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Ferrari 330LM/250 GTO del ’62 all’asta: una ‘storia’ che vale 60 milioni di dollari

Le Ferrari sono da sempre ammirate e ambite, quelle d’epoca più che mai, ma quando si parla della GTO del ’62 sembra che non ci siano limiti - di ANDREA PESARESI

RM Sotheby’s, il prossimo 13 novembre batterà all’asta la 330LM/250GTO numero di telaio 3765, si parla di una stima di 60 milioni di dollari. La notizia dell’evento ha avuto ampio eco sulla stampa, il mio legame istintivo con questo modello, nato nell’infanzia e consolidato nella maturità, mi ha invogliato a fare un giro virtuale intorno a questa macchina.

Il contesto

Il Campionato del Mondo Costruttori del ’62 si disputava con vetture GT fino a 3 litri, con classifica separata per i Prototipi, categoria però importante a Le Mans. La Ferrari si era preparata per le GT con la 250 GTO, per i Prototipi con diverse vetture tra le quali svettavano per potenza le 4 Litri 330LM e 330 TR. Ci focalizzeremo dunque sulla GTO, nella variante 330LM, modello ’62, cioè quello iniziale dalla forma universalmente nota. Con quella carrozzeria ne vennero costruite 35, 32 montavano il motore 3 litri (tipo 168), quindi 250 nella sigla (cilindrata unitaria) categoria GT e 3 il 4 litri (tipo 163), 330 nella sigla, 2 nella categoria prototipi e una omologata . La 3765 faceva parte di uno dei 2 prototipi (quella che venne omologata è ritratta nelle foto di questo articolo), Ferrari la identificò con la sigla 330LM. Iniziamo con i risultati sportivi, limitandoci alle gare di rilevanza internazionale del primo anno, dove venne schierata ufficialmente: 1000 km del Nurburgring del 27/05, con Mairesse-Parkes ottenne la vittoria di classe e 2° posto assoluto; 24ore di Le Mans del 24/06, con l’equipaggio Bandini-Parkes le vicende non furono altrettanto favorevoli, un problema al radiatore (danneggiato in un urto) provocò un surriscaldamento che li costrinse al ritiro alla 6° ora di gara. È da segnalare che sul primo risultato qualcuno ha sollevato dei dubbi facendo notare la differente posizione dei fanalini anteriori tra la vettura che vinse al Nurburgring e quella che corse poi a Le Mans. L’apparente mancanza di una motivazione per una tale modifica e il poco tempo trascorso tra le 2 gare, li ha fatti propendere per un’altra ipotesi: 2 vetture distinte, la 3673 al Nurburgring e la 3765 a Le Mans. Ipotesi minoritaria, che ha comunque alimentato la discussione per anni anche con motivazioni apparentemente circostanziate; considerando ora che RM Sotheby’s ha elencato la vittoria in Germania nel palmares della 3765 e che verosimilmente le sue informazioni le avrà attinte direttamente dalla Ferrari, direi che la questione possa ritenersi chiarita.

Il progetto Colombo

Tornando agli aspetti tecnici, a Maranello i grossi 12 cilindri derivavano tradizionalmente dal progetto Lampredi (monoblocco lungo), ma si stava cambiando, nel 1960 era nato il tipo 163 per montarlo sulla 400 Super America stradale. Rompeva con la tradizione perché realizzato sulla falsariga del più compatto tipo 168 3 litri, progetto Colombo: l’intervento aveva riguardato principalmente il dimensionamento dei cilindri A/C (77mm/71mm) e il conseguente adeguamento del monoblocco e delle testate; visivamente pochi cambiamenti: leggermente più alto, 18 bulloncini (invece di 14) per il serraggio del coperchio delle punterie, supporti per il fissaggio al telaio allineati al 3° cilindro invece che al 2° e qualche altra piccola differenza nella disposizione degli accessori.

ferrari 330lm/250 gto del ’62 all’asta: una ‘storia’ che vale 60 milioni di dollari

Per le vetture da corsa del ’62 era quindi questo il 4 Litri utilizzato come base. In generale, per i singoli numeri di telaio, erano frequenti delle varianti (telaio e motore) derivate dalle esigenze di personalizzazione da parte del cliente, dalle disponibilità dei fornitori, dai miglioramenti in itinere ecc… la 330LM n°3765 era così configurata: motore nella versione da corsa denominata 163/566 o 163LM, con varie modifiche erogava 390cv, dai 340cv della serie, ed era montato anche sulla 330 TR che vinse a Le Mans proprio nel ’62; telaio con le specifiche della 250 (tipo 539/62), più altre necessarie per alloggiare il motore più voluminoso e con ben 100cv in più: passo allungato di 20mm, barre anti-rollio maggiorate a 18mm, differenti posizionamenti degli attacchi del motore e poi altre variazioni relazionabili al telaio, serbatoio di 10 litri più grande, cambio specifico a 4 marce e cerchi da 15” ma con canale più largo ( ½” o 1”); la carrozzeria con pochi elementi a distinguerla da una 250: a parte le differenze impercettibili dovute al passo, una coppia di piccole bocche (a forma di D come le anteriori) di sfogo dell’aria calda a valle dei parafanghi anteriori e un rigonfiamento centrale sul cofano più pronunciato. Riprendendo la storia della vettura, nel ‘64 venne acquistata da Ferdinando Latteri che chiese alla Ferrari di montare un motore della 250 e il relativo cambio a 5 marce per poter partecipare alle gare italiane GT (fino a 3000cc), in particolare alle cronoscalate in Sicilia. Si sono poi succeduti vari passaggi di proprietà fino al 1985, quando venne acquistata da Jim Jaeger, ultimo proprietario. Jaeger ha dato successivamente il via a un lungo restauro per riportare la vettura alla configurazione che aveva a Le Mans ‘62. Negli anni ha anche rintracciato un motore 4 litri tipo 163, per un periodo lo ha anche montato ma ora è tornata ad essere equipaggiata con il 3 litri che aveva nel ’64, è la storia che si ripete; RM Sotheby’s identifica infatti la vettura come 330LM/250GTO confermando appunto le vicende dell’epoca.

Una nota finale

Come già evidenziato, le informazioni, i dati e le sigle, reperibili dai libri, dalla rete e dalle riviste a volte non collimano: ho cercato di distillarli attraverso incroci e fonti qualificate. In un ambito così artigianale, con il proliferare continuo delle modifiche, personalizzazioni e riparazioni da incidenti di gara, classificare e archiviare gli interventi non era semplice, serviva quel minimo per l’organizzazione interna che poi contava anche sulla memoria dei singoli. La rapida obsolescenza dei modelli da corsa faceva anche pensare che la relativa documentazione non sarebbe stata utile a lungo… tutt’altro, fascino e vicende sportive avrebbero reso queste macchine leggendarie, si trattava solo di aspettare: non sarebbero finite a rottame, del resto una sorte toccata a poche Ferrari, ma nel tempo sarebbero state addirittura “venerate nel paradiso degli appassionati”. Per ora è tutto.

FP | Andrea Pesaresi RIPRODUZIONE RISERVATA

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