Toyota – Ho fatto quinta-terza su una Lexus UX elettrica!
Sogno o son desto? Frizione, prima marcia ma di che sta parlando? Non vi ho appena detto che siamo su una UX elettrica? Sì, vero, ma io non sono diventando matto e voi avete letto bene. Perché la UX che sto guidando è una Bev con, tenetevi forte, il cambio manuale, “on demand”. Mentre l’ingegnere sta ancora parlando, alla pressione di un pulsante, un mondo “vecchio” torna nuovo, il suono del motore a combustione prende vita, le marce ti spingono con progressione e tu ti trovi proiettato in una realtà onirica, nella quale la tua auto elettrica si comporta come una termica manuale.
Cilindri e pistoni virtuali. Inanelli le marce una dopo l’altra, la lancetta del contagiri – sì, sulla plancia c’è il contagiri – sale con frenesia, prende un respiro brevissimo – hai innestato il rapporto successivo – e riprende ad arrampicare. In sesta marcia rilascio l’acceleratore, veleggio rallentando e poi affondo di nuovo: l’auto arranca, riprende con lentezza la velocità, con la stessa erogazione di coppia che in quella situazione avresti con un’auto a combustione. Scendo in quinta, poi quinta-terza e giù tutto. Il motore riprende vita, rabbioso, quel motore che sei convinto di avere nel cofano, la spinta vigorosa.
“Follia” orientale. Insomma, sono davanti a un sistema tanto geniale nella sua semplicità quanto folle e gratuito. Soltanto i giapponesi potevano pensarci. Un ingegnere tedesco non lo avrebbe mai fatto. Semplicemente perché non c’era un motivo tecnico e razionale per farlo. Un’auto elettrica è un’auto elettrica. Punto. Ogni altro giochino è solo una distrazione dai compiti a casa. Un giapponese, se gli chiedi il perché hanno sviluppato questa tecnologia “laterale”, ti risponde candidamente che “era divertente farlo”, perché l’auto è questo, divertimento ed emozione. Lo dico al mio co-driver: “Voi siete fuori di testa”. E aggiungo: “Ma è per questo che ci piacete”. Lui ride, sempre più compiaciuto.
Kit di resurrezione. Ovviamente, essendo l’automotive sì passione, ma anche business, la Toyota evidentemente lo ha fiutato: oltre che fornire un optional per gli irriducibili che alle Bev non vorrebbero rassegnarsi (l’auto rimarrebbe un’elettrica a tutti gli effetti, con la modalità “manuale-finta-termica” attivabile quando se ne ha voglia), la Casa giapponese guarda alla riconversione elettrica di vecchie auto, mantenendone il sapore originario grazie a questa tecnologia. A dimostrazione, sul proving ground di Shimoyama, c’era una vecchia Corolla AE86, così modificata. Ci sono salito, stavolta come passeggero, per un breve sprint. Se non lo avessi saputo, non avrei mai pensato di essere a bordo di un veicolo a batteria.