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I tassi fanno male a Tesla. Perché Musk sarà travolto dal paradosso di Icaro, secondo Gam Investments

i tassi fanno male a tesla. perché musk sarà travolto dal paradosso di icaro, secondo gam investments

I tassi fanno male a Tesla. Perché Musk sarà travolto dal paradosso di Icaro, secondo Gam Investments

Elon Musk «è certamente un genio: quasi nessuno era riuscito a rivoluzionare così tanti settori industriali contemporaneamente e con la stessa velocità», spiega Mark Hawtin, Investment Director di Gam Investments. 

La sua fama però, sottolinea il gestore, ha spinto molti investitori ad attribuire a Tesla «un premio superiore a quanto meritasse sulla base dei fondamentali». E il titolo, nel corso dell’ultimo anno, ha sofferto non poco: -37% la performance degli ultimi dodici mesi, +54% da inizio 2023 per una capitalizzazione di 2,7 miliardi di dollari.

Secondo Hawtin, «troppe persone si sono lasciate convincere da investitori come Cathy Wood di Ark, che prevedevano un prezzo target di 1.150 dollari o un valore di mercato di 3.500 miliardi di

dollari entro il 2026. Poi il valore di mercato è sceso da 1.300 miliardi al momento il picco a fine 2021 a 378 miliardi di dollari alla fine del 2022».

Oltre all’escalation della quotazione iniziata di fatto alla fine del 2019, «l’aura che circonda l’azienda ha prodotto altri fattori di successo che ora si stanno dimostrando dannosi per le prospettive a breve termine di Tesla», riprende Gam. In particolare, le auto Model 3 e Model Y erano «così popolari da posizionarsi spesso in cima alle statistiche dei nuovi veicoli in molti Paesi». Hawtin ricorda poi che i «lunghi tempi di attesa per la consegna e la caparra molto bassa (100-200 dollari) hanno creato un mercato di seconda mano molto vivace per la vendita (e la speculazione) di queste automobili».

Che cosa sta accadendo sul mercato secondario delle Tesla

A questo si aggiunge che Tesla è diventata famosa per aver saputo mantenere alto il valore delle sue automobili sul mercato dell’usato. Un fatto he ha «prodotto una serie di falsi segnali sull’effettiva situazione della domanda di un veicolo elettrico tutt’altro che economico», nota il gestore. Alla fine del 2019 la rata mensile per il leasing di una Model 3 era di circa 390 dollari al mese.

I due fattori chiave che hanno inciso sul costo del leasing mensile erano i tassi di interesse e il valore residuale. «Entrambi i fattori negli ultimi sei mesi si sono rivoltati contro Tesla. Il prezzo medio di una Tesla usata, secondo Edmunds Research, è sceso del 17% nel secondo semestre del 2022, rispetto a una media del -4% per tutte

le altre auto». In concomitanza col forte rialzo dei tassi di interesse, il costo del leasing mensile è «più che raddoppiato per la Model 3 fino a superare oggi i 900 dollari».

In un contesto in cui l’aumento dei tassi in genere riduce il reddito delle famiglie, l’idea di dover pagare 900 dollari al mese per una Tesla è «abbastanza scoraggiante. Non sorprende dunque che (sempre secondo Edmunds) circa il 30% delle Tesla usate in vendita a fine 2022 sia stato immatricolato nello stesso anno, rispetto al 5% delle altre marche».

Il successo del modello prima della crisi «ha fatto dunque salire il valore nel mercato dell’usato. Il successo ha alimentato una domanda  robusta che oggi si è volatilizzata, con il crollo del valore di seconda mano. È il paradosso di Icaro», nota il gestore.

Cosa succederà ora? Il tema scorte

E ora? La domanda molto robusta ha spinto Tesla ad accelerare la produzione nei nuovi stabilimenti di Shanghai, Berlino e in Texas proprio nel momento in cui la domanda ha iniziato a frenare. Secondo i dati Bloomberg, negli ultimi tre trimestri le auto prodotte sono state più di quelle consegnate. Le scorte si stanno accumulando, ma i clienti diminuiscono.

Il gruppo si trova dunque in una situazione scomoda, deve scegliere tra scontare drasticamente i prezzi per far salire la domanda, con evidenti ripercussioni sui margini lordi, oppure subire un brusco tracollo della domanda». Non a caso Tesla ha annunciato un taglio dei prezzi in Cina e negli Stati Uniti verso la fine del 2022.

Sulla base delle previsioni degli analisti, l’azienda continuerà a crescere nei prossimi due anni. I ricavi attesi al 2025, secondo le stime del consensus, dovrebbero raggiungere quota 145 miliardi di dollari, in aumento rispetto agli 80 miliardi di dollari del 2022. Un  fatto che comporta un aumento della quota di mercato dal 21% circa nel 2022 al 23% nel 2025. «Se consideriamo il problema della rata del leasing e lo scenario sempre più competitivo, sembra un obiettivo eccessivo, sia in termini di ricavi assoluti che come quota di mercato», ragiona Hawtin.

Tesla non è l’Apple delle auto

Le auto Tesla vengono vendute ancora a un prezzo più alto rispetto ad altre marche di automobili «sulla base della crescita eccellente e del margine lordo. Tali indicatori potrebbero però subire forti pressioni nei prossimi due anni». Il gestore non crede che la differenza di prezzo sia giustificata: «Tesla non è la Apple delle auto come sostengono alcuni analisti. Apple ha una quota del mercato degli smartphone negli Stati Uniti del 55%, il principale produttore di automobili ha una quota del 10% soltanto e si tratta di Toyota».

Secondo il gestore, l’unico vero vantaggio di Tesla è quello di aver fatto la prima mossa. La sua quota di mercato è in rapida diminuzione, man mano che la concorrenza avanza. Secondo S&P Global Mobility, la sua quota di mercato nei veicoli elettrici in Nord America è scesa dall’80% nel 2020 al 64% nel 2022 e la stima per il 2025 è del 20%.

«Se guardiamo indietro a 5 o 10 anni fa, Tesla non ci sembra l’Apple dell’industria automobilistica ma assomiglia forse di più a Nokia, Ericsson o persino a Blackberry, che hanno avuto il vantaggio di fare la prima mossa ma alla fine non hanno mantenuto una posizione predominante sul mercato», conclude Hawtin. (riproduzione riservata)

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