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Ritorno alla DeLorean, l'auto del "futuro"

Una volta sono salito su una DeLeorean, e a due passi da me c’era Cristina D’Avena. No, non sto scherzando, era un evento amarcord e quella era veramente la situazione. Per chi ha vissuto gli anni ’80 da bambino o da ragazzo, sa bene di cosa stiamo parlando. E in fin dei conti, anche se la DeLorean DMC-12 rappresenta uno dei maggiori fallimenti del mercato automobilistico nella storia, dopo l’auto progettata da Homer Simpson nella celebre serie d’animazione, non possiamo negare abbiamo desiderato farci un giro. Almeno una volta nella nostra vita. Non tanto per le sue prestazioni – che al massimo possono farci viaggiare soltanto indietro nel tempo – ma per ciò che contribuisce a tenere in vita: quell’inestirpabile nostalgia per i ruggenti anni ’80.

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Progettata da John Z. DeLorean, dirigente acclamato e silurato della General Motors nato nella città simbolo dell’industria automobilistica statunitense, Detroit, e con la preziosa collaborazione di Giorgetto Giugiaro, la DMC-12 della sfortunata scuderia di DeLorean è stata definita nel corso del tempo un’automobile da “pazzi”. Futuristica e coraggiosa quanto “difettosa”, ispirata in parte alla Lotus Esprit dalla quale trasse più di qualche pezzo, è passata alla storia per essere stata l’auto sportiva in acciaio inossidabile più pesante di sempre.

Annunciata nel 1977, due anni dopo la fondazione della DeLorean Motor Company, venne pubblicizzata con aspettativa sui depliant e i cataloghi sfogliati da tutti i futuri yuppies d’America, si pensava che la DeLorean fosse stata minuziosamente progettata ed elaborata ma quando fu presentata al pubblico nel gennaio 1981, nonostante le sue linea piatta e i suoi interni super lusso, i suoi sportelli con apertura ad ali di gabbiano e la cromatura scintillante che accompagnava quel cuneo con le ruote, qualcuno si rese immediatamente conto che non era precisamente andata così. Allo stesso tempo qualcun altro dovette convenire che forse, acquistare addirittura un esemplare placcato in oro a 24 carati, commercializzato ad 85mila dollari del tempo (oltre 220mila dollari di oggi, ndr), sarebbe stato decisamente uno sbaglio. Almeno fino al 1985.

Quando sarebbe arrivato il momento di chiedersi: “Un momento Doc.. mi stai dicendo che hai costruito una macchina del tempo con una DeLorean?”. Ce lo siamo domandati tutti col tempo, non soltanto il mitico Marty McFly interpretato dal grande Michael J. Fox. E la risposta è sempre stata più semplice di quanto si pensasse. Perché il regista Robert Zemechis, dovendo pensare ad un’auto – non ad un elettrodomestico come suggeriva in un primo momento la sceneggiatura originale – alla fine fece ricadere la scelta su una macchina decisamente particolare, dalle linee estremamente futuristiche e, come suggerisce la prima riga, della prima pagina, del primo capitolo di ogni manuale da abile e spietato conoscitore dello showbiz: era sulla bocca tutti. Dal momento che al momento dell’uscita del primo capitolo della fortunata saga, 1985, J. DeLorean era al centro di una chiacchierata vicenda giudiziaria.

La DeLorean Motor Company produsse in Irlanda solo 9.000 esemplari, tra il 1981 e il 1982. Poi, per vicissitudini che non vi racconteremo in questa sede, fallì. Lasciando ogni esemplare di DMC-12 al suo destino di “oggetto del desiderio” a quattro ruote di ogni fanatico degli anni ’80. Non è un caso se Parzival, il protagonista del realmente futuristico – oseremmo dire profetico – Ready Player One di Spielberg (adattamento del romanzo di Ernest Cline, ndr), sceglie proprio una DeLorean tra centinaia di migliaia di mezzi ruotati concessi da un mondo virtuale che dovrebbe essere la sublimazione assoluta del Metaverso.

Negli obiettivi di DeLorean, al quale hanno anche dedicato un film nel 2018, Driven – Il caso DeLorean, c’è sempre quello di creare automobili uniche, estremamente sicure e durevoli; ragion per cui aveva “scelto” l’acciaio inossidabile per la facile manutenzione della carrozzeria, un motore rotativo Wenkel per abbassare i consumi in un momento di crisi petrolifere, e l’inserimento del pionieristico AirBag. Tutte cose che rimasero sogni da progetto iniziale, irrealizzabile nella realtà. Lasciando l’ideale come unica vera qualità futuristica di quella bizzarra auto, prodotta per un solo unico anno, negli indimenticabili anni ’80.

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