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Musk, viaggio diplomatico in Cina per spingere la produzione Tesla

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Musk, viaggio diplomatico in Cina per spingere la produzione Tesla

Elon Musk ci riprova. Da oltre due anni ha tra i suoi obiettivi principali il raddoppio a 1 milione di veicoli della produzione nella gigafactory di Shanghai. Si tratta di un passaggio cruciale per continuare a fare crescere i volumi di Tesla, che fino ad oggi ha toccato un totale di quota 4 milioni, nel 2022 è arrivata a 1,3 milioni, ma che entro il 2030 vuole arrivare addirittura a 20 milioni all’anno, traguardo ritenuto troppo ambizioso da alcuni analisti. Una mossa importante a questo proposito è la realizzazione di uno stabilimento in Messico che dovrebbe produrre un’auto elettrica a costo più contenuto, basata sulla piattaforma di prossima generazione, la Model 2. Da sola questa elettrica più accessibile dovrebbe valere circa 4 milioni di unità.

Nel frattempo il ceo della prima casa produttrice di auto elettriche, secondo indiscrezioni diffuse da Reuters, volerà in Cina questa settimana, dopo un’assenza di tre anni. Musk dovrebbe incontrare funzionari di alto livello e visitare lo stabilimento Tesla, secondo le fonti. Diplomazia industriale che ha fondate ragioni.

La Cina è il secondo mercato più grande di Tesla dopo gli Stati Uniti e lo stabilimento di Shanghai attualmente è il più grande polo produttivo del produttore di auto elettriche. Tesla ha appena ottenuto un traguardo storico, ovvero piazzare una delle sue vetture, la Model Y, in cima alla classifica delle auto più vendute nel primo trimestre 2023. Tutte le auto, non solo quelle elettriche. Ma la concorrenza dei produttori cinesi, che nel primo trimestre hanno superato i giapponesi nell’export con oltre un milione di vetture (ben il 58% in più rispetto al medesimo periodo del 2022), sta diventando sempre più dura. Mentre la congiuntura economica affievolisce la domanda. Anche per questo Tesla si è resa protagonista di una sequenza inedita di tagli al listino in questa prima parte dell’anno. Parole d’ordine: spingere i volumi anche a costo di limitare la redditività.

L’azienda di Austin non ha ancora fornito alcun aggiornamento sui piani per aumentare di 450mila veicoli la produzione a Shanghai, anche se in aprile ha annunciato la costruzione di uno stabilimento, sempre a Shanghai, per produrre accumulatori di energia. Tesla ha poi presentato piani alle autorità locali per espandere la capacità di produzione di powertrain a 1,75 milioni di unità all’anno.

Richieste, ecco il problema, che vanno a scontrarsi con i piani di Pechino, alle prese con una capacità eccessiva nell’industria automobilistica (sono oltre 100 i produttori). Lo stesso Musk ha ammesso alla Cnbc qualche settimana fa che «ci sono alcune limitazioni alla nostra capacità di espansione in Cina». E «non è un problema di domanda». Nella stessa intervista, l’imprenditore di origini sudafricane ha detto che le tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina non possono che preoccupare. Tra l’altro Musk è anche proprietario della piattaforma di social media Twitter, vietata in Cina.

Intanto, tornando a guerra dei prezzi e profitti, secondo uno studio della società di consulenza EY, si comincia verificare quanto temuto sin dall’autunno 2022. Ovvero, le case automobilistiche cominciano a fare i conti con un calo della redditività. Secondo l’analisi, il margine Ebit dei 16 carmaker presi in esame è sceso dal 9% all’8 per cento. Il nuovo numero uno tra le 16 case analizzate da EY è stato il gruppo Mercedes-Benz (che ha dichiarato di puntare sul lusso e di non voler abbassare i prezzi) con un margine Ebit del 14,7%. A seguire Bmw (14,6%) e Kia (12,1%). Tesla è scesa dal primo al quarto posto, con l’11,4%.

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