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Andrea Buzzoni vi racconto la Triumph che verrà (e non solo quello…)

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Triumph Andrea Buzzoni

Faccia a faccia con Andrea Buzzoni, amministratore delegato e direttore generale di Triumph Italia. Un passato in BMW e Ducati, Andrea sa come ci si muove nel mondo premium della moto. Sportivo “dentro” adora la guida sportiva pista (non ha caso è stato lui a creare il team BMW Motorrad Italia SBK), e conosce molto bene il mercato. A lui abbiamo fatto un po’ domande su Triumph (ovviamente) ma anche sulle tendenze che si stanno delineando negli anni a venire. Non si è tirato indietro e quello che ne è nato più che un’intervista è stato un dibattito su sportività, premium, moto piccole, cinesi e mondo off road.

andrea buzzoni vi racconto la triumph che verrà (e non solo quello…)

Andrea Buzzoni vi racconto la Triumph che verrà (e non solo quello…)

SC – Allora Andrea iniziamo l’intervista, beh più che un’intervista è una chiacchierata visto che non imposto mai le domande proma ma seguo le risposte di chi ho davanti per porre altre domande.

AB – No, ma anche con le tue domande è impossibile che sia un’intervista in senso didattico.

SC – Iniziamo dalla prima domanda che è un classicone: che 2022, innanzitutto per il mondo della moto perché ci sono dei buoni segnali, ma anche per voi.

AB –

Allora, partiamo da noi. noi stiamo andando bene, siamo soddisfatti, siamo contenti perché stiamo riuscendo a far capire quanto le moto Triumph siano moto uniche sotto molti punti di vista, a partire dalla qualità delle finiture, dall’affidabilità, dal tipo di performance. In realtà le Triumph sono tanti anni che sono moto che per queste caratteristiche eccellono, ma in un modo o nell’altro non eravamo riusciti ad attrarre a sufficienza il cliente italiano.

SC – Ecco, hai già aperto il primo tema. Perché, come dire, tu hai lavorato per 3 brand, 3 top brand del mondo della moto: Triumph, BMW e Ducati. Io ho sempre visto Triumph come un marchio premium, ma spesso non è identificato così… farlo comprendere ai motociclisti è un lavoro piuttosto duro. No?AB – Allora, possiamo dire che, in realtà il posizionamento premium è anche generato dal tipo di gamma che tu sviluppi. Parlando di noi mi piace definirci in realtà, e in alcuni casi più di altri premium brand, dei traghettatori al mondo premium. Faccio un esempio, con le cilindrate minori e parlo di moto naked sportive o dual, quindi motorizzazione 660 per capirci, noi spesso siamo dei traghettatori dal mondo “value for money” al mondo premium perché sempre parlando delle 660, il nostro è un prodotto che comunque strizza e al cliente delle medie giapponesi, un cliente che però è attratto da un prodotto diverso, attratto da un tre cilindri e, diciamo, da un brand più identificante… Ecco spesso noi facciamo da traghettatori, quindi siamo sia premium su alcuni segmenti della gamma, sia traghettatori. Quindi raccogliamo clienti da un mondo che non è premium di partenza ma grazie a noi poi dopo il cliente diventa premium. E li rimane.

SC – E questo non è potenzialmente un problema di posizionamento? Penso ad esempio a KTM, loro sono ready to race: arroganti, hanno moto sportive, appuntite eccetera. Ducati è premium, BMW anche. E Triumph? Tu vi collochi un po’ come marchio “traghettatore”, magari qualcuno non lo identifica bene come quello che è veramente.

Ok, tranne quando l’identità diventa un eccesso di polarizzazione. Credo ci sia una differenza di posizionamento e di grado di polarizzazione, che non è sempre un vantaggio, nei brand che tu mi hai appena citato. Cioè, il brand Ducati è estremamente polarizzato sulla sportività e anche la sua cultura sul prodotto, comunque è estremamente polarizzata sulla sportività. Qualsiasi prodotto Ducati tendenzialmente ha comunque un carattere molto sportivo. Il che da un lato crea una forte identità di brand e di prodotto ma dall’altro polarizza anche molto il brand. Quindi, per semplificare, non tutti quelli che amerebbero il brand Ducati si ritrovano in sintonia con un prodotto così polarizzato e così sportivo.

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SC – Infatti vale anche per KTM: fa “paura” a molta gente

Esatto, vale anche per KTM, con una origine diversa quindi fuoristrada, ready to race, con un tipo di aggressività nel modo di comunicare (nel senso buono del termine eh) diverso da quello di Ducati, ma comunque polarizzato e polarizzante. Poi c’è BMW che è un Brand che non ha questa forte polarizzazione, però ha un’identità made in Germany; quindi, trasmette in automatico l’idea di qualità e affidabilità però forse non è un brand così eccitante di sua natura. In realtà io penso che il brand Triumph sia perfettamente in equilibrio: da un lato è un brand razionale, un brand britannico dal quale ci si aspetta una certa affidabilità e una certa qualità, dall’altro ha dei valori diciamo intangibili di lifestyle, emozionali o di heritage. Chiamiamola eleganza, o stile elementi che riescono a trasmettere una forte identità emozionale, che non è quella racing del brand arancione o del brand rosso, ma è un’identità abbastanza unica che non ha nessun’altro. Quindi, secondo me, in questo senso non è che l’essere premium si sovrappone con un’identità polarizzata, un brand premium può avere varie sfaccettature, e in questo, secondo me, Triumph ha un ottimo equilibrio, offrendo un buon compromesso tra la parte razionale e la parte emotiva senza essere polarizzato verso nessuna delle due.

SC – Anticipi un po’ una mia considerazione. Quello che si è visto chiaramente durante l’ultima EICMA, ma più in generale nell’ultimo anno, è un l’arrivo in massa dei brand cinesi che nel segmento del cosiddetto “value for money” possono fare male a tutti. Devo dire che purtroppo vedo i Giapponesi un po’ in difficoltà perché non hanno una forte identità di marca e ecco si, in questo caso forse Triumph può giocare una carta migliore. Quando vai a lottare nel “value for money”, questi (i brand cinesi ndr) fanno male e in una certa fascia di prezzo, in questo momento, forse non è più così importante avere un brand, è importante andare in moto.

AB – Beh, in realtà ti contraddico su quest’ultima affermazione. Perché dentro questo nuovo trend, che va comunque analizzato perché, secondo me, uno scossone così non c’è mai stato negli ultimi anni, c’è stato un movimento tellurico che ha cambiato la geografia dei brand con la crisi del 2009, dove alla fine in realtà il mercato si è più che dimezzato. Però in tutto questo i volumi dei marchi premium sono rimasti più stabili dei volumi dei marchi value for money. Però si, è in atto una piccola rivoluzione.

SC -Neanche tanto piccola in realtà…AB – Esatto, probabilmente non è piccola ed è solo all’inizio. Però non è vero che il brand non è importante.

SC: attenzione, io ho detto in una certa fascia di prezzo

Appunto, e ti aggiungo che anche in una fascia di prezzo bassa, il brand in realtà è fondamentale se guardi al successo, per esempio, dei cosiddetti “Italian Sounding”, “British sounding”, che sono fondamentalmente prodotti cinesi o indiani value for money ma sul serbatoio portano nomi importanti:  Benelli, Moto Morini, Royal Enfield e qualche altro. In questo senso, il successo dell’offerta cinese è arrivato probabilmente grazie al branding; non che CF moto non venda, anzi, tuttavia Benelli e Morini hanno avuto una accelerazione straordinaria.

SC – Esatto e adesso Morini vuole anche crescere e posizionarsi più in alto.

 Si, ma fanno anche dei prodotti con molto appeal dal punto di vista estetico, poi li bisogna fare secondo me una serie di distinzioni. Allora, la prima è che dietro a un prodotto da 5.000 euro c’è comunque un valore motociclistico dinamico da 5.000 euro, cioè quando tu guidi quelle belle accattivanti moto cinesi con brand italiani, comunque, ti accorgi che l’esperienza motociclistica e dinamica non è la stessa di moto che appartengono ad altre categorie di prezzo che è anche giusto. In questo senso, secondo me, queste moto allargano il mercato motociclistico, e lo dicono i dati a cui poi torniamo, nel senso che alla fine è un prodotto appealing, accessibile, molto facile e fa “entrare” nel nostro mondo motociclisti che magari prima non sarebbero entrati. Vero che possono essere quelli che prima compravano l’usato, ma a sto punto si comprano un nuovo, parlo di un pubblico che magari è attratto dalla motocicletta ma in qualche modo non ha un livello di passione così alto, indipendentemente dal fatto che abbia o meno una certa disponibilità economica. Come quando io ho iniziato a fare downhill, all’inizio mi sono preso una front con il classico pensiero “per quel che devo fare io va più che bene” Il venditore però mi ha detto: “guarda che tu fra sei mesi torni”. Mi sembrava l’avesse sparata grossa. Poi però diventi più competente, ci prendi la mano e a quel punto io sono tornato da lui dopo quattro mesi e non sei. Quindi, in questo senso, per il nostro mondo, questa è comunque un’occasione per allargare il mercato e allargare il numero clienti che poi crescendo di competenza e di maturità motociclistica possono fare scelte di prodotti un po’ più sofisticati.

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Triumph Rocket III

SC – Esatto, quindi meglio stare un po’ più “alti”, se fai la battaglia sul prezzo con loro non puoi vincere

 Ma non è una battaglia sul prezzo questa, è una lotta che attraverso il prezzo propone un prodotto da un punto di vista dinamico molto modesto e quindi adeguato al prezzo. Il che non è niente di male, ma prima tutti questi prodotti modesti non c’erano. Quindi non c’era solo questo tipo di prodotto con quel prezzo, non c’era neanche quel tipo di prodotto con quella modestia ma comunque gradevole, diciamo, esperienza dinamica. Quindi secondo me questo fenomeno innanzitutto ha fatto crescere il mercato Italiano, che è uno dei pochi mercati europei in crescita. Perché naturalmente quell’ Italian sounding di cui ti parlavo, da noi ha dato un’accelerata alle vendite molto importante, senza dubbio più importante di quanto abbia fatto sui mercati europei. Perché in Europa quei marchi deve costruire la rete, trovare gli importatori eccetera. Crearsi una in Italia in questo senso è molto più facile.

Vuoi un esempio? Tra il 2021 e il 2022, questo segmento di mercato dove io metto dentro i marchi “British sounding” , e gli “iitalian sounding”, parliamo di moto sopra i 500 cc perché sotto i 500 è un altro sport, beh in questo segmento questi marchi più altri come CFMoto, Voge eccetera sono passati dallo 0.9% di quota di mercato che avevano nel 2021 all’8,7-8,8%. 8,8% di quota di mercato. In Italia questa è una quota da top 5, pensa che noi (Triumph NDR) siamo all’8 e siamo quarti, davanti a noi c’è Ducati che è al 12-13%. Quindi questi marchi in un solo anno sono stati protagonisti di una crescita che se tu la metti in qualsiasi business plan ti dicono “tu sei pazzo”. Quindi, è evidente che hanno cambiato le regole del gioco con un’offerta di valore e prezzo inedita e non solo hanno fatto questo balzo, ma senza di loro il mercato sarebbe sceso. Quindi hanno generato anche la crescita del mercato.

SC – Quindi tu la vedi come un’opportunità. Nel senso: questi mi portano nuovi motociclisti e poi al “secondo giro” possiamo entrare noi.

Ma lo vediamo già, perché comunque il TRK è da un po’ che si vende. Tanti clienti della TRK, e questo lo rileviamo nelle nostre conversazioni nei panel, una volta che hanno dentro “il virus della moto”, questo si sviluppa. La conseguenza è che vengono da noi, come da altri produttori di moto un po’ più sofisticate e con un po’ più di tecnologia.

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Triumph Speed Triple RR

C’è poi anche un altro aspetto da non sottovalutare, ma questo lo pongo anche a te sotto forma di domanda. Finché mi metti su una moto un motore tendenzialmente poco performante, un po’ obsoleto, pensato per durare tanto e fare un mestiere che è a cavallo tra il leisure e il trasporto in questo caso posso attingere a una produzione Cinese o Indiana godendo di una economia di scala sconosciuta fino ad oggi alle moto. Perché in quei Paesi magari costruiscono e vendono quattro-cinquecentomila moto con quel tipo di motore. Quindi quando quel motore lo metto su un prodotto pensato, costruito, designato, brandizzato per il mercato europeo, ho un vantaggio straordinario di costi.

Però poi ora la sfida è un’altra e lo vediamo a breve perché il movimento è già in corso. Ovvero, quando io, produttore cinese devo, creare un prodotto specifico per il mercato occidentale ovvero un prodotto che sia tecnologico, sofisticato, performante, dinamico… beh io a quel punto devo attingere alla stessa componentistica da cui attingono gli altri costruttori. E quindi non ho più quell’economia di scala che mi permette di fare una proposta inedita. Ecco che quinti sarà un po’ più difficile fare questo passaggio ulteriore. Però te lo dico qualcuno questo passaggio lo ha già nelle sue corde perché ci sono già due o tre produttori che si stanno muovendo in quella direzione, saltando a piè pari l’offerta value for money e cercando di andare subito a livello alto.

SC – Si, solo che secondo me in quel segmento poi si gioca un altro sport

Eh sì, quello è proprio un altro sport. E non è così scontato riuscire nell’impresa, perché ci vuole competenza. Però la competenza te la puoi comprare. E parlo di competenza ingegneristica o di design. Ad esempio se prendi i designer italiani sono tutti sparsi per il mondo, tra quelli che conosco personalmente e quelli che ho sentito sono tutti in India, in Cina… Quindi come ti compri la competenza sullo stile ti compri anche la competenza ingegneristica non è che in giro manchi questa cosa qua.

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Triumph con ruota anteriore da 21

SC – In effetti è proprio così, anche perché io vedo che i marchi del far east alla fine fanno lavorare aziende italiane o europee, perché molti cinesi per accreditarsi sulle loro moto montano Brembo, Pirelli, Bosch, e quindi alla fine lavora per loro anche l’Europa. Diciamo che a noi torna un po’ indietro qualcosa a livello di produzione e vendita di tecnologia. Quello che ho visto è che i vari marchi stanno reagendo in modi differenti. C’è ad esempio chi si vuole alzare ancora il livello e dice: ok, io con questi non voglio avere niente a che fare, faccio solo moto premium, partirò da un certo livello di cilindrata e non mi metto neanche a giocare con loro. Quindi seguendo il tuo discorso di prima arriverai dopo due o tre giri a prendere le moto di quel brand. Oppure non ci arriverai mai. E poi c’è chi come qualche costruttore giapponese li sfida apertamente, vedi ad esempio Honda, che con la Hornet gli è andata addosso.

Beh il tema della strategia dei Giapponesi è interessante perché effettivamente loro in una maniera diversa sono sempre stati i player che hanno offerto al mercato motociclistico un prodotto Value for Money

SC – Già, però adesso non sono più da soli.

Adesso si, può darsi che in prima istanza, i costruttori giapponesi siano quelli che devono un attimino ridisegnare la lor strategia in funzione di questa novità. Va detto anche che il triennio covid in qualche modo li ha un po’ penalizzati, perché i costruttori giapponesi sono quelli che comunque hanno sofferto un po’ più degli altri nella disponibilità prodotto, nella supply chain. Insomma diciamo che hanno avuto un po’ più di difficoltà degli altri a reagire in modo veloce al cambiamento di scenario. Cambiamento di scenario che invece ha facilitato per esempio noi, perché comunque se torniamo al 2019 quello italiano era un mercato molto solidificato nelle posizioni. Parlando di quote di mercato, era molto difficile e costoso guadagnare posizioni, proprio perché c’era una lotta molto serrata. Il terremoto del Covid in qualche modo ha reso più liquido questo mercato e li se sei veloce, intraprendente e agile guadagni e noi abbiamo fatto un po’ questa cosa.

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Triumph Tiger Nights

Per spiegarmi meglio: avevamo già un’ottima gamma, un ottimo brand, un ottimo prodotto ma tutto questo non esprimeva ancora le sue potenzialità commerciali in Italia. Noi dal punto di vista della rete, del marketing, di tutto quello che abbiamo fatto nel triennio del Covid, siamo in qualche modo riusciti ad approfittare, e infatti dal 2019 al 2022 siamo cresciuti del 60% di volume quindi abbiamo aumentato del 60% i clienti italiani di Triumph e siamo comunque a metà del guado delle nostre misurate e legittime ambizioni, cioè non quelle propagandistiche “noi arriviamo, faremo, diventeremo…” no, diciamo che entro metà del 2024 noi vorremmo trasformare questo +60% rispetto al 2019 in un +100%. E abbiamo gli ingredienti per farlo, poi se ce la faremo dipenderà da mille cose. Però c’è un sostanziale potenziale di Triumph che non era sfruttato e che adesso stiamo mettendo a terra, anche perché adesso abbiamo l’8% di quota nel mercato over 500, che è esattamente la quota media che ha Triumph nel mondo. Quindi noi abbiamo colmato il gap rispetto ai mercati mondiali. Adesso dobbiamo fare lo step di eccellere.

SC – E quell’accelerazione? Parliamo del fuoristrada a questo punto. Arriva anche da quello?AB – Arriva anche da quello seppur in modo marginale. Se pensiamo ai volumi in senso stretto, in senso di volumi arriva dallo sviluppo della gamma sopra i 500, quindi nei tre segmenti in cui siamo presenti: Naked, Dual Adventure e Modern Classic, li infittiamo, cioè rendiamo l’offerta più fitta e quindi più verticale e orizzontale, sia in termini di motorizzazione che in termini di funzione e abbiamo delle cose interessanti che, secondo noi, sono una buona interpretazione del trend del mercato futuro in quel segmento. Poi, però, arriveranno soprattutto le piccole cilindrate quindi le moto sotto i 500 cc  dove abbiamo l’ambizione e la presunzione di arrivare in quel segmento cambiando un pochettino le regole, nel senso che oggi le moto di piccola cilindrata, su cui potremmo intrattenerci un’ora perché c’è un’esplosione, beh quel mercato è raddoppiato nel giro di un anno e qua potremmo tornare a discutere su come l’industria ha in qualche modo fallito nella sua convinzione che il cliente diventava sempre più vecchio. La verità è che l’industria non si è accorta di non aver creato un’offerta. Non c’è il cliente e quindi non faccio una moto.

SC – Esatto, ma se non gli offri niente al cliente nessuno viene. È lo stesso discorso che facevo prima

AB – E la prova è in questo mercato che è raddoppiato. È un mercato da trentamila moto quello sotto i 500 fino a qualche anno fa era un mercato da sette, otto, novemila moto… però tornando a bomba al tema dopo che mi sono perso nell’inciso, noi abbiamo questa presunzione e ambizione di arrivare nel segmento delle moto di piccola cilindrata e di cambiare le regole del gioco. Nel senso, non è scontato che tu su una moto di piccola cilindrata debba per forza sentirti su una moto piccola. Tu potresti anche avere l’opportunità di sederti su una piccola cilindrata ma avere un’esperienza da moto gande, quindi un’esperienza più competente. È un termine un po’ strano ma credo renda l’idea. E questa è un po’ la sfida che noi ci poniamo con le piccole che a livello di volumi, per tornare alla tua domanda, comunque fanno di più di quanto faccia il mondo Enduro e Offroad che comunque in Italia non è un mercato enorme, è un segmento che vale tra le cinque e le seimila moto. Tra le cinque e le seimila dico perché la parte cross è stimata. Tra quelle cinque e seimila moto di tutte le cilindrate dai 250 ai 500, 510 con quello che ci sta in mezzo noi abbiamo visto che è più o meno 45% di cross e un 55% del resto. Però ecco, secondo me l’occasione che Triumph ha con il segmento del cross e delle enduro, con tutti i campionati mondiali AMA e americani che ci portiamo dietro, è un’occasione di immagine. Secondo me abbiamo l’occasione di evolvere il brand in una direzione sportiva, dinamica, più giovane e quindi è un’ottima occasione per aggiungere a questo brand un po’ di grinta che oggi non abbiamo più di tanto. Vero è che nel racing forniamo di motori la Moto2 però non siamo direttamente coinvolti. Ecco quindi non è decisivo in termini di volumi però lo sarà in termini di immagine, perlomeno per il mercato italiano. Parlando di mondo, invece, è decisivo per il mercato americano, per i mercati anglosassoni, lo è anche per la Germania. Però diciamo in Italia Cross/Enduro non è un segmento che ti cambia.

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Triumph Cross enduro Ricky Carmichael

SC – Ok, però da niente ad averle cambia, o no?AB – No no certo che cambia, è aggiuntivo, è sicuramente aggiuntivo però nel balzo che noi abbiamo in mente, la quota parte dell’offroad è significativa ma non decisiva.

SC – Argomento a te caro: cordoli e asfalto. Ti manca un po’ la pista?AB – Tu adesso parli a livello personale

SC – Si certo, so quanto sei appassionato e scommetto che a te piacerebbe avere un prodotto Triumph che permetta se non di correre almeno di girare in pista

Diciamo che in modo diverso la Street Triple in particolare che adeso andiamo a provare, è una moto che in pista può dare molte soddisfazioni. Mi dispiace che non proveremo la Moto2, perché i semi manubri su quella moto li secondo me sono una bomba in pista la guida cambia tanto. No, secondo me abbiamo moto sportive adatte al momento, come le Street Triple, le Speed Triple e aggiungo anche la Speed Triple RR che abbiamo provato insieme a Ronda. Sono moto che pur non essendo delle supersportive specialistiche sono abbastanza specializzate per dare soddisfazione a utenti sportivi competenti e mediamente abili senza darti quella montagna di cavalli, di elettronica e di sofisticazione che ogni tanto è un po’ ridondante e si rivolge solo a una nicchia di clienti.

SC – A tal proposito, mi apri la porta a una domanda e poi dopo concludiamo. Tendenze che stanno arrivando e che io sto notando parlando anche con dei tuoi colleghi che mi dicono: tornerà il custom. E sicuramente, ma questo si sta già vedendo, torneranno le sportive carenate più semplici. Parlo di Yamaha R7, Aprilia RS 660, KTM 990 che sono in “lavorazione”. Insomma sembra che si stia andando in quella direzione. Pare che le superbike replica, moto superestreme, ormai siano troppo estreme (e costose ndr) e quindi siano destinate anche per motivi omoogativi ad andare solo in pista. Però i motociclisti hanno ancora voglia di semi manubri e carena. Voi potreste avere una buona base per fare una moto così che, attenzione, non è la Sport Touring.

AB – sulle sportive piccoline sono d’accordo con te e con quello che dicono i miei colleghi sono convinto che stanno tornando ma devo dire che Aprilia con la RS660 ha dimostrato che il mercato di queste moto esiste. Lei è stata un po’ la prima, ha rotto il ghiaccio, in questo senso sono stati anche audaci perché non era detto che i numeri dei file Excel giustificassero quegli investimenti, invece hanno fatto un bel prodotto, che ha molto appeal e appunto è finalmente una sportiva semplice, accessibile, facile. Insomma una moto che non devi fare un corso di ingegneria per regolarla.

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SC – Esatto, se vuoi andare a fare il Track day vai e ti diverti.AB – Ma questo in fondo è un ciclo, siamo arrivati con le supersportive vere a un livello tale, dai lo sai perfettamente, oggi tu ti compri al concessionario una moto che sei anni fa poteva fare un mondiale superbike. Quindi è evidente che un prodotto del genere sia diventato troppo specialistico. La naturale conseguenza di un eccesso di polarizzazione, tornando al discorso di prima, apre il campo invece a un ritorno della semplicità. Quindi sono abbastanza d’accordo che nel segmento delle sportive easy c’è potenziale e li potremmo noi arrivare con una eventuale proposta. Sul custom onestamente no, io non ho indizi sul fatto che il custom, che non è mai stato un segmento significativo in Italia.

SC – Non negli ultimi anni di sicuro ma in passato lo è stato eccome. E io c’eroAB – e quando è stato significativo in Italia?

SC – Anni 90, fine anni 80. Honda Shadow 600, Yamaha XV535 Virago, ce ne erano in giro tantissime, le vendevano come le patatine. Parlo di quel genere di custom, attenzione, non delle maxi cruiser, un segmento un po’ lasciato “vuoto” dalla dipartita della H-D 883. Infatti non credo sia una caso che Royal Enfield abbia scelto il mondo cruiser per la sua Super Meteor 650. Poteva fare una naked ma ha fatto una cruiser. Poi c’è Morini che sta lavorando a una piccola cruiser. Honda CMX 500 e 1100, comunque c’è un po’ di movimento in quell’area.

Non so a me resta qualche perplessità, nel senso che oggi nessuno, secondo me, ha indicatori che succeda questa cosa qua. E anche a cercarli non li vedo e anche a inventarli non li vedo e poi, comunque, non c’è un costruttore che oggi investa per progettare, industrializzare un custom, non ci credo che questo costruttore giustifichi gli investimenti con il mercato americano. Non ci credo. Cioè che non giustifichi quasi esclusivamente con le entrate o un successo sul mercato americano, dubito onestamente. Quindi anche la Morini, se la Morini sta facendo un custom lo sta facendo per entrare negli Stati Uniti.

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Triumph Rocket III motore

SC – Si beh, Morini ha aperto uffici a Los Angeles, quindi…AB – Non lo sapevo neanche

SC – Si, apriranno la filiale a Los AngelesAB -Ecco secondo me lo stanno facendo per quello, per entrare nel mercato degli Stati Uniti

SC – Io direi che ci siamo detti più o meno tutto, ultima domanda, dicci quando arrivano le cross e le enduro così almeno siamo felici.AB- La risposta ufficiale dire che è nell’arco del 2024 dovrebbero arrivare

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