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Motomondiale 2022, un campionato molto indonesiano

motomondiale 2022, un campionato molto indonesiano

Motomondiale 2022, un campionato molto indonesiano

Pecco Bagnaia e Augusto Fernandez hanno in comune due cose. La prima, il fatto di aver vinto un titolo mondiale nel 2022 (rispettivamente in MotoGP e Moto2). La seconda, è che rispondono allo stesso marchio di caschi. E come loro anche Enea Bastianini (terzo in MotoGP) e Dennis Foggia (medesimo piazzamento in Moto3).

Insomma, se la stagione 2022 ci ha lasciato qualcosa, è anche il segno del ritrovato strapotere indonesiano nei caschi racing. Ebbene sì, perché sia il marchio Kyt sia il marchio (ex italiano) Suomy sono controllati dalla PT Tara, colosso indonesiano nel settore dei caschi.

L’azienda, nata nei primi Anni 80 nelle vicinanze di Giacarta, e forte di una capacità produttiva di 2 milioni di pezzi all’anno, si è lentamente scrollata di dosso l’immagine di “terzista qualsiasi” sia riuscendo ad affermare prodotti propri (vedi Kyt) sia rilanciando brand impolverati ma con grande heritage nel mondo delle corse (Suomy) con la più vecchia ma efficace delle strategie. Ovvero, da un lato intercettando giovani piloti nei campionati minori, dall’altro proponendo contratti “pesanti” ai top rider per farli correre coi loro prodotti.

E dire che non è cosa semplice far cambiare idea ai protagonisti del motomondiale, in quanto il casco è un accessorio cui i piloti stessi si affezionano più che a ogni altra cosa. Insomma, vuoi per scaramanzia, vuoi per riconoscenza, difficilmente un pilota cambia casco nel corso della carriera. Si ricorda ancora oggi la fila dei brand asiatici fuori dal motorhome di Casey Stoner nei suoi anni d’oro. Ma l’australiano non cedette alle lusinghe economiche per restare fedele a chi, come Alberto Vergani (leggi: Nolan) aveva creduto in lui per primo, investendovi dei denari.

Fatto sta che, mai come in questo 2022, i marchi della PT Tara hanno oscurato brand decisamente più blasonati. Solamente in Moto3 si è imposto un pilota con un casco che non fosse riconducibile ai loro brand (vale a dire Izan Guevara, endorser di AGV). Una sorta di cambio di paradigma che indica come, anche nel mondo dei caschi, per lo meno nell’ambito del racing, l’asse del potere si sposta sempre di più verso il Far East.

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