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Autovelox non omologati. "Multe nulle per milioni"

Autovelox non omologati. “Multe nulle per milioni”

La Corte di Cassazione spazza via tutte le certezze per le casse dei comuni italiani che custodiscono un tesoretto di milioni di euro incassati dagli eccessi di velocità rilevati con gli autovelox. Che, spesso, funzionano con regolare autorizzazione. Senza essere omologati. Un dettaglio che fa la differenza secondo i giudici della Suprema corte che ha considerato questa prassi comune come «illegittima». Se ne deduce, dicono i giudici nell’ordinanza 10505 depositata il 19 aprile scorso, che «non sono valide le multe per eccesso di velocità se l’apparecchio di rilevazione non è omologato ma solo approvato».

Ora si attende la valanga delle richieste di rimborso da parte degli automobilisti che potrebbero creare una voragine nelle casse comunali. A cominciare dal comune di Treviso da cui è partita tutta la vicenda approdata in Cassazione. Per la precisione, un avvocato aveva fatto ricorso su richiesta di un automobilista, che aveva ricevuto una sanzione per aver viaggiato a 97 chilometri orari dove il limite è di 90, sulla «tangenziale» di Treviso, ossia la strada regionale n.53. In quella strada l’apparecchio risultava «approvato» ma non «omologato».

Le motivazioni della Suprema Corte risiedono nel fatto che le apparecchiature sarebbero state autorizzate dal ministero delle Infrastrutture ma non sottoposte dallo stesso Governo ad una verifica tecnica più puntuale necessaria alla loro omologazione. Vi sarebbe in sostanza un vuoto normativo che lascia spazio ad ogni azione legale. Già, perché la Cassazione precisa che l’annullamento della multa non è automatico: ogni «multato» deve rivolgersi ad un tribunale per chiedere l’applicazione del principio di diritto (basta fare istanza al giudice di pace).

Ma il timore che i ricorsi possano fioccare è concreto. Inoltre, se la multa viene annullata in primo grado, quanti comuni ricorrerebbero in appello e poi in Cassazione con il precedente della stessa Corte che fa giurisprudenza? Due comuni del trevigiano hanno già ammesso di aver perso due ricorsi in primo grado. Ed è solo l’inizio di una escalation che porteranno giudizi negativi per le amministrazioni locali. Del resto, anche lo stesso direttore dell’Anci del Veneto, Carlo Rapicavoli, ammette che tantissimi autovelox non sono omologati, visto che dal 2020 si è praticamente proceduto quasi esclusivamente con le «autorizzazioni» perché pareva bastasse così. Ma le cifre in bilico per i comuni fanno tremare i polsi. Solo in Veneto, le sanzioni per violazioni al codice della strada valgono circa 50 milioni l’anno e sono per un terzo addebitabili al superamento dei limiti di velocità riscontrato dalle apparecchiature elettroniche. La quota normalmente riscossa dal Comune di Treviso sarebbe di poco inferiore ai 4 milioni. Se si pensa che in Italia esistono più di 11mila apparecchi elettronici di rilevamento della velocità si fa presto a intasare i tribunali soltanto di ricorsi per riottenere i soldi versati.

A causa di un autovelox mangiasoldi, l’anno scorso, il Comune di Colle Santa Lucia sulle Dolomiti, ha incassato la cifra record in multe di 747.094,42 euro, che corrispondono a 2.159 euro per ciascuno dei 346 abitanti del piccolo centro (ma i turisti hanno fatto la parte del leone). E in generale, sempre l’anno scorso famiglie e cittadini privati hanno versato ai Comuni un totale di 1 miliardo e 535 milioni di euro in multe stradali, con un aumento del 23,7% rispetto al 2019.

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