qualche modello, dovranno aspettare quasi un anno ed è un problema; anche se, a dire il vero, i consumatori si stanno abituando anche a questo.