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Tesla – La rivoluzione Cybertruck vista da vicino

tesla – la rivoluzione cybertruck vista da vicino

Tesla – La rivoluzione Cybertruck vista da vicino

Inseguo il Cybertruck da quando è nato, da quell’ormai lontanissimo 22 novembre 2019, quando il pick-up è stato presentato in pompa magna. Tanto strano quanto rivoluzionario, questo mezzo ha appassionato milioni di car guy, principalmente per le sue forme. Pochi giorni fa l’ho finalmente potuto toccare con mano nel Tesla Center di Verona, scoprendo di che pasta è fatto. Ricredendomi su molte cose e stupendomi di altre.

No logo. Per prima cosa, non m’ha dato l’impressione di essere mastodontico come m’immaginavo. lungo 5.683 mm (sì, cinque metri e settanta), ma le sue forme monolitiche dissimulano la stazza. Proprio il look squadrato lo rende un oggetto unico nel suo genere, un veicolo che non ha bisogno di presentazioni. Ciò ha portato la Tesla a non inserire da nessuna parte il proprio logo, limitandosi a scrivere “Cybertruck” in alcune zone nascoste, senza mai riportare il marchio della T. D’altronde è inconfondibile.

I numeri. L’esemplare su cui sono salito (senza poterlo guidare) era un Cyberbeast, la punta di diamante della gamma. la versione Tri-Motor (con due propulsori elettrici al posteriore e uno all’anteriore), pesa 3.104 kg, mette sul piatto 850 CV circa e promette numeri da sportiva: 0-100 in 2,6 secondi e 209 km/h di velocità massima. Con 515 km d’autonomia, che salgono a 708 se nel cassone si installa il “range extender”, una batteria supplementare.

Arriva in Italia? Le lamiere esterne d’acciaio inossidabile non verniciato sono belle da vedere e pure da toccare, anche se m’aspettavo bordi più levigati. E, a dirla tutta, pensavo che le “ditate” fossero meno evidenti. Particolari da nerd del dettaglio. Che, come me, una volta aperta la portiera con l’apposito tasto nascosto nel montante centrale noteranno pure il rivetto applicato all’acceleratore per fissarlo a seguito di un richiamo sulla sicurezza diramato negli Stati Uniti. Unico mercato, peraltro, dove il Cybertruck viene attualmente venduto: la sola comunicazione riguardo un eventuale arrivo in Italia è un laconico “no comment”.

La tecnologia. Oltre che per design e prestazioni, il Cybertruck è un modello estremamente interessante anche per la sua tecnologia. E non parlo dell’Autopilot o dell’enorme schermo da 18,5″ a 60Hz (con risoluzione 2.560×1440) presente all’interno dell’altrettanto enorme abitacolo (salire sul posto di guida non è semplicissimo se l’assetto non è nella posizione più bassa), ma di quello che si nasconde sotto gli strati d’acciaio della carrozzeria. A partire dal telaio composto da sole tre parti principali: batteria strutturale e due “scheletri”, anteriore e posteriore, ricavati con la tecnica del Gigacasting, una pressofusione che semplifica drasticamente la produzione. Poi ci sono la rete dati Ethernet (che sostituisce il classico Can-Bus per semplificare la complessità del cablaggio), i sistemi ausiliari a 48 volt che mettono in soffitta la batteria al piombo a 12 volt) e la novità più importante di tutte, lo sterzo by-wire. Che s’era già visto in ambito automotive, ma mai era stato privo di una connessione fisica di backup tra ruote e volante. Dettaglio, quest’ultimo, pensato dagli altri costruttori per garantire un’elevata sicurezza in caso di malfunzionamento. Un “problema” che la Tesla ha risolto con la ridondanza: ci sono due diversi attuatori elettrici (più un terzo sull’asse posteriore), che vengono controllati da ben tre centraline. Un sistema fail-safe che, se le regolamentazioni al di fuori degli Stati Uniti lo consentiranno, potrebbe diventare un nuovo standard in ambito automotive.

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