Nico Cereghini: “Il fascino intramontabile delle moto classiche può ispirare il futuro?”
Le moto d’epoca, le più classiche in particolare, piacciono sempre di più. Chi guarda la Honda Four degli anni Settanta – con quelle belle superfici metalliche splendidamente verniciate, il grande faro rotondo, i carter motore levigati, le alettature così geometriche dei quattro cilindri, i quattro scarichi separati- ne è affascinato anche se ha venti o trent’anni meno della moto e non ha partecipato alla festa collettiva di quel periodo d’oro.
Non serve essere anziani e avere la testa grigia per restare stregati dalle più classiche moto d’epoca. Lo stesso accade a chi si trova davanti a una Kawasaki Z1 900 o alla Ducati Super Sport 750, a una Yamaha XT o a una Gilera KZ. Spesso incontro appassionati, anche giovani, che si concentrano su un solo modello e ne collezionano tanti: Suzuki 380, Yamaha RD 350, Honda CB 450, Cagiva Mito…
E’ vero, da una parte la popolazione motociclistica invecchia ed è umano rimpiangere gli anni della nostra gioventù e i suoi simboli, ma forse c’è di più. Forse inizia a pesare il fatto che in tutti i settori le cose cambiano sempre più in fretta, anche troppo in fretta. A star dietro al progresso, alla marea di novità che appaiono ogni giorno, ci si perde. Non soltanto gli anziani: anche alcuni tra i giovani oggi si sentono inadeguati.
Le moto attuali più desiderate sono sempre più evolute, raffinate, potenti, sicure ed è bellissimo, molti motociclisti appassionati di tecnologia e prestazioni sono gratificati come mai è avvenuto in passato. Ma ci sono tante cose che non quadrano e spengono gli entusiasmi: le moto più ambìte hanno un livello prestazionale sproporzionato alla circolazione e alla stessa società, i costi pure lo sono.
In collaborazione con Moto.it