Tesla – La rivoluzione Cybertruck vista da vicino
No logo. Per prima cosa, non m’ha dato l’impressione di essere mastodontico come m’immaginavo. lungo 5.683 mm (sì, cinque metri e settanta), ma le sue forme monolitiche dissimulano la stazza. Proprio il look squadrato lo rende un oggetto unico nel suo genere, un veicolo che non ha bisogno di presentazioni. Ciò ha portato la Tesla a non inserire da nessuna parte il proprio logo, limitandosi a scrivere “Cybertruck” in alcune zone nascoste, senza mai riportare il marchio della T. D’altronde è inconfondibile.
I numeri. L’esemplare su cui sono salito (senza poterlo guidare) era un Cyberbeast, la punta di diamante della gamma. la versione Tri-Motor (con due propulsori elettrici al posteriore e uno all’anteriore), pesa 3.104 kg, mette sul piatto 850 CV circa e promette numeri da sportiva: 0-100 in 2,6 secondi e 209 km/h di velocità massima. Con 515 km d’autonomia, che salgono a 708 se nel cassone si installa il “range extender”, una batteria supplementare.
La tecnologia. Oltre che per design e prestazioni, il Cybertruck è un modello estremamente interessante anche per la sua tecnologia. E non parlo dell’Autopilot o dell’enorme schermo da 18,5″ a 60Hz (con risoluzione 2.560×1440) presente all’interno dell’altrettanto enorme abitacolo (salire sul posto di guida non è semplicissimo se l’assetto non è nella posizione più bassa), ma di quello che si nasconde sotto gli strati d’acciaio della carrozzeria. A partire dal telaio composto da sole tre parti principali: batteria strutturale e due “scheletri”, anteriore e posteriore, ricavati con la tecnica del Gigacasting, una pressofusione che semplifica drasticamente la produzione. Poi ci sono la rete dati Ethernet (che sostituisce il classico Can-Bus per semplificare la complessità del cablaggio), i sistemi ausiliari a 48 volt che mettono in soffitta la batteria al piombo a 12 volt) e la novità più importante di tutte, lo sterzo by-wire. Che s’era già visto in ambito automotive, ma mai era stato privo di una connessione fisica di backup tra ruote e volante. Dettaglio, quest’ultimo, pensato dagli altri costruttori per garantire un’elevata sicurezza in caso di malfunzionamento. Un “problema” che la Tesla ha risolto con la ridondanza: ci sono due diversi attuatori elettrici (più un terzo sull’asse posteriore), che vengono controllati da ben tre centraline. Un sistema fail-safe che, se le regolamentazioni al di fuori degli Stati Uniti lo consentiranno, potrebbe diventare un nuovo standard in ambito automotive.