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Corvette E-Ray e Ferrari 296 GTB: confronto tra ibridi

L'ibrido americano differisce da quello di Maranello per la batteria ridotta all'essenziale e un termico per nulla sacrificato dall'elettrico

L’industria europea e quella statunitense si sono sempre contraddistinte per una diversa cultura ingegneristica dell’automobile. Le vetture americane fanno della potenza assoluta il proprio mantra, ricorrendo a propulsori di grossa cilindrata per andare alla ricerca di ogni singolo cavallo possibile, al costo di scontare dei chilogrammi in eccesso. Per contro l’automobile europea si distingue per il compromesso tra cavalleria e leggerezza, figlio di una filosofia secondo cui la prestazione non è frutto esclusivo della potenza erogata, bensì anche di un peso minimo che permetta di usufruirne al meglio. Il lancio della nuova E-Ray, la primissima supercar ibrida di casa Corvette, diventa pertanto occasione per valutare come, dopo decenni di opposizione sul piano del termico, i costruttori americani e quelli europei interpretino diversamente il concetto di ibrido.

I vertici di casa Corvette affermano che l’impianto ibrido della nuova E-Ray ne abbatta il tempo sullo 0-100 di ben mezzo secondo, raggiungendo i 2.5 secondi e infrangendo di un decimo il precedente primato interno detenuto dalla Z06. Il motore elettrico della sportiva americana è avvolto in un involucro di magnesio con coppa dell’olio integrata, per un peso complessivo di 36 kg. Nel confronto con l’ibrido McLaren, i 160 cavalli elettrici della E-Ray sono superiori ai 95 cavalli di Artura, ma prendendo in analisi la Ferrari 296 GTB si realizza come il dimensionamento dell’ibrido non sia poi così differente, con l’ibrido di Maranello che sprigiona 167 cavalli. Non mancano tuttavia gli elementi di differenziazione, riassumibili in tre macro-punti: dimensionamento della batteria, adeguamento del motore termico e posizionamento dell’unità elettrica.

Scorrendo le specifiche tecniche della E-Ray, spicca come la batteria agli ioni di litio, composta da 80 celle di tipo pouch, abbia una capacità di appena 1.9 kWh. L’accumulatore di casa Corvette si avvicina più agli 0.7 kWh della Yaris ibrida di quarta generazione piuttosto che ai 7.4 kWh della 296 GTB e dell’Artura. È noto come con le batterie agli ioni di litio sia necessario scegliere cosa ottimizzare, se la densità di potenza oppure di energia, con Corvette che sembrerebbe dunque aver prediletto la prima opzione. Con la E-Ray tuttavia appare chiaro che Chevrolet concepisca l’ibrido unicamente come un supporto al motore termico, riducendo al minimo l’impiego della vettura in modalità elettrica. La E-Ray è provvista della Stealth Mode, ma la propulsione interamente elettrica è limitata a circa 70 km/h con un’autonomia compresa tra i 4 e i 6 chilometri, non paragonabili dunque ai 25 e 31 km rispettivamente di Ferrari e McLaren, concepite oltretutto come ibride plug-in.

A parità di potenza elettrica, Corvette predilige pertanto rinunciare a parte dell’autonomia in elettrico per contenere al minimo l’aumento di peso dovuto al sistema ibrido. La batteria infatti, al cui interno è integrato anche l’inverter, vanta un peso piuma di 45 kg, contro i 77 kg ad esempio dell’accumulatore della 296 GTB, sebbene si ignori l’esatto perimetro di riferimento di tali parametri. Gli esponenti Corvette affermano che l’incremento di peso associato all’intero impianto ibrido è contenuto in 177 kg, un valore che trova corrispondenza nella differenza di peso tra la E-Ray (1712 kg) e la Stingray (1526 kg). La compattezza dell’accumulatore inoltre fa sì che esso non sia dislocato lungo l’intero pianale inferiore, bensì sia contenuto nel tunnel centrale così da giovare anche al momento d’inerzia polare della vettura o più semplicemente alla sua reattività nei cambi di direzione. Quella che è stata etichettata come center backbone body structure assicura inoltre un’ottima rigidezza torsionale del telaio, così che la perdita di rigidità nella versione scoperta sia minima.

corvette e-ray e ferrari 296 gtb: confronto tra ibridi

La differenza di peso tra modello termico e versione ibrida non differisce molto da quella di Ferrari. Prendendo a confronto la F8 Tributo e la 296 GTB, si registra un aumento di peso con l’elettrificazione di 140 kg, valore comunque di puro riferimento date le numerose differenze dei due modelli. Considerato però come, per la sua impostazione, l’ibrido Corvette sia più leggero di quello di Maranello, sorge spontaneo domandarsi cosa vada a compensare tale differenza. La risposta risiede in parte nel lavoro svolto sul motore a combustione, in quanto l’elettrificazione può rivelarsi un’occasione per ridimensionare il termico, potendo sfruttare la spinta extra dell’elettrico, ma anche una necessità per contenere l’aumento di peso. Non è stato però il caso di Corvette, che sulla E-Ray continua a impiegare il V8 aspirato da 6.2 litri della Stingray, persino più capiente del 5.5 litri della Z06. I 495 cavalli termici coniugati ai 160 elettrici restituiscono una potenza complessiva di 655 cavalli. Ferrari e in generale l’industria europea prediligono di base cilindrate minori, ma ancor più che i valori assoluti a essere degno di interesse è il cambiamento avvenuto con l’avvento dell’ibrido. La 296 GTB monta infatti un V6 biturbo da 3 litri, più modesto rispetto al V8 3.9 litri della F8 tributo, scontando infatti un calo di potenza termica da 720 a 670 cavalli, ma guadagnando in termini di leggerezza e soprattutto esprimendo una potenza complessiva di 840 cavalli superiore alla E-Ray.

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La possibilità di scaricare efficacemente a terra la potenza motrice a volte è più importante della cavalleria assoluta e anche in questo aspetto l’ibrido Corvette si distingue dalle rivali europee. Gli 800 Nm della E-Ray fruttano uno scatto sullo 0-100 km/h in 2.5 secondi, ponendosi davanti ai 2.9 e 3 secondi di 296 GTB e Artura, accreditate rispettivamente di 740 e 720 Nm. La maggiore coppia data dalla più ampia cilindrata è un vantaggio non da poco per la sportiva americana, a cui si somma la sua pronta disponibilità già ai bassi regimi grazie al V8 aspirato, mentre Ferrari e McLaren si scontrano ancora con un turbo-lag residuo. Non si può comunque trascurare il fatto che sulla E-Ray il motore elettrico sia installato sull’asse anteriore così che, insieme al termico in posizione centrale accoppiato alle ruote posteriori, si benefici della trazione integrale. Corvette ha fatto della ricerca del massimo grip uno dei cardini del progetto, adottando ampi pneumatici da 275 mm di larghezza all’avantreno e da 345 mm al posteriore. Sia Ferrari che McLaren vedono invece l’unità ibrida accoppiata al termico al retrotreno, essendo così limitate nella disponibilità di grip dalle due sole ruote motrici.

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In conclusione, anche in materia di elettrificazione Corvette segue un approccio contrapposto a quello della concorrenza europea. L’ibrido è percepito come puro strumento di supporto al termico, senza andare alla ricerca di decine di chilometri di autonomia in elettrico. Il peso risparmiato dalla batteria libera i progettisti dalla necessità di un ridimensionamento del motore a combustione, per nulla sacrificato rispetto alle versioni termiche, e non scoraggia dall’acquisire ulteriore peso con degli pneumatici anteriori allargati per massimizzare il grip della trazione integrale. Ferrari e McLaren invece al momento prediligono il downsizing del termico e una trazione puramente posteriore, per assicurare ai propri clienti maggiori autonomie in elettrico. Il mondo americano e quello europeo continuano a concepire l’automobile in maniera differente, sebbene non è da escludere che con le future evoluzioni dell’ibrido le due industrie non possano andare convergendo.

FP | Carlo Platella RIPRODUZIONE RISERVATA

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