Attualità

Mondo

Motori

Notizie

Top news

Ultime notizie

Il «duro» delle auto sfida l’America: salari migliori o blocchiamo Detroit

il «duro» delle auto sfida l’america: salari migliori o blocchiamo detroit

Shawn Fain dopo una discorso nella sede del sindacato a Warren, Michigan (Afp)

P er Joe Biden la battaglia per la rielezione si presenta come una corsa a ostacoli più dura del previsto. Non solo la perdurante popolarità di Donald Trump e l’handicap della sua età avanzata: i successi della Bidenomics, con l’avvio di grandi programmi d’investimento, la recessione fin qui evitata mentre i salari salgono e l’inflazione che finalmente scende, non sembrano impressionare l’elettorato che, anzi, nei sondaggi tende a dare un giudizio negativo sull’andamento di un’economia che, pure, in questa fase va meglio di quelle di Europa e Cina.

Ma Biden, che si autodefinisce «il presidente più vicino ai sindacati della storia americana» di certo non si aspettava di essere pugnalato dal leader di una delle union più potenti d’America: l’UAW (United Auto Workers), il sindacato dell’auto. Il suo nuovo presidente, Shawn Fain, eletto con procedure nuove direttamente dalla base degli iscritti dopo una serie di scandali che hanno travolto la vecchia dirigenza corrotta, ma che, in politica, aveva sempre funzionato da cinghia di trasmissione del partito democratico, ha imposto una svolta radicale: negoziato durissimo con le industrie automobilistiche di Detroit con richieste molto pesanti(un aumento retributivo del 46 per cento e settimana lavorativa ridotta a 32 ore) e la minaccia di uno sciopero che dal prossimo 14 settembre potrebbe, per la prima volta, bloccare contemporaneamente Ford, General Motors e Stellantis (ex Chrysler), le Big Three dell’auto Usa. Quanto alla battaglia per la Casa Bianca, Fain dice che Biden avrà l’appoggio dell’Uaw solo se dimostrerà che il suo piano di sviluppo dell’auto elettrica non avrà conseguenze negative per i lavoratori del suo sindacato.

La svolta radicale del 58enne Shawn Fain è comprensibile: i lavoratori dell’auto, reduci da anni di tagli drastici dei salari e dei benefici pensionistici dovuti alla ristrutturazione di un settore che 15 anni fa era in bancarotta, sono furiosi avendo scoperto che, mentre le industrie ricominciavano a macinare profitti miliardari e a loro arrivavano solo le briciole, alcuni loro rappresentanti si giocavano nei casinò i soldi del sindacato e ricevevano doni dalla Chrysler. Una brutta storia finita con 15 condanne penali che hanno travolto anche due ex presidenti della UAW.

La svolta è maturata nell’inverno scorso: via la vecchia dirigenza mentre i 400mila iscritti hanno deciso, in un referendum, che d’ora in poi saranno loro e non i capi delle varie sezioni del sindacato, a scegliere il leader. Poi, a marzo, l’elezione di Fain, presentatosi con una piattaforma radicale. Non è il solo: è esponente di una nuova generazione più determinata di sindacalisti come Sean O’Brien della Brotherhood of Teamsters, che ha ottenuto un aumento del 20 per cento dei salari dei dipendenti di Ups, o Lynn Fox, neopresidente della Workers United che promette battaglie durissime.

Fain, dal canto suo, ha rifiutato di stringere la mano dei capi delle aziende automobilistiche all’inizio del negoziato, ha respinto le loro proposte come ridicole e, avendo scelto di negoziare contemporaneamente con tutte le Big Three anziché concentrarsi su un gruppo specifico come sempre fatto in passato, ha avvertito che il 14 settembre, alla scadenza del contratto, potrebbe iniziare uno sciopero in tutti gli stabilimenti di Ford, GM e Stellantis.

Per Biden il guaio è serio da due punti di vista. Intanto uno sciopero prolungato delle Big Three avrebbe conseguenze economiche pesanti, che potrebbero peggiorare la congiuntura Usa proprio nei mesi cruciali della campagna presidenziale. Quanto ai voti, è improbabile che l’UAW si schieri con Trump, ma, stante che la transizione all’auto elettrica richiederà meno manodopera, per un presidente che sta promuovendo l’economia verde è assai difficile suscitare l’entusiasmo dei metalmeccanici (che per votare alle presidenziali di martedì, giorno lavorativo, in seggi spesso molto lontani dalle fabbriche, devono fare vere acrobazie). E nel gioco proverà di certo a inserirsi The Donald, grande fan del petrolio.

TOP STORIES

Top List in the World