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Salvini chiama Musk in Italia: "Gli spalanchiamo le porte"

Intervenuto in un incontro organizzato dal Messaggero il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha strizzato un occhio a Musk

Nevada, California, New York, Texas, Shanghai e Berlino. Ecco dove sorgono attualmente le 6 fabbriche di Tesla. Stabilimenti dove si realizzano batterie, motori, auto, pannelli fotovoltaici e i vari componenti per i Supercharger. Stati Uniti, Cina e Germania sono le case di Elon Musk. E se la prossima fosse in Italia?

Ora, non ci sono piani per uno sbarco di Tesla nel Bel Paese, ma un invito “ufficiale” è arrivato. Mittente: Matteo Salvini, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Testo dell’invito: “Mi piacerebbe che Elon Musk potesse lavorare in Italia, che investisse in Italia. Noi gli spalanchiamo le porte“. Parole pronunciate in occasione di un webinair promosso dal Messaggero.

Nessuna eccessiva formalità, ma un auspicio: perché non produrre le auto elettriche di Tesla anche in Italia?

Una boutade?

Che Salvini non veda di buon occhio l’auto elettrica, o meglio non veda di buon occhio il bando a benzina e diesel voluto dall’Europa e in programma per il 2035, non è certo una novità.

“Mettere fuorilegge dal 2035 le auto a combustione interna benzina e diesel non aiuta la transizione ma è un suicidio economico e geopolitico”, ha detto il ministro al Messaggero, ribadendo il concetto espresso al termine della campagna elettorale, quando propose anche un referendum italiano per dire “no” al tutto elettrico.

Al di là delle considerazioni legali sulla (im)possibilità di indire un referendum del genere, le “porte spalancate” a Musk potrebbero certo avere riscontri in termini occupazionali e di crescita della filiera elettrica, controbilanciando l’attuale narrazione sui riflessi occupazionali della transizione. Certo è che allo stato non sembra nulla più di una boutade. La risposta di Musk? Forse aspetta un tweet che lo tagghi.

Occhio alla Cina

A far da sponda a parole e preoccupazioni di Salvini ci ha pensato sempre oggi, in un’intervista a Mattino 5, Adolfo Urso, ministro dellle Imprese e del Made in Italy:

“La transazione ecologica in Europa deve accompagnarsi alla riconversione industriale, affinché il nostro sistema produttivo possa utilizzare appieno anche le opportunità che ci sono nella transizione ecologica e digitale ma ci vogliono i tempi per realizzare gli investimenti produttivi che ci debbano assolutamente evitare di passare dalla sudditanza nel campo energetico dalla Russia alla sudditanza nel campo tecnologico nei confronti della Cina”.

Cina che fa paura con il suo carico di auto elettriche e batterie pronte a sbarcare (come sta già iniziando ad accadere) in forze in Europa.

C’è da dire però che Europa e Italia si stanno muovendo per creare non solo infrastrutture di ricarica per supportare la transizione della mobilità, ma anche stabilimenti e fabbriche di auto e batterie. Gigafactory che nel Bel Paese sorgeranno a Termoli (Automotive Cells Company), Teverola (FIB) e Scarmagno (Italvolt). E se davvero a loro si unisse anche Tesla?

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