Fiat, ultimatum al governo: gas scontato o andiamo via
Questa è la Fiat, Stellantis è un’altra cosa. È una multinazionale, con il portafoglio in Francia e la testa in Olanda. Quando pensa all’Italia vede problemi. Non conviene produrre qui. Carlos Tavares, di mestiere amministratore delegato, lo dice in faccia a tutti a Torino: «Mi piacerebbe produrre più 500 a Mirafiori, ma i costruttori cinesi hanno un vantaggio competitivo del 30 per cento». Cosa chiedono i grandi colossi quando ti fanno il «favore» di produrre qualcosa da te? Ti snocciolano condizioni ineluttabili. È il mercato, bellezza. È quello che hanno fatto Tavares e John Elkann a luglio quando sono andati a parlare con «les italiennes» al governo. Si sono presentati con un piano di massima, scritto proprio da Stellantis, su come sostenere l’industria automobilistica italiana e magari pure l’indotto. La risposta è stata più o meno questa: non siamo la buca delle lettere. Non è solo un problema però di buone maniere. È che i modelli dai grandi numeri, le cosiddette utilitarie, Stellantis li produce in Francia, Polonia, Serbia, Marocco e qui da noi resta la Panda di Pomigliano d’Arco, ma la nuova uscirà dagli stabilimenti di Kragujevac (lo stesso della 500L) in Serbia. La speranza è che la vecchia resti in produzione fino al 2027, ma il domani non passa da Napoli. Il governo avrebbe chiesto qualche certezza in più. Stellantis dovrebbe produrre in Italia un milione di veicoli entro il 2027. Tavares ci ha pensato e ha aperto una lunga trattativa con Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. È cominciato così il percorso che porterà al tavolo di confronto previsto per il 6 dicembre. Ci sarà il ministro, le sette regioni dove ci sono fabbriche, Stellantis, i sindacati e l’Anfia, l’associazione che riunisce gli industriali dell’indotto. L’obiettivo principale è salvare posti di lavoro e dare una prospettiva a un settore delicato.
Stellantis si aspetta molto e chiede altrettanto. «Se si vuole migliorare la produttività – dice Tavares – bisogna rimuovere gli ostacoli lungo la strada». È così che mette sul tavolo tre condizioni. Il perno centrale è appunto quello dell’energia. Ci sono già rimborsi e incentivi, ma bisogna fare molto di più, una sorta di ulteriore statuto speciale per chi vede il mondo su quattro ruote. Tu fai profitti e lo Stato paga i costi fissi. È senza dubbio un buon affare. Poi c’è da far partire la solita rottamazione, per smaltire le auto vecchie e immaginare un mondo più «green». Fino a un certo punto, però. Non si esageri con i vincoli ambientali, perché la transizione ecologica ha un costo sociale. Se per esempio si vuole continuare a produrre la vecchia Panda a Pomigliano i vincoli europei dell’Euro 7 vanno sospesi. Tavares ci tiene a dire che sono consigli, amichevoli. Il presidente Elkann sottolinea che il dialogo è aperto e plaude al governo Meloni. «È stata chiamata concordia istituzionale, per altri è pragmatismo, ma forse la si può definire, più semplicemente, buona politica».
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