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Moto Morini Seiemmezzo SCR: la scrambler che sa essere tourer +VIDEO+

moto morini seiemmezzo scr: la scrambler che sa essere tourer +video+

Moto Morini Seiemmezzo SCR: la scrambler che sa essere tourer +VIDEO+

La Moto Morini Seimmezzo SCR non è una turistica ma, come il calabrone non adatto al volo, non lo sa e, all’occorrenza, può trasformarsi anche in questo. Turistica, intendo. Dico “anche” perché, con quel suo essere un po’ scrambler e un po’ naked, sono molte le occasioni in cui può esprimersi al suo meglio; forse, va detto anche questo, senza eccellere nell’una o nell’altra destinazione d’uso. La versatilità, in fondo, è questo: adattarsi a tutto e sapersela cavare anche fuori dagli accoglienti confini della propria comfort zone.

L’ho portata in viaggio. Non uno di quei viaggi con la V maiuscola, quelli che si fanno una volta nella vita e richiedono dedizione e preparazione; piuttosto una gita, una scampagnata, alla volta di un luogo da me conosciuto e amato, intriso (per me) degli odori di legno, fieno, letame, polvere di armadi e ortiche. Odori di ricordi, insomma. 150 km, facendo il giro più lungo possibile, attraverso autostrade e strade secondarie, cittadine annunciate da chilometri di aree commerciali e paesi aggrappati a un tempo che sembra rallentato. Case con i tetti in pietra, cataste di fieno e trattori, campi che vedranno da qui a poco lo sbocciare di girasoli.

E strade in mezzo, dritte, con quell’asfalto grigino di un tempo che ha resistito a un traffico che non c’è mai stato davvero. E sole, finalmente.

 

Sarebbe andata bene qualunque moto, qui. Con altre, magari più potenti e veloci, avrei cercato altre strade o altri spunti. Ma con i 61 cavalli del bicilindrico da 649 cc di questa Seimmezzo, l’accordo era diverso: sintonizzarsi su frequenze in bassa modulazione e respirare a pieni polmoni l’aria che il piccolo deflettore non riesce a deviare del tutto.

E siamo andati in pace lungo il percorso. Lei, la moto, sorniona e docile. Bel cambio, bei freni, vibrazioni che ad andatura morigerata non si sentono, consumi bassi. Nelle borse laterali morbide, un asciugamano, un costume e la tuta antipioggia. Sì perché se viaggi su una scrambler, una scrambler così, devi essere pronto a tutto. Come lei. Avrei voluto avere la cartina appoggiata sulla borsa da serbatoio, perché lo spirito di questo viaggio così raccomandava, ma mi sono affidato al navigatore che si palesa attraverso la strumentazione TFT da 5”, una volta scaricata l’applicazione MotoFun (con alcune funzioni a pagamento) e fatta la registrazione. Comodo, anche se non subito intuitivo.

 

E via. Autostrada: 120 km/h indicati e braccia aperte sul manubrio largo. Il motore ha una bella schiena e anche avvicinandosi alla velocità massima imposta dal Codice, rimane un bel po’ di riserva per azzardare sorpassi veloci e togliersi dagli impicci. Nel traffico, invece, è tutto un gioco. Sella bassa (810 mm) e peso (200 kg dichiarati) che si sentono poco, anche nelle manovre da fermo. Da migliorare: l’indicatore del livello carburante è talvolta impreciso (soprattutto lasciando la moto sulla stampella laterale troverete autonomie diverse alla ri-accensione rispetto allo spegnimento), e l’ABS allunga un po’ gli spazi di frenata sullo sterrato.

Già, i Pirelli MT60 di primo equipaggiamento e la ruota anteriore da 18” (la posteriore è da 17”) permettono di avventurarsi anche oltre il nastro d’asfalto, senza esagerare. E così ho fatto, alla volta di un alpeggio e di un panorama che poteva racchiudere tutta o buona parte della val d’Ossola, questo posto qui, aperto a sud verso i laghi e chiuso nord sulle Alpi che segnano il confine naturale e valicabile con la Svizzera.

 

Ogni viaggio ha un tema, una meta e un obiettivo. Quest’ultimo, l’obiettivo, è quasi sempre lo stesso: il ritorno. È lo sfondo, il fine ultimo, il cambiamento. Ritorno a un passato, ritorno a casa, ritorno ad una sensazione. Ecco, quando viaggi su una moto che è sì moderna, ma potrebbe benissimo non esserlo, queste tre parantesi dell’andare si fondono insieme, con una ripetitiva continuità. La meta è sempre un metro più in là di dove si fermano le ruote, e dove finisce la strada. Gli altri due… prendete una moto, una qualsiasi o questa, tornate dove già siete stati e capirete.

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