Progettata a lungo dagli inglesi, fu "tagliata fuori" dalla 24 Ore per un cambio di regolamento sui motori
Tornare sul gradino più alto del podio a Le Mans. Era questo l’obiettivo di Jaguar negli anni ’60, dopo le cinque vittorie nelle sette edizioni disputate tra il 1951 e il 1957. E ad alimentare questo sogno, c’erano i continui cambi di regolamento dell’epoca, che diedero nuova linfa al progetto della Casa inglese, o meglio, a una parte di essa.
Una storia “maledetta”
Il limite di cilindrata massima di 3000 cm³ per le vetture prototipo tarpò le ali al colossale 5 litri V8 studiato dagli inglesi. La XJ13 non venne comunque abbandonata del tutto, ma fu impiegata comunque per vari impieghi promozionali e pubblicitari, anche se la sua storia fu decisamente tormentata.
Nel 1971, durante alcune riprese, una delle ruote in lega cedette improvvisamente, causando un incidente piuttosto grave, ma senza conseguenze per il pilota. Successivamente, in un altro evento, il motore subì dei danni a causa di un fuorigiri prolungato. Infine, nel 2004, mentre veniva scaricata da un camion a Copenaghen, la vettura urtò violentemente il marciapiede, causando danni significativi soprattutto al basamento del motore.
Jaguar, quindi, intraprese un lungo processo di restauro, con la sostituzione e la ricostruzione di molte componenti, incluse frizione e carrozzeria.
Il V12
Jaguar XJ13 Concept, il V12
Dopo l’abbandono del progetto, il motore fu modificato per l’utilizzo su strada, con l’alesaggio portato a 90 mm e un solo albero a camme per bancata.
Il telaio della XJ13 era costituito da una monoscocca in alluminio progettata da Derrik White e costruita dagli specialisti di Abbey Panels. La disposizione del motore V12 era centrale/posteriore, e le sospensioni erano indipendenti su entrambi gli assi. La carrozzeria, opera di Malcolm Sayer, era realizzata in alluminio.