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Tesla, il titolo precipita. Torna sotto 500 miliardi e la colpa è anche di Musk

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Tesla, il titolo precipita. Torna sotto 500 miliardi e la colpa è anche di Musk

Tesla mai così in basso da novembre 2020, quando era in piena ascesa. Il 2022 si conferma un anno molto difficile, come per molti altri nel mondo automotive, alle prese con costi esorbitanti delle materie prime e difficoltà sulle supply chain. La casa di Austin, Texas, ha perso oltre il 53% del suo valore, il 40% dalla fine di settembre contro un + 12% dell’indice S&P500. Il titolo ha perso nella seduta di martedì fino al 6,5% a 156,9 dollari scendendo sotto i 500 miliardi di capitalizzazione. Soltanto ai primi di aprile Tesla valeva oltre un trilione.

Anche per questo il ceo Elon Musk, che detiene circa il 25% di azioni e opzioni, qualche giorno fa ha temporaneamente perso la prima posizione nella classifica delle persone più ricche del mondo (nel Bloomberg billionaires index) a vantaggio del patron di Lvmh, Bernard Arnault. Al momento Musk è di nuovo in sella, 168 miliardi di patrimonio personale contro 167, ma ne ha persi ben 103 quest’anno.

Perché il titolo affonda? C’entrano sicuramente il superdollaro e il robusto aumento dei rendimenti a lungo termine negli Stati Uniti per i rialzi dei tassi decisi dalla Fed. Pesano su questo inizio di settimana nero anche le notizie smentite ma comunque trapelate dalla Cina sul taglio di produzione del 20% nella gigafactory di Shanghai a dicembre, dopo avere tra l’altro toccato un record di 100mila unità prodotte a novembre grazie all’allentamento della stretta dei lockdown. Calo della domanda è l’indicibile, ma è indubbio che perfino Tesla stia accusando la crescita vertiginosa dei brand concorrenti cinesi, su tutti BYD, che domina il mercato del Dragone sommando ibride ed elettriche pure con il 30% delle quote di mercato. Nelle ultime settimane il marchio made in Usa ha tagliato proprio in Cina i prezzi dei suoi modelli più venduti (Model 3 e Model Y) per avvicinarsi a quelli dei competitor. Ed ha spinto offrendo polizze assicurative.

Ma anche Musk è in buona parte responsabile di questa caduta verticale del valore della sua creatura a quattro ruote. Molto se non tutto è cominciato quando in aprile ha avanzato l’offerta da 44 miliardi per fare suo il social del microblogging Twitter, a lui molto caro visto che lo ha trasformato in un potente strumento di comunicazione industriale e personale e dove vanta addirittura 121 milioni di follower. L’impressionante spostamento di risorse nella battaglia per conquistare Twitter non è stato preso bene dal mercato, vista la quota azionaria del ceo in Tesla. E il titolo ha iniziato a perdere velocemente quota.

Il rally estivo è stato soltanto un’illusione perché la ripresa delle ostilità, l’apertura di un’indagine federale per la sua condotta nell’operazione e poi a fine ottobre la chiusura della stessa hanno coinciso con la discesa a precipizio della capitalizzazione di quella che resta tuttora la casa costruttrice di maggior valore sui mercati. Toyota è seconda a circa 200 miliardi, Porsche e proprio BYD seguono a 100 miliardi.

Musk con le sue decisioni discusse come i licenziamenti di massa a Twitter, poi in parte rimangiati, lo smantellamento (proprio oggi, via mail) dei 100 esperti del comitato per la sicurezza e la fiducia del social – creato nel 2016 per affrontare temi scottanti come i discorsi di odio, la propaganda terroristica, lo sfruttamento minorile – e gli endorsement politici altalenanti, sta ponendo un problema di reputazione per sé che finisce per ricadere anche sul brand Tesla. Nomi come Stephen King (che ha una Tesla) o il nobel Paul Krugman lo hanno criticato duramente. E perfino una pop star come Alyssa Milano ha scritto, proprio su Twitter, che aveva venduto la sua Tesla per protesta, passando a una Volkswagen. Elettrica.

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