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Toto Wolff miliardario: chi è il team principal della Mercedes

Un miliardario in Formula 1LeBron James e Tiger Woods, icone di basket e golf, sono due macchine da soldi. Storie di guadagni massicci collezionati nel corso di due decenni grazie ai risultati sportivi e generosissime sponsorizzazioni. Lungo la propria strada, ognuno ha poi utilizzato il denaro per costruire un impressionante portafoglio di investimenti. Sorprende forse un po’ di più che fra i 12 nuovi miliardari sportivi individuati da Forbes per il 2023 ci sia Toto Wolff, team principal e Ceo della Mercedes-AMG Petronas in Formula 1 e protagonista della serie Netflix Drive to Survive. Ex pilota di auto da corsa, è entrato a far parte del team tedesco nel 2013 — molto prima che i suoi valori salissero alle stelle — portandolo a vincere otto campionati costruttori consecutivi.Espulso da scuola per il mancato pagamento della rettaMa se Wolff si guarda indietro, non è stato tutto rose e fiori. Durante l’infanzia il dirigente austriaco ha dovuto fare i conti con episodi difficili, uno in particolare. A 12 anni viene convocato dal preside del prestigioso Lycée Francais di Vienna, una scuola privata francese, il quale lo informa del fatto che, nonostante i ripetuti solleciti, i genitori non erano riusciti a pagare la retta d’ammissione, motivo per cui a quel punto sarebbe scattata inevitabile l’espulsione dall’istituto. L’attuale team principal della Mercedes ha poi completato gli studi grazi al sostegno finanziario dei nonni, ma ancora oggi ricorda quella come l’esperienza più umiliante della sua vita: «Stavo tornando a casa col tram insieme a mia sorella, come potevo spiegarle il motivo per cui ero uscito da scuola dopo pranzo?». La lunga malattia del padreLa madre, nonostante la professione da medico, non riusciva a garantire ogni tipo di servizio ai figli. A lungo si è dovuta far carico da sola di Toto e sua sorella, poiché il marito è venuto a mancare molto presto. Quest’ultimo ha lottato per 10 anni contro un tumore al cervello, prima di arrendersi quando i figli erano appena degli adolescenti: «Un ragazzo che vede suo padre in condizioni degradanti ne rimarrà influenzato per sempre», ha ricordato più volte. Wolff realizza che il mondo è diviso in «persone che hanno e persone che non hanno. Io non ho avuto. Ricordo di aver detto “Da grande voglio essere responsabile di me stesso, di ciò che mi accade”». Spinto da questa fame di successo, si interesserà molto presto a due mondi in particolare, quello della finanza e quello dei motori. Quella volta che ha rischiato di morire in pista La Red Bull, oggi acerrima rivale, dal 2004 al 2006 è stata la sua casa. Da pilota, infatti, ha corso con la tuta blu dal 2004 al 2006, ottenendo diversi successi: la vittoria nella 1000 miglia di Interlagos, dove sul bagnato registrò il miglior tempo sul giro. Poi la 6 Ore di Misano e la 24 Ore di Dubai. Nel 2009 decide di affrontare il celebre Nurburgring Nordschleife, lungo 20,7 km e considerato il tracciato più duro e pericoloso al mondo. Niki Lauda, che lì nel 1976 rischiò la vita, lo rimprovera: «Sei un’idiota». Toto non lo ascolta e nel suo giro di prova batte il record detenuto dalla defunta Sabine Schmitz, la regina del Nurburgring. 7: 03.28 il tempo che registra con la sua Porsche 911 RSR. Determinato tuttavia a scendere sotto i sette minuti, continua a spingere al massimo. E mentre viaggia a 300 km/h, la gomma posteriore destra esplode, facendolo sbattere violentemente contro il guardrail. Inizialmente scende dall’auto senza aiuto, poi perde conoscenza e crolla. Grave commozione cerebrale, questa la diagnosi. Il nervo olfattivo ne esce danneggiato, non sentirà sapori per sei mesi: «Bravo, è quello che ti meriti», lo sgrida Lauda. Miliardario? Tutto iniziò prestando una Porsche Allora Wolff aveva quasi 40 anni ed era già un imprenditore ricco, tornato a correre grazie ai suoi soldi. Getta le basi del suo impero nel 1998, quando trascorre qualche mese sulla costa occidentale degli Stati Uniti, osservando il boom delle dot-com (cioè tutte quelle società che sviluppano la maggior parte del proprio business attraverso il web). Torna a Vienna e scopre che il sito più popolare in Austria appartiene a un servizio gratuito di messaggistica chiamato Sms.At, gestito da un adolescente di nome Markus Schwab. Wolff lo incontra, quest’ultimo resta incantato dalla sua Porsche e accetta di vendergli metà dell’attività a patto che trovi investitori e… che gli dia in prestito l’auto. Schwab gli venderà il resto delle quote subito dopo e nel 2006 Toto cederà la società per 275 milioni di dollari.Detiene il 30% della MercedesSette mesi dopo il terribile incidente del Nurburgring, Wolff decide di investire in Formula 1, acquistando il 16% della Williams. Il suo ruolo era finanziario, ma amava il trambusto del paddock, allora governato da una generazione di anziani garagisti — come li chiamavano gli europei — per lo più britannici. Ron Dennis, Eddie Jordan, Max Mosley e Bernie Ecclestone su tutti, Wolff si ritrova in mezzo a queste icone. In uno sport dilagante di rancori e tradimenti, Adam Parr (all’epoca amministratore delegato della Williams) nota che Wolff ha un dono per evitare i conflitti. Nel marzo 2012 Parr si dimette e Williams, 70 anni, chiede a Toto di aiutarlo a dirigere la squadra. La sua storia da team principal più vincente di sempre inizia così. Nel gennaio 2013, la Mercedes poi ristruttura il team. Wolff acquista una quota del 30% (spesa di 38 milioni di dollari) e ne diviene direttore esecutivo. Hamilton e la pipì del cane. Lauda: «Ma è quello giusto?»Negli otto mondali costruttori vinti dalla Mercedes c’è molto di suo. E molto anche di Lewis Hamilton, scelto nel 2013 come erede di Michael Schumacher. L’inglese, già campione del mondo nel 2008 con la McLaren, si presenta in modo particolare durante una colazione fra Wolff e Lauda. Si siede al tavolo e racconta che il suo cane Roscoe aveva fatto pipì nel letto, impedendogli così di dormire e costringendolo a portarlo fuori per fargli fare un giro. Lauda, allora presidente della scuderia, guarda Wolff: «Ma abbiamo scelto il pilota giusto?». La risposta è sì, perché Hamilton vincerà sei titoli. Nel 2018 Lewis arriva al Gp di Singapore dopo essere stato a Shanghai, Los Angeles, quindi a New York. Quando mette piede nel paddock, in molti chiedono a Wolff come potesse permettergli tutta questa libertà. Di risposta Hamilton fa la pole sabato e vince la gara domenica: «Funziona in modo diverso da me, ma funziona molto bene», dirà Lauda. «Voglio che lo spazzolone del bagno venga cambiato sempre»Toto Wolff è un uomo di successo: «E anche incredibilmente maniacale», assicura chi lo conosce bene. Nel 2013, arrivando nella sede della Mercedes, sul tavolo della reception nota quotidiani vecchi e tazzine da caffè usate. Furioso, va da Ross Brawn (l’allora team principal) e gli dice che non gli sembrava un contesto degno di una squadra di Formula 1: «Giornali e tazzine non rendono la macchina più veloce», gli risponde quest’ultimo: «Ti sbagli, queste cose dimostrano attenzione al dettaglio», replica Toto. Il quale assumerà anche Miguel Guerreiro, responsabile igiene, in modo da assicurarsi che le toilettes fossero sempre pulite in ogni fase del weekend di gara: «Voglio che lo spazzolone venga cambiato ogni giorno, al più ogni due», l’indicazione di Wolff. Quando spaccò tutto a Jeddah: «Non ne vado fiero»Nel 2021, nel campionato più combattuto della storia della Formula 1, la penultima gara si corre in Arabia Saudita. Verstappen e Hamilton, punto a punto, si toccano prima dell’ultima curva. L’olandese della Red Bull vuole furbescamente cedere la posizione al rivale per poi attaccarlo nel rettilineo successivo con il Drs. Il pilota Mercedes non abbocca e i due vengono a contatto (alla fine verrà penalizzato il futuro campione del mondo, mentre l’inglese riporterà danni marginali all’ala anteriore). Wolff, in evidente tensione, perde il controllo e per la rabbia scaglia violentemente a terra le proprie cuffie. Una scena che fa presto il giro del mondo: «Non ne vado fiero — spiegherà più tardi al Financial Times — ma sono fatto così. A volte semplicemente viene fuori il ragazzo che ha dovuto lottare con tutte le sue forze per emergere e sentirsi adeguato». Ubriaco alla festa della Mercedes Il Gp finale di quel mondiale si corre ad Abu Dhabi, dove Hamilton si vede scippare il titolo da Verstappen all’ultimo giro dopo una decisione controversa della Direzione di Gara. Wolff è una furia, inveisce via radio contro il direttore Michael Masi, presenta due reclami ufficiali, si reca dai commissari con tanto di legale al seguito. La sera però dimentica tutto e si scatena alla festa organizzata dalla Mercedes per celebrare il titolo costruttori. Sui social iniziano a girare diversi video che lo immortalano visibilmente ubriaco mentre si lancia come un divo sugli altri partecipanti, cantando a squarciagola Fix You dei Coldplay e We are the Champions dei Queen. Come un comune mortale. Come se la delusione più grossa della sua carriera sportiva non ci fosse mai stata.

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