La Ferrari piange un pezzo di storia. Addio Corradini, meccanico dei big
Pietro è stato per tutta la vita uno dei miei amici più cari. Ero giovanissimo quando per questo giornale iniziai a frequentare i box dei Gran Premi: lui mi prese sotto tutela e senza mai tradire la lealtà nei confronti della azienda mi fece da Virgilio, sebbene io non fossi Dante. Mi spiegava le cose, traducendo gli algoritmi della tecnologia in materia comprensibile per me e per chi mi avrebbe letto il giorno dopo. Proprio perché non era soltanto un operaio, non era semplicemente un meccanico: era carne ossa e sangue del mito Ferrari. Aveva conosciuto il Drake, era stimato dal figlio Piero, godeva della piena fiducia di Montezemolo: con il suo cacciavite aggiustava e sistemava la Leggenda, tanto che Mauro Forghieri, un altro Mito Rosso, lo considerava un ingegnere ad honorem.
Nella sua originalità, Pietro era l’erede di una sapienza collettiva. Veniva dalla terra, aveva un’anima contadina ed era figlio di una dinastia di ferraristi non per lavoro, ma per amore: gente come Borsari, Bellentani, Scaramelli, Gambarelli. Meccanici in apparenza, ma testimoni di una fede che resisterà a qualunque mutamento, a qualsiasi moda passeggera.
Ci siamo voluti bene più di quanto possa raccontare. E adesso me lo immagino Lassù, già intento a “scancherare”, come diceva lui, sulle macchine di Gilles e di Didier.
I funerali di Pietro Corradini saranno celebrati domattina alle 9,30 a Sassuolo, presso la chiesa di San Giovanni Neumann.