Il Ford Bronco
Entrambe le “dinasty” vennero adottate in Michigan negli anni Sessanta, periodo in cui al timone di Dearborn c’era Henry Ford II, il nipote del fondatore che aveva lo stesso nome. Un periodo d’oro per l’Ovale blu. Durante il quale tutto sembrava possibile: anche vincere 4 volte di fila la 24 Ore di Le Mans, buttando giù dal trono l’invincibile Ferrari. Il regno di Henry Junior durò quasi una vita, dal ‘45 al ‘79 dello scorso secolo. La stessa epopea che coinvolse, come massimo livello operativo, il manager di origini italiane Lee Iacocca, considerato da tutti un genio del marketing che trasformò, prima Mustang e poi il nascente Bronco, in due gioielli della produzione industriale yankee.
La Ford Mustang fu lanciata nel 1964 e, con la settima generazione, è tuttora in produzione. Sulla scia del successo di questa sportiva, il filone andò avanti con la Bronco, presentata l’anno successivo e rimasta in listino, attraverso cinque “serie”, fino al 1996. Dopo un’assenza di 24 anni, nel 2020 Bronco è tornata fra noi. Con un approccio molto più globale, in linea con la strategia della Compagnia ed adesso è il fiore all’occhiello della famiglia di pick up-Suv-4×4 della Casa che ha sempre mantenuto la leadership planetaria. Dietro a Bronco c’è Jim Farley convinto, come lo è a Parigi Luca de Meo del Renault Group, che «la capacità di rinnovarsi e cavalcare la transizione energetica verso una nuova mobilità è tanto più forte se si ha un “heritage” gloriosa».
Per il momento è importato ufficialmente dalla Ford Italia solo nella variante più generosa, con due diversi allestimenti che si differenziano più che altro per la personalità. Il tuttofare Outer Banks (77 mila euro) e l’ancora più specialistico Badlands (81 mila), un carroarmato in versione civile, un mezzo da sbarco che non ha paura di nulla. Come si conviene a un caratterino del genere, gli sbalzi sono ridottissimi, il passo è di quasi 3 metri su una lunghezza di 481 cm, una larghezza di 220 e un’altezza di quasi due metri (sempre la Badlands 196 cm). Gli angoli di attacco ed uscita sono da record, davanti due ganci traino possono servire per tirarsi fuori dalla palude.
Sulla mascherina troneggia il nome del pick up, mentre al centro del volante c’è il puledro che scalcia, relegando il logo Ford in coda, come una raffinata griffe. Il mostro-amico è arrampicato su cerchi da 17” che montano pneumatici giganti da 35 pollici, lasciando una luce libera da terra di oltre 26 cm. La capacità di guado, senza accorgimenti particolari, è di 80 cm. Le sospensioni all’avantreno sono indipendenti a quadrilatero, dietro c’è un assale rigido ancorato con bracci multipli. La barra antirollio anteriore può essere disattivata per aumentare l’escursione delle ruote quando si viaggia con le ridotte a velocità contenuta. Il cambio è automatico a 10 rapporti, senza paddle sul volante. Con il riduttore inserito il rapporto di trasmissione massimo è di quasi 65 a 1, il che vuol dire viaggiare a 6 km/h a regime di coppia. Un rullo schiacciasassi.
Il motore è tipicamente americano, di ultima generazione, solo termico. È un V6 Ecoboost di 2.700 cc in grado di sviluppare 335 cv e 563 Nm di coppia, una forza sufficiente per muoversi con autorità nei tratti più impervi e di spingere il Bronco a 100 all’ora in soli 6,7 secondi. Più limitata la velocità massima (160 km/h) ed i consumi che nel ciclo omologativo superano di poco i 7 km/l, una performance che però si può ripetere anche nell’uso reale. Il differenziale centrale è a controllo elettronico, gli altri due bloccabili. Ai vertici i controlli della dinamica di marcia, in particolare in off road, numerosi gli Adas. Ultima chicca: in soli 8 minuti è possibile togliere tutto il tetto, scoprire il bagagliaio-cassone e togliere tutte e 4 le portiere in modo da muoversi immersi nella natura.