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Strage sulle strade, Biserni dell'Asaps: "Via la patente subito a chi guida col cellulare"

Giordano Biserni, presidente dell’Asaps

“In questo fine settimana abbiamo purtroppo registrato 32 morti in tutta Italia. Di questi più delle metà, ben 18, sono motociclisti: una vera ecatombe delle due ruote a cui si aggiungono 2 ciclisti, 9 automobilisti, 2 pedoni e 1 furgone. Lo ripetiamo da mesi e dopo anni di battaglie portate a casa. Per ridurre ancora di più il numero dei morti sulle strade ci vogliono 2 cose ora: la patente sospesa alla prima volta (e non alla seconda com’è adesso) che ti fermano con il cellulare al volante e il ritorno di più agenti sulle strade a fare controlli”. A parlare è Giordano Biserni, presidente dell’Asaps, una delle più combattive no profit sul fronte della sicurezza stradale nata a Forlì nel 1991 da un gruppo di poliziotti della stradale stanchi di dover stendere lenzuoli bianchi su corpi di ogni età, vittime di incidenti”.

Chi sono le vittime di questo ultimo venerdì sabato e domenica?

“Il più giovane aveva 13 anni ed è uno dei ragazzini deceduti in Sicilia, la più anziana una passeggera di 86. Dei 30 morti, 9 sono ragazzi, tra cui il 19enne pedone in Veneto. Così sono suddivisi: Lombardia 7, Puglia 7, Umbria 4, Veneto 3, due in Emilia-Romagna, 2 in Sardegna e 2 in Sicilia, e 1 in ognuna di queste regioni: Piemonte, Toscana, Marche, Friuli-Venezia Giulia e Lazio. Tengo a precisare che, come ormai avviene dagli anni Novanta, i decessi sono avvenuti in quelle che Asaps ha battezzato le 16 ore maledette”.

Cosa sono le “16 ore maledette”?

“Quelle in cui avvengono gli incidenti stradali, ovvero quelle che vanno dalle 22 del venerdì alle 6 del sabato e dalle 22 del sabato alle 6 della domenica, sono le ore con il più alto numero di morti. E’ così da 30 anni”.

La vostra associazione lavora dagli anni Novanta. Cosa è cambiato nell’ambito della sicurezza stradale?

“Se nel 2001 contavamo solo in Emilia Romagna ancora 917 morti nel fine settimana, nel 2021 siamo passati a 300: all’epoca il lavoro dell’associazione era solo nella nostra regione. Ad oggi nei primi mesi del 2023 in tutta Italia, sempre nei soli fine settimana, siamo a 426 morti a cui si deve aggiungere un 15% di quelli che muoiono nei giorni successivi allo scontro e che noi non abbiamo. Leggendo il grafico dei numeri possiamo dire che è stato quindi fatto tantissimo”.

Cosa annovera tra i provvedimenti che hanno portato a un calo delle statistiche?

“Si è fatta una battaglia, che ci ha visto protagonisti, per la riduzione dell’orario di apertura delle discoteche ora chiudono alle 3 e non più alle 6, che di conseguenza ha influito sul consumo degli alcolici. Negli anni ‘90 dalle 19 alle 9 del mattino era una no stop di vendita di super alcolici e alcolici che si trovavano dal chiosco alla pasticceria con cui si finiva la nottata. Oggi alle 4 non trovi molti locali aperti. Con questo provvedimento abbiamo risparmiato più di 4000 vittime della strada. Ancora: è cambiato il nomadismo da divertimento. Nella riviera romagnola e veneta arrivavano giovani anche da Bologna, Modena, Milano perché da noi c’era il top di locali e discoteche. Con lo sviluppo di una movida concentrata in ogni centro urbano, non percorrere lunghe distanze per tornare a casa, ha inciso sul numero altissimo di morti”.

Poi ci sono le leggi, che hanno fatto la loro parte.

“Sì: è intervenuto il santo etilometro che noi non finiremo mai di beatificare, perché è stato uno strumento deterrente che ha permesso in tempo reale di scoprire la quantità di alcol nei guidatori di auto e prendere subito . Poi la legge della patente a punti e la 120 del 2010 che prevede la confisca dell’auto per chi supera il valore alcolemico di 1,5 grammi litro se la vettura è la sua. Altri importanti interventi legislativi ci sono stati nel 2016 con la legge sull’omicidio stradale: le pene sono aumentate da 2 a 7 anni con l’aggravante per chi era ubriaco fino ai 10 anni, e oggi dagli 8 ai 12 anni”.

Di cosa c’è bisogno ancora secondo la vostra esperienza?

“In questa fase si stanno attendendo delle misure che chiediamo da almeno 5 anni sulla distrazione alla guida, in particolare sull’uso del cellulare al volante: come Asaps chiediamo la sospensione della patente alla prima e non alla seconda violazione come è adesso”.

Le cause delle morti su strada sono legate all’uso del cellulare?

“In quelli del fine settimana alcol e droga sono l’elemento pregnante. In generale al primo posto c’è la velocità certificata, al secondo la distrazione e al terzo alcol e droga, questo in una statistica generale. Noi diciamo che oggi è una concausa dei tre fattori, in quanto è possibile solo misurare (e dunque mettere al primo posto) solo la velocità con autovelox installati. L’alcol e la distrazione non li registri se non hai controlli su strade”.

E veniamo dunque al secondo punto della vostra battaglia.

“Al di là dei provvedimenti di legge che auspichiamo, qui servono i controlli sulla strada: più pattuglie e uomini in strada, perché la sicurezza stradale non può essere delegata solo ai dispositivi elettronici sulle strade (autovelox). Ci vogliono contestazione immediate, invece sono stati chiusi molti distaccamenti della polizia stradali in Italia e l’età media degli agenti su strada va dai 50 anni in su. Questa non è una cosa possibile. Se non riportiamo in strada gli uomini in divisa, chi è che intercetta se si usa il cellulare al volante? O se si indossano le cinture di sicurezza? O se viaggio sul camion più ore di quelle permesse.  Se non c’è l’arbitro i calciatori possono anche giocare con le mani. E per evitare morti ci vuole prevenzione, non basta che una fotocamera faccia foto a chi sfreccia e poi si schianta”.

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