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Tasse auto: i tributi da pagare e le agevolazioni - Guide

Che gli automobilisti italiani paghino una quantità spropositata di tasse è cosa nota; forse lo sono un po’ meno l’entità complessiva di questo ammontare (58 miliardi di euro nel 2022, secondo i conti dell’Aci, in flessione rispetto al passato – quando superavano di slancio i 60 – grazie soprattutto allo sconto statale sulle accise) e quali e quanti sono i balzelli che paghiamo. Divisibili, tra l’altro, in due grandi famiglie: quelli relativi all’acquisto dell’auto e quelli connessi con il suo impiego. Andiamo, allora, con ordine.

Dal primo giorno. Il felice momento in cui compriamo un’auto nuova costituisce, in realtà, un capitolo altrettanto gradito al fisco. Innanzitutto, perché ogni acquisto è gravato dall’Iva: oggi, per fortuna, l’aliquota è una sola (pari al 22% del prezzo della vettura), mentre in passato un’imposizione più pesante gravava sulle auto di “lusso” (oltre i due litri a benzina, 2.500 per le diesel). Una discriminazione che in realtà esiste ancora, ma sotto altre forme, come vedremo più avanti, parlando di superbollo. Dell’Iva quasi non ci accorgiamo, perché alla fine è annegata nel prezzo “chiavi in mano” della vettura, dei suoi optional e (almeno in parte) di altre voci della fattura, come per esempio la “messa in strada”: però non dovremmo mai dimenticare che, per un’ipotetica auto che costa 10.000 euro, ben 2.200 finiscono nelle casse dello Stato (e se ne costasse 100 mila, il contributo alle casse dello Stato sarebbe di ben 22 mila…). Il  totale del gettito (nel 2022) è risultato di poco inferiore ai sette miliardi di euro.

Le Province. Questi enti territoriali, intermedi tra i comuni e le regioni, sulla carta sono stati aboliti anni fa, ma di fatto sono ancora operativi e incassano delle imposte che servono a garantire alcuni servizi (tra tutti, la gestione e manutenzione delle strade provinciali, spesso però in cattive condizioni). A loro finisce il gettito dell’Ipt, l’Imposta provinciale di trascrizione: la si paga al concessionario, che la gira all’Aci (al momento dell’iscrizione o trascrizione al Pra, il Pubblico registro automobilistico) che, a sua volta, la trasferisce alle amministrazioni locali. L’importo è calcolato in base alla potenza della vettura: fino a 53 kW (pari a 72 CV; il valore in kW è riportato alla voce P2 della carta di circolazione) si paga l’importo forfettario di 151 euro, oltre questa soglia la tariffa è di 3,51 euro per ogni kW in eccesso. Non basta: le Province hanno la facoltà di applicare una maggiorazione di tale importo fino a un massimo del 30%. Cosa che, ovviamente, avviene in quasi tutte, salvo che per alcune che hanno applicato una maggiorazione del 20 o del 25% o per quelle (pochissime) che hanno rinunciato all’incremento. Particolare non trascurabile: l’Ipt si paga anche nel caso di trasferimento di proprietà di auto usate. Il gettito non è trascurabile: in tutto, risulta di 1,7 miliardi di euro.

Il Pfu. I pneumatici, una volta usurati, sono dannosi per l’ambiente, quindi vanno smaltiti in maniera corretta e questo ha un costo. Che l’automobilista paga già all’atto dell’acquisto di una vettura, versando una cifra forfettaria alla concessionaria, in anticipo sulla futura distruzione della copertura. Non è un grande onere (8,55 euro in tutto, nel 2022), ma si somma a tutti gli altri.

Il bollo. Una volta si pagava solo se l’auto circolava, poi il “bollo di circolazione” è stato trasformato in una tassa dovuta per il semplice possesso di un veicolo, indipendentemente dal fatto che lo si utilizzi per strada o no. Il tributo spetta alle Regioni, ognuna delle quali applica regole e importi diversi, con un minimo di 2,58 euro per kW di potenza della vettura. Esiste un’infinità di eccezioni, riduzioni, esenzioni per le auto considerate più o meno ecologiche. In ogni caso, l’incasso per gli enti pubblici è rilevante: 6,7 miliardi di euro nel 2022, che entrano regolarmente nei bilanci regionali, trattandosi di una tassa da pagare ogni anno, e non solo all’acquisto dell’auto.

Il superbollo. Avete avuto l’ardire di comprare un’auto “di lusso”? Peggio per voi: dovete pagare un altro balzello annuale. Introdotta nel 2011, questa addizionale erariale (a sua volta annuale) non è destinata come il bollo alle casse delle Regioni, ma a quelle dello Stato (e per questo si versa in un altro modo, con il modello F24 Elide-Elementi identificativi). Dev’essere pagato per tutte le auto che hanno potenza superiore a 185 kW (250 CV), nella misura di 20 euro per ogni kW in eccesso. Il legislatore ha però tenuto conto del minor valore delle auto potenti al loro invecchiamento (altrimenti, alla fine, l’ammontare della tassa avrebbe superato il valore residuo dell’auto…). Per questo, l’importo base viene applicato per i primi cinque anni, poi la tariffa decresce secondo questo schema: 12 euro/kW dopo cinque, 6 euro/kW dopo dieci, 3 euro/kW dopo quindici. A partire dai vent’anni, l’addizionale non è più dovuta. Il gettito, in questo caso, è davvero modesto, al punto da risultare controproducente: frutta allo Stato poco più di 100 milioni di euro l’anno. Le auto soggetto al superbollo con meno di tre anni di anzianità, infatti, costituiscono uno degli elementi dei quali la Guardia di finanza tiene conto ai fini dei controlli di congruità fiscale del reddito dichiarato: il risultato è che, dall’introduzione della sovrattassa, molte di loro sono state cedute dai rispettivi proprietari e hanno preso la strada dell’estero, contribuendo alla riduzione delle entrate.

L’assicurazione. Pochi se ne accorgono, ma anche quando si stipula l’obbligatoria polizza Rc auto si pagano delle tasse, nascoste nell’importo del premio. Un’altra imposta che finisce alle Province, fissata a discrezione dell’ente locale fra il 9 e il 16% (quasi tutte, ovviamente, stabiliscono l’aliquota massima). A questo tributo si aggiunte il contributo destinato al Servizio sanitario nazionale e al Fondo di garanzia per le vittime della strada: altri esborsi per 2,4 miliardi di euro.

Poi, per strada. Fin qui, tutto quello che si è dovuto pagare senza ancora aver percorso un chilometro: tributi necessari per acquistare l’auto e assicurarla. Poi, come detto, ci sono quelli legati all’utilizzo della vettura: l’enorme pressione fiscale sui carburanti (pari a oltre il 60% del prezzo alla pompa), le tasse sui pedaggi autostradali, l’Iva sui tagliandi e la manutenzione (mano d’opera e ricambi). Ed è così che si arriva all’enorme totale di quasi 60 miliardi di euro l’anno. Che fluttuano con l’andamento del mercato: più auto nuove si vendono, più carburanti si consumano, più soldi si versano all’erario. E viceversa, nei periodi di magra.

Le agevolazioni. Per fortuna, c’è qualche eccezione: la normativa nazionale prevede, per esempio, delle facilitazioni per le auto elettriche, esentate dalla legge quadro nazionale per cinque anni dall’immatricolazione dal pagamento della tassa di possesso, con riduzione al 25% dopo il quinto anno, cui si aggiungono vantaggi ulteriori, definiti dagli enti locali (in molti casi anche per le vetture ibride). Una riduzione del 75% sul bollo è prevista anche per le auto alimentate esclusivamente a Gpl e metano. Agevolazioni significative sono previste pure per i disabili, alle cui vetture si applica un’Iva al 4%, invece che al 22; una riduzione prevista per le auto nuove con cilindrata fino a due litri se a benzina e 2.8 se diesel e con limiti di potenza (150 kW per quelle elettriche). L’agevolazione, contemplata anche per gli accessori e gli adattamenti necessari ai portatori di handicap per guidare, si applica a una sola vettura per non più di una volta ogni quattro anni; questi veicoli sono dispensati anche dal pagamento dell’Ipt e della tassa di possesso, previa domanda da presentare alla Regione. L’auto dev’essere intestata al disabile o alla persona che l’ha fiscalmente in carico.

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