La Hyundai a batterie ed idrogeno N 74
Chung Ju-yung, il fondatore della multinazionale di Seul, decise di mettersi in proprio anche nell’automotive e mostrò la prima “nativa” Hyundai, un gioiellino fatto in gran parte in casa al Salone di Torino. Per realizzare la Pony, il manager visionario seguì la sua filosofia, cambiando i partner per plasmare il prodotto migliore. Fece un accordo con i tecnologici (all’epoca) giapponesi della Mitsubishi per utilizzare le sofisticate powertrain nipponiche. E venne in Europa, anzi in Italia, per farsi disegnare la sua prima compatta dall’allora Giotto delle quattro ruote. In Piemonte, terra fertile per il design automobilistico, Giorgetto Giugiaro trasformava in oro tutto quello che passava per la punta virtuosa della sua matita. Il sarto dei veicoli più in auge aveva da poco disegnato la Golf, la regina del Continente nei decenni a venire.
La Pony non fu da meno. Iniziò l’avventura delle esportazioni trovando successo anche in Canada, un mercato non proprio tagliato per le dimensioni ridotte. Oggi, dopo neanche mezzo secolo, la Hyundai, insieme alla Kia entrata nel Gruppo, è il quarto costruttore mondiale, in costante lotta per il podio e lanciato verso i dieci milioni di veicoli l’anno che possono rappresentare la leadership assoluta. Qualità, efficienza, sicurezza. Soprattutto essere al passo con i tempi puntando sull’innovazione sempre accessibile. Un esempio per tutti, aver imboccato la strada dell’azzeramento delle emissioni prima che diventasse moda e, poi, “legge”. La magnifica piattaforma E-GMP, Electric-Global Modular Platform, esclusivamente per motori elettrici, è già una realtà commerciale per diversi modelli, mettendo i coreani in una posizione di indubbio vantaggio rispetto ad alcuni concorrenti.
Il tutto sintetizzato significa un antico approccio: performance da corsa con la possibilità di usare l’auto anche tutti i giorni. La Hyundai è all’avanguardia nella produzione dell’auto a batteria e nei prossimi anni ne lancerà diversi modelli producendone svariati milioni. Forse lo è ancora di più sulle celle a combustibile visto che ha già messo in strada sia vetture, sia veicoli da lavoro. Ecco che ora mette insieme le due tecnologie di alimentazione, entrambe fatte per mettere le ali all’auto elettrica che è l’unica soluzione al posto di quella spinta per anni dai motori termici. Lo fa in stile “N”, quindi per ora con un prototipo da pista in grado di raggiungere prestazioni estreme contando anche sull’aspetto del peso (quindi i materiali) ed aerodinamico.
Molti test e prove vengono svolti nel Centro che il costruttore orientale ha nell’inferno verde, il vecchio circuito del Nürburgring, lungo oltre venti chilometri nella foresta tedesca. Il mostro docile-docile si chiama N Vision 74 ed è un “rolling lab”, un avanzato laboratorio viaggiante. La cosa più intrigante che gli ingegneri hanno dovuto fare è sviluppare un sistema di controllo attraverso il quale la doppia energia confluisce nel powertrain unico formato da due motori ad elettroni per una potenza complessiva di 500 kW. Per motivi di baricentro, essendo l’auto molto sportiva, la batteria a T (di capacità un po’ inferiore ad una elettrica pura) non è posizionata sotto il pianale, ma dietro la spalle del pilota. Un po’ più articolata la disposizione della parte riservata all’idrogeno che non pesa di più pur occupando maggiore spazio.
L’energia è tutta elettrica, l’ibridizzazione sta nel fatto che una parte è contenuta nell’accumulatore al litio, l’altra prodotta a bordo per mezzo dell’idrogeno che si miscela con l’ossigeno presente nell’aria dando vita a forza e calore. Per volare in pista servono tutti e due i sistemi che sommano la loro potenza. Quando la batteria è scarica, c’è l’idrogeno, e questo, oltre a far viaggiare l’auto, può rifornire l’accumulatore. La vettura, ovviamente, avendo i motori elettrici li utilizza come generatori quando si può recuperare energia in rilascio o in frenata. La flessibilità c’è anche nelle operazioni di rifornimento.
Quando c’è un po’ più di tempo e c’è una spina a portata di mano, conviene rimpolpare la batteria. Se capita un distributore d’idrogeno (in Italia, almeno per ora, è merce rara), è consigliato fare il pieno alle bombole per cui servono meno di cinque minuti. I propulsori posteriori, uno per ruota, lavorano in modo indipendente e sono coordinati dal software, quindi in grado di generare anche l’effetto “torque vectoring” prezioso per la dinamica di guida.