Stellantis minaccia: aiuti o via ai tagli, Urso replica: «Fateci diventare soci»
L’ascia di guerra non è sotterrata. I 950 milioni di incentivi per le auto ecologiche messi sul piatto dal ministero del Made in Italy e delle Imprese non sono bastati a riportare il sereno nei rapporti tra il gruppo Stellantis e il governo. Che, anzi, per bocca del ministro Adolfo Urso, si è detto pronto ad entrare nel capitale della società se l’amministratore Carlos Tavares lo richiederà. Una risposta dura all’intervista rilasciata a Bloomberg , nel quale il Ceo di Stellantis aveva definito il mercato italiano «troppo piccolo» come «diretta conseguenza del fatto che il governo non incentiva l’acquisto di veicoli elettrici». Senza soldi pubblici, secondo Tavares, sarebbero a rischio gli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano, dove si producono la Fiat 500 bev, la Maserati GT e GC, la Fiat Panda, il Suv Alfa Romeo Tonale e il Dodge Hornet.
LE DIFFICOLTÀ
Stellantis capitalizza infatti in Borsa poco più di 65 miliardi di euro e acquistare anche solo il 10 per cento della società (poco meno della Francia) comporterebbe un impegno di 6,5 miliardi. Sarebbe insomma paradossale se da un lato lo Stato vendesse quote di Poste, Eni e Ferrovie per contenere il debito pubblico, e dall’altro decidesse invece di impiegare soldi pubblici per l’ingresso in una casa automobilistica.
La dichiarazione del ministro, allora, potrebbe avere un altro scopo: far emergere le contraddizioni dell’amministratore delegato del gruppo franco-italiano.
Entrambe queste condizioni si sono verificate. A novembre il Parlamento europeo ha votato lo slittamento di due anni della direttiva che introduce i limiti più stringenti per i motori a diesel e benzina. E ieri Urso ha presentato alla casa automobilistica e ai sindacati il piano incentivi da 950 milioni.
A questo punto l’unica differenza con la Francia, insomma, è la presenza dello Stato nel capitale del gruppo automobilistico. Da qui la richiesta implicita, seguendo il ragionamento di Urso, di un ingresso dello Stato italiano.
Che tra le altre cose si troverebbe comunque in una posizione di svantaggio, visto che sia il gruppo Exor della famiglia Agnelli-Elkann che lo Stato francese stanno rafforzando la loro presa su Stellantis, usando il sistema del voto plurimo, grazie alla legge olandese dove ha sede legale il gruppo, e che permette di incrementare i diritti di voto in base agli anni di presenza nel capitale. Il loro peso alla prossima assemblea, insieme a Peugeot, supererà il 40%. Ma torniamo agli aiuti che Tavares giudica insufficienti. Il piano incentivi presentato ieri dal governo favorisce soprattutto le fasce medio-basse della popolazione, introducendo un “aiuto” che arriva fino a quasi 14mila euro per l’acquisto di un’auto elettrica nuova per chi ha un reddito Isee sotto i 30mila euro.
LE ATTESE
Il ministero delle Imprese si aspetta ora un aumento dei volumi di produzione in Italia per avvicinare l’obiettivo del milione di veicoli che Urso vorrebbe per il Paese. Se così non fosse, e anche questo è uno strumento di pressing su Stellantis, visto che non ha ancora firmato l’impegno vincolante sulla produzione annunciato dal governo in estate, si valuterà un cambio di marcia nel 2025. E cioè lo spostamento delle risorse miliardarie del Fondo automotive dalla domanda all’offerta, per far arrivare in Italia uno o altri produttori.
In prima linea i cinesi di Byd, che si contendono con Tesla il primato per i volumi di auto elettriche vendute. Ma anche il gruppo Chery sta valutando la produzione in Italia. C’è poi l’opzione americana con General Motors o Ford. La prospettiva non è del tutto irrealistica, visto che secondo i sindacati (Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil) difficilmente si arriverà quest’anno a oltre 750mila veicoli prodotti in Italia, viste le attuali difficoltà nei vari stabilimenti Stellantis. Nel frattempo, comunque, la segretaria del Pd, Elly Schlein, ha chiesto al governo di «prendere sul serio l’ipotesi di una partecipazione italiana nella compagnia che bilanci quella francese» e ha accusato l’esecutivo di «non avere una strategia». D’accordo il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che ritiene «la produzione automobilistica un asset strategico della nostra industria». Durissimo con Stellantis, poi, il numero uno di Azione, Carlo Calenda, secondo cui «tutte le promesse fatte da John Elkann stanno a zero: ogni volta si riparte da capo con quanto mi dai per non chiudere».