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La rete dei favori di Minenna ai politici. Porsche, Lexus e forniture sbloccate

La lista dei favori ai politici è ampia. Serviva per accreditarsi, per consolidare, per oliare. Dagli atti dell’indagine della Procura di Forlì e dell’Antimafia di Bologna, che ha portato a 34 misure cautelari, Marcello Minenna sembra avere una sola preoccupazione: garantirsi la conferma a direttore dell’Agenzia delle dogane. E per farlo usava vari modi, sbloccando le forniture di mascherine ferme in dogana, invitando chi conta agli eventi e pure usando le automobili confiscate e parcheggiate nei garage dell’Agenzia. È successo così che una macchina sia finita a un ministro, un’altra ad un altro e che ci sia scappata pure la Porsche, che naturalmente fa un certo effetto. «Sai che io ho un ottimo rapporto anche con Massimo Garavaglia — chiacchiera al telefono con Gianluca Pini, l’imprenditore ed ex parlamentare della Lega finito in carcere a Ravenna — io gli sto dando una mano a costruire la sua segreteria, gli ho anche dato la macchina di servizio, una di quelle sequestrate».

I nomi

Gli inquirenti verificano la circostanza con Alessandro Canali, collaboratore della prima ora di Minenna, e lì si apre un mondo. «Sempre al fine di accreditarsi presso la Lega so che gli venne data, su sua espressa disposizione, una Lexus e altre auto vennero date a Brunetta e ad altri ministri attuali», dichiara Canali. Massimo Garavaglia, ex ministro del Turismo, Renato Brunetta, ex ministro della Pubblica amministrazione, altri membri del governo. Brunetta, oggi presidente del Cnel, sospira: «Ma si tratta dell’auto della mia scorta, un mezzo suv bianco, che è stato dato all’Arma dei carabinieri ed è guidata da loro, non a me. Questa delle auto confiscate è una prassi consolidata e per me anche virtuosa. Perché o si vendono o si usano ma se si vendono l’incasso è irrisorio».

«Annullate le auto»

La pensa diversamente il gip di Forlì, Massimo de Paoli, che nell’ordinanza richiama una nota di Glauco Zaccardi, capo dell’Ufficio Legislativo del ministero delle Finanze e magistrato ordinario della Corte d’appello di Roma. «Per Zaccardi la “gestione” delle auto confiscate e concesse a esponenti politici e ad alte cariche e istituzioni viola la normativa». Minenna è stato costretto ad annullare tutte le assegnazioni di auto già disposte. Su questa e sulle altre accuse sarà sentito giovedì prossimo dal magistrato. «Usava le auto come se fossero beni suoi… escludendo la possibilità del proprietario di ottenerne la restituzione». L’avvocato Roberto D’Atri, che difende Minenna, insorge: «Storia surreale: non si tratta di macchine sequestrate ma confiscate, acquisite al patrimonio dello Stato. Cosa doveva fare? Lasciarle marcire in garage? Dov’è il disvalore?». A stupirsi delle scelte di Minenna è invece l’ex ministro dell’Economia Vincenzo Visco. «Enzo io sto cercando di tessere alleanze con tutti i partiti», gli confida Minenna al telefono. «Ho capito, la distribuzione delle auto… cioè ma a quello gli dovevi dare proprio una Porsche?». «Enzo, ognuno si sceglie l’auto che vuole».

La rete di complicità

Al di là di Minenna l’indagine di Forlì ha portato alla luce la rete di complicità di Pini: poliziotti, carabinieri, dipendenti della Prefettura, affaristi. L’obiettivo? Guadagno. «A disprezzo della salute pubblica», conclude il gip. «Hai visto la bustina?», gli chiede l’amico Gianluca Fiore. «Che roba è?». «Busta sterile per mascherine». «Ma che c… te ne fai? Costa più delle mascherine, scherzi? Sai il prezzo che mi sparano? Te i soldi le vuoi fare o li vuoi buttare?». Interrogato dal gip, ha respinto ogni accusa: «Le mascherine erano introvabili, ha fatto un accordo quadro, l’Ausl ha accertato e solo dopo si è scoperto che erano incongrue».

Per approfondire

Inchiesta mascherine: arrestato Marcello Minenna, ex direttore dell’Agenzia delle Dogane

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