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Rover SD1, l'auto dell'anno ispirata a una supercar

L’immortalità gliel’hanno regalata la band musicale britannica “The Human League”, inserendola nel videoclip di “Don’t you want me”, uno dei più grandi successi commerciali degli anni ’80. Per forza di cose quel bit new wave continuo e coinvolgente è diventato la colonna sonora di un’auto che in Italia ha avuto una diffusione ridottissima, a causa delle restrizioni fiscali per le vetture oltre i 2 litri di cilindrata, ma all’estero la Rover SD1, o 3500 (che dir si voglia), ha riscontrato un ottimo consenso. Oltre a diventare Car of the Year del 1977, il più importante riconoscimento del mondo automotive, la berlina di alta gamma ha saputo conquistare il grande pubblico per il suo design ricercato e originale, con quella coda da “fastback” e quel muso che ricorda tanto la Ferrari 365 Daytona. Immaginarla correre nella notte, con la sua livrea giallo-dorata, è un attimo, proprio come nel video dei The Human League.

Fascino da vendere tra innovazione e tradizione

Gli anni Settanta del Regno Unito vengono scanditi al ritmo di uno sciopero al giorno, la grande industria rallenta, si ferma e talvolta cede terreno. Il Marchio Rover è uno dei più affermati di tutta l’isola britannica, ma naviga in cattive acque, per questo motivo la British Leyland gli getta un salvagente per tornare a galla. All’interno della nuova galassia, la Rover deve spingersi verso una dimensione più prestigiosa e di fascia elevata. Inseguendo le tappe di questa intrigante programmazione nasce la SD1, acronimo di Specialist Division 1. Siamo nel 1976 e la innovativa vettura Rover 3500, debutta all’Earl’s Court Motor Show di Londra, squotendo gli animi degli appassionati automobilisti inglesi, che con lei scoprono un nuovo oggetto del desiderio.

rover sd1, l'auto dell'anno ispirata a una supercar

Rover SD1, guarda la gallery 5

Gran parte del fascino che ammalia i suoi osservatori è legato al look, fuori dal comune, e al suo abitacolo ben rifinito e lussuoso, con una plancia massiccia in grado di dominare tutto l’ambiente interno. Un’opulenza tipicamente britannica per un veicolo che sottopelle nasconde la più tipica delle tradizioni: trazione posteriore, motore anteriore longitudinale V8 ad aste e bilancieri in alluminio di 3532 cm³ da 155 CV, sospensioni anteriori MacPherson di origine Triumph e retrotreno ad assale rigido con molle elicoidali, impianto frenante misto e cambio manuale a 5 marce, o automatico a 3 rapporti.

Proverbiale inaffidabilità

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L’auto diventa una celebrità e sfida per prestigio, oltre che per dotazioni e performance, le sue colleghe europee – forse – più blasonate. Dicevamo come il settore secondario del Regno Unito vivesse una fase altalenante, con operai più intenti a marciare per avere condizioni e trattamento di lavoro più favorevoli, anziché impegnati nelle catene di montaggio delle fabbriche. Questo influì sia sui tempi di consegna delle vetture, compresa la Rover, che nella qualità degli assemblaggi e sull’affidabilità. Non è un mistero che la SD1, tanto bella e apprezzata, fosse altrettanto fragile e delicata con una somma notevole di problemi di gioventù. I primi esemplari stavano più in compagnia dei meccanici delle officine, che coi rispettivi proprietari. Con il tempo, però, le cose vennero affinate e la Rover SD1 ottenne molti migliorie, che incrementarono il livello di affidabilità. Nel 1979, vennero lanciate delle versioni più democratiche, la 2300S e 2600S, con motori dalla cilindrata più piccola e dalla cavalleria più blanda.

Rover SD1, la fine del progetto

Nel 1982 la Rover SD1 si apprestò a rinnovare il proprio aspetto, un lifting ben riuscito per rendere i suoi lineamenti ancora attraenti. Il frontale infatti fu dotato di una nuova fanaleria più allineata, venne aggiunto uno spoiler al di sotto del paraurti anteriore, la coda venne dotata di un portellone col lunotto più grande, i gruppi ottici posteriori ridisegnati, i paraurti resi più avvolgenti, mentre la fiancata presentò dei nuovi profili cromati. Per quanto riguardava gli interni, questi vennero equipaggiati con una nuova plancia più ampia, e rivista con l’aggiunta di inserti in legno nei pannelli porta. Anche la gamma motori non fu esente da introduzioni, compreso un propulsore a gasolio, vera novità.

Il sogno di lanciare la Rover in un campo di alta gamma si scontrò bruscamente con la realtà e nel 1986, dopo dieci anni di commercializzazione, la SD1 salutò tutti con un inchino. La sua parabola è stata affascinante e stimolante, ma anche complessa e, soprattutto, senza veri eredi. La successiva Rover 800 tornerà a essere una berlina classica e tradizionale nelle sue forme geometriche, quasi noiosa, niente a che vedere con un’icona in grado di sfondare persino su MTV. La sua corsa furiosa finisce con 303.345 esemplari venduti in una decade, un risultato onestamente positivo, nonostante le sue travagliate vicende. Il mito della “Daytona” all’inglese invece continua a esistere con tantissimi club dedicati a questo modello, anche nell’Europa continentale dove il suo essere fuori dal coro le ha garantito un posto di rilievo. A questa conta va esclusa l’Italia che, come dicevamo, scontava una politica fiscale che l’ha esclusa a priori e dove per averne una nuova bisognava aspettare oltre i 5 mesi di attesa. Oggi la prassi ma all’epoca qualcosa di insopportabile.

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