06 Marzo 2024 – L’Autostrada A20 Messina-Palermo collega Messina con la capitale della Sicilia, Ë lunga 180 km (per raggiungere Palermo Ë necessario percorrere altri 38 km di A19).
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LA SITUAZIONE SCESI DAL PONTE – Nell’isola dovrebbero essere tutti contenti di avere finalmente un’opera che consente un rapido e stabile collegamento col resto d’Italia (se ne parla dal 1840, quando c’era Ferdinando II, re delle Due Sicilie), invece solo a nominare il ponte tra Scilla e Cariddi si scatena un universale moto di stizza. Non a caso, l’amministratore delegato della Società Stretto di Messina, creata per progettare e realizzare la mega infrastruttura, giunto in Comune del capoluogo peloritano per presentare il progetto definitivo, è stato accolto da inferociti manifestanti con rotoli di carta igienica.
LA SALERNO-REGGIO CALABRIA CE L’HA FATTA – I motivi del dissenso sono chiari: secondo le ultime stime, la costruzione del ponte e delle infrastrutture di collegamento ci costerà almeno 13,5 miliardi di euro, ma con 7,4 miliardi, negli anni passati, si è provveduto a rifare quasi completamente i 441,2 chilometri di un’altra ex autostrada della vergogna, la A2 Salerno-Reggio Calabria, trasformandola in asse viario moderno e funzionale. Non serve particolare saggezza per pensare che con quei 13 e passa miliardi, invece di concederci il lusso di 3,3 chilometri di futuro, si potrebbe riportare nel presente se non tutti, almeno buona parte dei 532,1 chilometri delle principali autostrade sicule, la A18 Messina-Catania, la A19 Catania-Palermo, la A20 Messina-Palermo, rendendo la vita più facile a milioni di persone che le percorrono ogni anno. Adesso è molto difficile, come dimostra questo nostro viaggio-test.
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Una volta sull’A20, scopriamo che, caso più unico che raro nell’Unione Europea, sui 226,3 chilometri della carreggiata in direzione Palermo ci sono 170 chilometri senza aree di servizio, zero rifornimento carburante e bagni, contro i 29,2 chilometri di media della rete autostradale nel resto d’Italia: un record clamoroso che batte per distacco i 115 chilometri a secco della A29 Palermo-Mazzara del Vallo, nata però senza stazioni di rifornimento. Su questo tratto di Messina-Palermo le aree di servizio c’erano, Tindari nord e Tindari sud, ma l’estate scorsa quest’ultima è andata in cenere per il solito rogo doloso dei boschi circostanti e qualcuno ha deciso di rottamare anche la gemella. Consiglio per l’automobilista previdente: calcolare bene l’autonomia del proprio veicolo, come si fa sulle piste sahariane, perché restare con l’auto in panne su questa autostrada può essere molto pericoloso. Tra Messina e Palermo, infatti, ci sono 71 gallerie, alcune lunghe oltre 3mila metri, per complessivi 55 chilometri, tutte – altro record – poco o per nulla illuminate e senza corsia d’emergenza. Parecchi di questi cunicoli sono per giunta a doppio senso di circolazione: se si blocca l’auto lì dentro si può facilmente prevedere la madre di tutte le esperienze da incubo. Percorrendo queste gallerie nella penombra, abbiamo anche intravisto i segnali di alcune colonnine Sos, ma a quanto si legge nel sito del gruppo Facebook “Autostrade siciliane della vergogna”, 23.306 iscritti, molte non sarebbero collegate e quindi non funzionano. Altro record dell’A20: è l’unica autostrada d’Europa dove è consigliabile dotarsi di una confezione di pasticche contro il mal di mare. Il fondo stradale è così in pessime condizioni, deformato da buche e rattoppi, corrugamenti, avvallamenti, solchi e asperità assortite, che l’auto procede tra scossoni e sobbalzi che mettono a dura prova anche gli stomaci più forti. E quando piove, per fortuna di rado, ogni buca diventa una pozzanghera, ogni solco un fiumiciattolo e la guida in sicurezza un’utopia.
SI PAGA PER UN SERVIZIO SCADENTE O INESISTENTE – Nel marzo del 2021, l’ingegnere Placido Migliorino del ministero Infrastrutture e Trasporti ispezionò l’A20 che definì «un colabrodo», chiedendo la chiusura di 8 gallerie pericolanti e 22 viadotti pericolosi. Subito il Codacons, la nota associazione a difesa dei consumatori, avanzò tre richieste: limite di 80 all’ora sui tratti scoperti, di 60 in galleria e l’abolizione del pedaggio. E il Cas, il Consorzio per le autostrade siciliane, un ente della Regione Sicilia che, a quanto si legge sulla Gazzetta del Sud, avrebbe 300 dipendenti per gestire 300 chilometri, accolse le prime due, ma non la terza. Per questo, nel 2022, Federconsumatori depositò un esposto all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ottenendo la condanna del Cas a una multa di 500 mila euro per pratica commerciale scorretta, visto che non si può esigere una tariffa per un servizio inesistente. Eppure, incredibile ma vero, sull’autostrada più insicura e lenta d’Europa, martoriata da continue deviazioni, tratti a una corsia e cantieri senza operai, ancora oggi si paga un pedaggio di 10,30 euro.
UNA CLASSIFICA AL CONTRARIO – Secondo un sondaggio di “Altroconsumo”, la A18 Messina-Catania è la seconda peggiore autostrada italiana dopo la A10 Genova-Ventimiglia. Le condizioni generali sono le stesse della A20 con l’aggravante che su questi 95,9 chilometri, che attraversano rinomate località turistiche come Taormina o Giardini Naxos, c’è un volume di traffico molto sostenuto. Sulle pagine del gruppo Facebook già citato si può leggere ogni giorno una specie di bollettino di guerra con filmati e foto di denuncia delle continue deviazioni e blocchi, cambi di corsia, incidenti, code e quant’altro renda lenta, difficile e pericolosa la vita dell’automobilista. L’autostrada siciliana di gran lunga peggiore è però la A19 Palermo-Catania, 191,6 chilometri. Si tratta di un fondamentale asse viario quasi interamente sopraelevato che dà l’idea di un acquedotto romano, solo che l’acqua, invece di scorrere sopra, è sotto: decine e decine di piloni che sostengono gli impalcati sono poggiati nel letto di torrenti o in pluviali naturali che in caso di pioggia si trasformano in acquitrini. Nell’aprile del 2015, una frana provocò il crollo del viadotto Himera, lungo oltre 2 chilometri. Lunghi tratti di questa autostrada si percorrono su una sola carreggiata e con un visibile grado di ammaloramento delle strutture in calcestruzzo armato. Spendere soldi per tentare di consolidare l’esistente, dice un ingegnere, equivale a voler rianimare un morto. L’unica cosa da fare, qui, sarebbe buttare giù tutto e rifare un’autostrada moderna, funzionale, sicura, degna di un Paese che voglia dirsi civile. Con un investimento non maggiore di quello del Ponte.
Gino Gullace Raugei