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Formula 1. Ferrari, Red Bull e non solo: ecco cos’abbiamo capito davvero dalle FP1 in Cina

Ecco cosa abbiamo imparato dall'unica sessione di prove libere del Gran Premio di Cina 2024 di Formula 1

Cosa abbiamo capito davvero dalla prima e unica sessione di prove libere del Gran Premio di Cina 2024 di Formula 1? Come si può intuire dal miglior crono colto da Lance Stroll, si è trattato di 55 minuti – causa bandiera rossa per un principio di incendio a bordo pista – confusionari, in cui i team hanno cercato di raccogliere il maggior numero di dati possibile per interpretare al meglio una pista su cui la Formula 1 non correva da cinque anni. Un lasso di tempo, questo, in cui la Formula 1 è cambiata moltissimo.

Nel 2019 a dominare era la Mercedes, che oggi sta faticando. Sullo schieramento c’erano ancora i campioni del mondo Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen, oltre ai rookie George Russell, Lando Norris e Alexander Albon. Le monoposto a effetto suolo sarebbero state introdotte solo tre anni più tardi, e l’80% dei team principal non sarebbe stato in carica cinque anni dopo. Ma anche la stessa pista di Shanghai è cambiata, visto che è stata riasfaltata – almeno parzialmente – nel lasso di tempo intercorso dall’ultimo GP.

Raccogliere dati e capire la pista non è semplice con una sola sessione a disposizione per piloti e team. Dell’attuale griglia, in quattro non hanno mai corso a Shanghai, mentre in tre solo una volta da rookie. Se da un lato c’è quindi la necessità per molti di prendere le misure con la pista, dall’altra c’era il bisogno da parte dei team di capire se sussiste una correlazione tra il responso del simulatore e la pista, per poi deliberare l’assetto migliore per il resto dell’intenso weekend di gara con il nuovo format della Sprint, per giunta senza dati passati raccolti con monoposto comparabili.

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Contrariamente a quanto si pensava alla vigilia, non si è trattato di una sessione caotica, con tanti errori da parte dei piloti in pista. Ci sono stati solo alcuni problemi all’ingresso in pitlane. Sia Fernando Alonso che Oscar Piastri, infatti, sono finiti lunghi anziché imboccare la curva a sinistra che porta alla corsia dei box. C’è stata poi una piccola incomprensione tra lo stesso Piastri e Lewis Hamilton all’ultima curva, senza conseguenze negative. Fatti salvi questi imprevisti, la sessione è filata liscia, ma il suo andamento, come sempre capita nelle FP1 del weekend con la Sprint, è davvero difficile da comprendere. Le diverse impostazioni di lavoro da parte delle scuderie rendono complessa l’analisi di quanto si è visto in pista, ma ci sono comunque dei dati interessanti.

Andando a vedere nel dettaglio il programma svolto da Ferrari, Red Bull e Mercedes, si osserva come le tre scuderie abbiano optato per strategie differenti in termini di gomme. La Rossa ha scelto di utilizzare solo le soft, con una simulazione di passo gara per deliberare l’assetto. In Red Bull, invece, hanno calzato sia le rosse che le gialle, in modo tale da avere raffronti sia sulla qualifica che sul passo gara. In Mercedes, infine, si è scelto di utilizzare solo le hard. Insomma, qualcuno ha preferito risparmiare gomme, mentre altri hanno preferito raccogliere più dati, fermo restando che di programmi differenziati tra i piloti non se ne sono visti.

Il resto rimane un mistero non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per gli stessi team, che possono solo concentrarsi sui propri dati. Non poteva che esserci una grande incertezza con un nuovo format introdotto su un circuito su cui la Formula 1 non correva da cinque anni, per giunta con l'ulteriore incognita delle monoposto a effetto suolo, ancora non utilizzate in Cina. Ma questo è esattamente ciò che vogliono i vertici della categoria, creare imprevedibilità e caos in maniera artificiale, complicando il lavoro ai team. Non è una scelta casuale, ma intenzionale. Perché lo spettacolo, in questa F1, viene prima di tutto.

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