Tesla, il titolo precipita. Torna sotto 500 miliardi e la colpa è anche di Musk
Anche per questo il ceo Elon Musk, che detiene circa il 25% di azioni e opzioni, qualche giorno fa ha temporaneamente perso la prima posizione nella classifica delle persone più ricche del mondo (nel Bloomberg billionaires index) a vantaggio del patron di Lvmh, Bernard Arnault. Al momento Musk è di nuovo in sella, 168 miliardi di patrimonio personale contro 167, ma ne ha persi ben 103 quest’anno.
Perché il titolo affonda? C’entrano sicuramente il superdollaro e il robusto aumento dei rendimenti a lungo termine negli Stati Uniti per i rialzi dei tassi decisi dalla Fed. Pesano su questo inizio di settimana nero anche le notizie smentite ma comunque trapelate dalla Cina sul taglio di produzione del 20% nella gigafactory di Shanghai a dicembre, dopo avere tra l’altro toccato un record di 100mila unità prodotte a novembre grazie all’allentamento della stretta dei lockdown. Calo della domanda è l’indicibile, ma è indubbio che perfino Tesla stia accusando la crescita vertiginosa dei brand concorrenti cinesi, su tutti BYD, che domina il mercato del Dragone sommando ibride ed elettriche pure con il 30% delle quote di mercato. Nelle ultime settimane il marchio made in Usa ha tagliato proprio in Cina i prezzi dei suoi modelli più venduti (Model 3 e Model Y) per avvicinarsi a quelli dei competitor. Ed ha spinto offrendo polizze assicurative.
Il rally estivo è stato soltanto un’illusione perché la ripresa delle ostilità, l’apertura di un’indagine federale per la sua condotta nell’operazione e poi a fine ottobre la chiusura della stessa hanno coinciso con la discesa a precipizio della capitalizzazione di quella che resta tuttora la casa costruttrice di maggior valore sui mercati. Toyota è seconda a circa 200 miliardi, Porsche e proprio BYD seguono a 100 miliardi.
Musk con le sue decisioni discusse come i licenziamenti di massa a Twitter, poi in parte rimangiati, lo smantellamento (proprio oggi, via mail) dei 100 esperti del comitato per la sicurezza e la fiducia del social – creato nel 2016 per affrontare temi scottanti come i discorsi di odio, la propaganda terroristica, lo sfruttamento minorile – e gli endorsement politici altalenanti, sta ponendo un problema di reputazione per sé che finisce per ricadere anche sul brand Tesla. Nomi come Stephen King (che ha una Tesla) o il nobel Paul Krugman lo hanno criticato duramente. E perfino una pop star come Alyssa Milano ha scritto, proprio su Twitter, che aveva venduto la sua Tesla per protesta, passando a una Volkswagen. Elettrica.