La Ferrari P499 numero 50 che partirà in pole position alla 24 Ore di Le Mans del centenario
Da 1973 sono trascorsi 50 anni ed il presidente Elkann ha deciso che i tempi sono cambiati e l’azienda italiana più globale e prestigiosa è perfettamente in grado di gestire due programmi ad altissimo livello come la F1 e Le Mans. La ragione per cui, l’ingegner Ferrari in persona, disse stop alle amate gare di durata. La ricorrenza è piena di significati emozionali e razionali. Mezzo secolo è una cifra tonda, ma l’interesse suscitato dal nuovo regolamento è epocale. Auto che simboleggiano la velocità, la durata e, soprattutto l’affidabilità, tenendo in primissimo piano l’efficienza, grande protagonista della mobilità ecologica. All’appello hanno risposto in tanti venendo a sfidare Toyota regina della categoria nell’ultimo lustro. Quest’anno saranno al via astronavi dei tre mondi: Europa, America e lontano Oriente, diventato il nuovo ombelico del pianeta.
Oggi LeBron James sbandiererà il via ad una battaglia animata da Toyota, Ferrari, Porsche, Cadillac e Peugeot che avranno percorso il giro di lancio dietro alla vettura guidata da Tom Kristensen, in questa edizione il Grand Marshal della 24 Ore. Per l’occasione anche la regina delle corse si veste a festa e schiera le vecchie glorie più famose, fra cui Tom, per tutti “monsieur Le Mans”. L’ex ragazzo danese ha vinto 9 volte, il 50% dei trionfi più del secondo (Jacky Ickx) che con 6 ha detenuto a lungo il record. Il prossimo anno hanno già annunciato la loro presenza i bavaresi della BMW, i parigini dell’Alpine (gruppo Renault, ha mostrato proprio ieri al circuito il suo prototipo), la gemma della Motor Valley Lamborghini e la milanese nata a Padova Isotta Fraschini.
La cosa appassionante, comunque, è che ci sono 16 vetture nella massima categoria in grado potenzialmente di vincere. Non si può dimenticare il fatto che un anno, nel 1995, trionfò addirittura una GT (quindi derivata da un modello regolarmente in vendita) facendo polpette dei prototipi nati per correre e molto più performanti. Come è stato possibile una cosa del genere? A tutto c’è una risposta. A Le Mans, nonostante il periodo, non è rara la pioggia, in particolare gli acquazzoni estivi. Scrosci, anche vigorosi, che mettono in subbuglio la corrida perché, alcune volte, a Tetre Rouge diluvia e alla curva di Mulsanne, dopo il lungo rettilineo delle Hunadieres, splende il sole. Quell’anno fu un’alluvione. Sembrava di essere nell’occhio del ciclone o nell’imbuto di un uragano.
L’acqua venne giù ininterrotta per quasi 20 ore, senza lasciare respiro durante il buio. I piloti dei prototipi, quasi tutti aperti, non si sa se hanno ancora gli incubi per la doccia incessante a 350 km/h o per tenere sull’asfalto i mostri imbizzarriti. La McLaren era al debutto con la sua elegante GTR con il grande motore BMW V12 che aveva ambizione di classe non certo da assoluto. Invece, sul traguardo passarono 4 McLaren ai primi 5 posti, compresa la vincitrice di Letho-Dalmas-Sekyra. Fu il primo trionfo per la squadra inglese ed anche la prima volta per un pilota finlandese e giapponese.
Tutti dettero il merito al comodo abitacolo della GT, con una visibilità perfetta ed i piloti che sembravano usciti dal salotto di casa. In realtà, era chiusa anche la Porsche 935 turbo di Mario Andretti arrivata seconda. Sembra che il grande vantaggio della GTR sia stato il motorone BMW 12 cilindri di 6,1 litri che, con la coppia disponibile già a basso numero di giri, consentiva una guida fluida anche nella palude.