Nel calendario della Formula E stanno entrando diversi circuiti permanenti. La diminuzione delle piste cittadine è una naturale evoluzione della categoria? Ecco cosa ne pensano Jean-Eric Vergne e Stoffel Vandoorne, i due piloti del team DS Penske che abbiamo incontrato a Misano
Con il passare degli anni, la Formula E si sta progressivamente allontanando dai circuiti cittadini, abbracciando anche tracciati permanenti come quello di Misano, su cui è andata in scena la tappa italiana del calendario 2024. Se da un lato con monoposto più veloci il passaggio a piste permanenti è naturale, dall’altro si perde quello che è stato sin dall’inizio il DNA della categoria, nata per portare il motorsport nel cuore delle metropoli nel mondo. Ma cosa ne pensano i piloti della Formula E di questo cambiamento?
“Le nostre auto sono sempre più veloci ogni anno che passa e ci sono alcune piste – come Parigi, Hong Kong e New York – che sono troppo piccole per le monoposto di Formula E odierne – riflette il pilota della DS Penske, Jean-Eric Vergne, che abbiamo incontrato a Misano -. Abbiamo più potenza, più grip. Guidare sulle piste permanenti è la norma per me e per gli altri piloti. I tracciati cittadini hanno più asperità e si corrono più rischi. Sono complessi da affrontare, c’è molto meno grip e ci si trova a dover “litigare” con la monoposto”.
“Quest’anno siamo più o meno 50-50 tra le gare cittadine e i circuiti permanenti – osserva il compagno di squadra di Vergne, Stoffel Vandoorne -. Credo che per i piloti siano più entusiasmanti i primi. Sono parte del DNA della categoria, ed è su questi tracciati che le nostre monoposto si ravvivano, rendendo più difficile il nostro compito. Però mi piacciono anche le piste come Misano, perché il grip è molto elevato, cosa che non accade su altri circuiti. A livello di campionato, la scelta tra piste cittadine e permanenti è anche una questione di costi, per cui la decisione non spetta solo a noi piloti. Penso però che con l’aumento della velocità abbia senso correre su piste permanenti”.