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F1. Alex Caffi: "Se Ferrari vuole vincere deve prendere Newey, magari l'arrivo di Hamilton è un'operazione per convincerlo"

Alex Caffi a 360°C, dalla sua carriera in Formula 1 con la Scuderia Italia, al suo ruolo manageriale in Euro Nascar all'arrivo di Hamilton in Ferrari

C’era un tempo in cui per correre in F.1 bastava la passione, un po’ di pazzia e, naturalmente, i soldi per farlo. Con passione e quattrini nacque la Scuderia Italia in quel di Brescia grazie all’ingegno e, diciamolo, pazzia di Beppe Lucchini che coinvolse Dallara e tutto quello che all’epoca c’era di buono nel motorsport. In quella pazza avventura un ruolo importante lo ebbe Alex Caffi, bresciano come Lucchini, come la Scuderia Italia e come tanti altri che si unirono a quel progetto. Oggi, alla boa dei 60 anni, Alex Caffi non ha più niente del pilota veloce e trasgressivo dell’epoca, ma è quasi, diciamo quasi, un tranquillo signore di mezza età che invece di correre per piste e autodromi è… già, dove sei? “No tranquilli, sono a casa tranquillo a Monaco, quindi con la famiglia come si conviene a una certa età”

Vedere un pilota di Formula Uno come te starsene tranquillo è un po’ un controsenso rispetto a quello che uno ha fatto da giovane o no?

“Sì, beh, diciamo che sessant'anni sono anche un bel traguardo, quindi sarebbe anche ora magari di mettere un po’ la testa a posto e direi che il pilota, senza il senso di prudenza, lo sono stato, ma in passato. Ora come ben sai, ho altre attività manageriali nel mondo del motorsport e quindi diciamo che è anche un periodo abbastanza morto. Per quanto riguarda i programmi dell’Alex Motorsport stiamo iniziando a programmare un po’ le varie storie della stagione e quindi c'è un po’ di tranquillità. E riesco a passare un po’ di tempo casa con la famiglia che non guasta mai”.

Cosa stai facendo adesso, perché sei diventato un team manager?

“Lo sono da un po’ di anni ormai, credo 7 o 8 anni, che ho questo team nella serie Euro Nascar, un campionato conosciutissimo in tutto il mondo, anche se è una cosa prettamente nata negli USA e poco diffusa da noi. Da anni è stato creato questo campionato in Europa e quindi si corre nei maggiori autodromi europei. Tra l'altro quest'anno sarà reintrodotta una gara su un tracciato ovale, anche perché noi europei, chiaramente, non abbiamo una grande tradizione di circuiti ovali. In questo campionato avrò due vetture. Patrick le Marie sarà di nuovo con noi quest'anno, tra l'altro è un grandissimo amico di Jacques Villeneuve, che aveva corso con noi in passato, nonché socio nella mia scuola di pilotaggio ed è un ex pilota anche lui di Formula Uno. Insomma, abbiamo un bellissimo programma, sono molto contento di questo”.

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Strano una categoria poco conosciuta da noi ma notissima all’estero, pensavamo a una scelta tradizionale…

“Diciamo che è una scelta un po’ controcorrente rispetto a quello che ho sempre fatto. Però sai, sono delle vetture che sono rimaste un po’ vecchia scuola, si guidano senza aiuti elettronici e sono molto fisiche, forse mi ci sono affezionato, anche perché, avendole provate e avendo fatto qualche gara qualche anno fa, son vetture rimaste molto vicine alla mia epoca, quindi son vetture senza controlli di trazione, senza elettronica, cambio manuale. Dove qualche sportellata è ancora consentita e quindi mi ha affascinato questa cosa. Quindi ho scelto di fare di fare questo percorso”.

Hai parlato della tua epoca di macchine, che erano fisiche e pesanti da guidare, mentre invece oggi c'è più elettronica: domanda scontata, secondo te si fa più fatica con quelle di oggi o facevi più fatica ai tuoi tempi?

“Questa è una domanda che io sento spesso anche se non sono molto attivo sui social. Ci sono sempre queste diatribe fra chi era meglio prima, chi meglio dopo. Io credo che ognuno abbia avuto la sua epoca. Sicuramente da un punto di vista fisico, probabilmente all'epoca in cui correvo io (e non parlo solo di F.1 ma anche sulle GT) solamente avere il cambio al volante, già quello ti posso garantire che fa una differenza enorme, non dover staccare la mano dal volante, andare a cercare la la marcia, inserirla giusta, cosa che ai miei tempi potevi sbagliare e rompevi tutto. Questa è una grande differenza. Sicuramente se dovessimo reintrodurlo oggi il cambio manuale, ne vedremmo delle belle. Ci sarebbe davvero una grandissima selezione da quel punto di vista, perché ti permetterebbe anche di avere quel margine di errore che oggi non c'è più. Poi, che sia più difficile oggi o meno difficile, non lo so. Alla fine, sai, ognuno ha la propria epoca. Erano discorsi che si facevano anche ai miei tempi. Quando ho debuttato mi ricordo, c'erano i vari senatori dell'epoca come Rosberg, Niki Lauda, Prost Senna: tutti grandissimi campioni che chiaramente dicevano: Eh, però per noi era meglio prima e peggio adesso. Insomma, è sempre stato così, è sempre lo sarà. Chiaro che se torniamo allora agli anni 50, probabilmente anche quei piloti avrebbero avuto da ridire. Sicuramente erano dei temerari, degli eroi, se vogliamo paragonarli a quelli che sono venuti dopo: se sbagliavano, erano morti. Per fortuna è cambiato tutto da un punto di vista della sicurezza. Sicuramente il nostro è uno sport dove la tecnologia ha avuto l’impatto molto più alto rispetto a qualsiasi altro sport, una crescita quasi esponenziale se vogliamo. Quindi è chiaro che in pochi anni si hanno delle differenze enormi. Oggi come oggi io reputo sia uno sport differente da quello che facevamo noi, quindi è difficile poterlo paragonare, non è più difficile o meno difficile: è differente, è un'altra cosa. Oggi magari devono stare attenti a delle situazioni come quello di dover controllare più parametri che noi non avevamo all'epoca. Ai miei tempi dovevi solamente combattere contro la potenza dei motori, brutali e con tanti cavalli. All'epoca dei turbo ne avevamo già più di 1000 cavalli, con i telai e l'aerodinamica dell'epoca, insomma. Oggi hanno altre cose da controllare. Quindi ogni epoca è difficile. Io sono contento di aver vissuto quella e va bene così”.

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Segui i Gran Premi di oggi? Che Cosa ne pensi di Verstappen? Un Hamilton alla Ferrari: che idea ti sei fatto?

“L’ho detto, oggi è un sport differente. Allora come oggi la vettura è sempre stata predominante. Tu sai che anche all'epoca mia, parlo degli anni fine 80, c'era una McLaren che dominava. Dominava praticamente sempre, guarda agli anni 90 o addirittura all’88 quando le avevano vinte tutte. Dopo è arrivata l'epoca Williams, poi è arrivata Ferrari, l'epoca della Red Bull, poi Mercedes e di nuovo Red Bull, quindi la vettura è sempre stata predominante nel nostro campo. Se non avevi quella, era difficile. Ai miei tempi c'era un pochino più di possibilità di emergere per il pilota, soprattutto in situazioni particolari come quando pioveva, o nei circuiti cittadini, c'era più possibilità di mettersi in luce perché era più facile sbagliare una marcia o rompere un motore e quindi il fattore umano emergeva, come è accaduto anche a me con la scuderia Italia, con partenze in prima fila o lotte per il podio anche se c’erano i mostri sacri con Williams, McLaren o altro ancora. Oggi no, l’effetto auto consente a uno bravo di dominare” .

Quindi nostalgia per l’epoca dove l’errore faceva la differenza?

“Il problema di oggi è che se domina una squadra, devi sperare che almeno i due piloti del team se la possano giocare. L'anno bello è stato l'ultimo Mercedes nel 2016 con Rosberg che ha vinto il mondiale ma coi due piloti Mercedes che combattevano. Diciamo che è stato un po’ un anno a se, paragonabile al duello Prost e Senna. Quindi avevano l’auto migliore e combattevano fra di loro. E comunque hanno creato spettacolo. Da lì in poi c'è stato una inversione di tendenza. Oggi tutti hanno volutamente preso un primo pilota e l'altro che fa da gregario, quindi è chiaro che ammazzi un campionato così se hai l’auto dominante. Se oggi mettessimo su una Red Bull un Hamilton piuttosto che qualsiasi altro, sarebbe la stessa cosa se fosse solo, un altro se al fianco di Verstappen per dircela tutta. Soprattutto perché a volte, all'interno di una squadra, si creano anche quei fattori per il quale poi una volta si viene aiutati un po’ di più rispetto al compagno di squadra. Sarebbe un bel campionato se ci fossero due piloti alla pari in un team dominante, perché la vettura migliore con due piloti che se la giocano e fanno la guerra interna creano delle situazioni strane che alla fine fanno spettacolo. Ma chiaramente, finché decideranno di avere un solo pilota con la miglior vettura, è normale che ammazzano i campionati come è stato a suo tempo con Hamilton, con la Mercedes”.

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Quindi un Hamilton o chiunque sia, non basta per tornare a vincere?

“Oggi come oggi ci sono fior di ingegneri, computer, simulatori, quindi non è che arrivi in squadra e dici facciamo così. Facciamo cosa? Io credo che lì ci voglia davvero un Newey Io se avessi avuto da spendere quei soldi, li avrei spesi per i tecnici. Però, magari, l’aver preso Hamilton potrebbe essere stata un'operazione per portare proprio Newey a Maranello”.

Quindi domina uno perché è meglio nessuno gli dia fastidio, è questo che intendi?

“Oggi abbiamo Verstappen con la Red Bull e domani chissà chi. Io credo che potremmo avere dello spettacolo se potessimo avere due piloti forti sulla stessa avventura. Poi è chiaro che oggi come oggi, per il discorso che ti ho detto prima riguardo alla tecnologia, le vetture sono ancora più importanti rispetto al passato. Ma questo ce l'ha dimostrato Vettel, ce l'ha dimostrato Hamilton, quando non ha piovuto la vettura buona ce l'ha dimostrato anche Russell qualche anno fa. Per una gara aveva in mano la macchina di Hamilton e si è ritrovato quasi a vincere una gara in Barhain appena salito sopra. Insomma, Io credo che più evidente di così…”

Parlando della tua epoca, qual è stato il momento che ha segnato la tua carriera? Il passaggio alla Footwork col motore Porsche che non andava neanche a spingerlo, oppure magari Scuderia Italia quando avevi perso delle occasioni?

“La Footwork. Secondo me è stato il momento negativo, perché doveva essere, e aveva tutti i requisiti per essere in positivo. Facendo un passo indietro, alla fine dell’89 ho ricevuto varie offerte, tra l'altro una delle più importanti era quella con Williams col quale avevo parlato molto. Era un team a un passo dal mondiale come visto dopo. Poi, purtroppo, per una serie di inconvenienti si è arenato tutto, altrimenti chiaro, sarebbe stato differente. Però sai coi sei e coi ma, alla fine la storia non la fai. Porsche e Arrows con lo sponsor Footwork mi avevano voluto fortemente, avevano programmato un triennio importante, con l'entrata appunto di Porsche come motorista. Sia io che Michele Alboreto pensavamo di avere in mano l'opportunità del riscatto. Per lui sicuramente era importante, un riscatto perché veniva dalla delusione Ferrari e voleva chiaramente dimostrare di non essere un pilota assolutamente finito. Michele non lo era assolutamente. Io invece avevo l'opportunità per potermi mettere in luce, infatti l'idea giusta era quella di ripetere un po’ quello che era stato con la McLaren Tag, vincente con un motore Porsche. E i titoli mondiali con Prost e Lauda. C’era quindi il grande campione affermato, ovvero Michele, vicecampione del mondo, il miglior pilota italiano che avevamo all'epoca con il giovane, la giovane speranza che potevo essere io. C’erano tutti i crismi per poterlo fare. Avevamo budget illimitati, avevamo una struttura molto grande in Inghilterra, addirittura avevamo anche la galleria del vento, all'epoca la Porsche che si impegnava. Poi purtroppo abbiamo visto tutti com'è andata. Nella vita bisogna anche avere un pochettino, anzi molta fortuna. Io ero nel posto giusto, purtroppo nel momento sbagliato, perché se il motore avesse funzionato, come avrebbe dovuto teoricamente funzionare un motore Porsche, era un’altra storia. Credo che gli stessi protagonisti dell’epoca, ancora oggi si domandano come sia potuto accadere. Purtroppo ci siamo ritrovati io e Michele una macchina fra le mani che addirittura faceva fatica a qualificarsi. E da lì è finito tutto quanto per me e anche per lui. Perché poi da lì anche lui, insomma, ha preso un po’ la via della fine carriera finendola poi alla Minardi. Purtroppo è andata così”

Vabbè, diciamo che in ogni caso, come diceva Arturo Merzario, però alla fine siamo dei sopravvissuti, perché siamo qua ancora e non tutti lo possono dire.

“Ma io sono molto felice di tutto quello che mi è accaduto. Io son partito da un piccolo paesino di provincia e il mio sogno era quello di diventare un pilota di Formula Uno. Ci sono riuscito, ho fatto così 59 gran premi in tutta la mia carriera, poi sono andato avanti comunque: ho fatto tantissime altre esperienze, diventato quello che sognavo, ovvero un pilota professionista. Sono riuscito a campare di quello che era la mia passione, che poi è diventata la mia professione, quindi tutto torna. Penso ai ragazzi e agli amici che hanno iniziato con me, e ce n'erano tantissimi che avevano un grande talento, che avevano grandi opportunità e non ci sono riusciti. Tutto sommato ho vissuto anche un'epoca come tu sai, bellissima”.

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Ricordo una prima fila in Ungheria con la piccola Dallara della Scuderia Italia, gente come Senna con cui lottare, insomma hai un bel palmares.

“Diciamo che mi sono ritagliato qua e là qualche opportunità per poter dimostrare che ci sarei potuto essere anch'io fra i grandi. Poi i mezzi non mi hanno mai aiutato. Però sai, io dentro di me so con certezza che comunque lì ci sarei potuto stare a sgomitare con loro. Poi sai, la vita non è fatta solo di coppe, di medaglie o di titoli o di record battuti. L'importante è avere la consapevolezza di aver fatto al meglio quello che si poteva. Non sono stato magari tanto fortunato? Magari ci ho messo anche del mio con errori e scelte sbagliate. Così a non aiutare questa fortuna a venire verso di me. Ma va bene così. Insomma, fa tutto parte dell'esperienza. Magari se avessi preso un'altra via non sarei diventato la persona che sono oggi. E quindi sono felicissimo e contento di tutto quello che ho fatto”

Ultima domanda secca: Ferrari vincente con Leclerc o in futuro con Hamilton?

“Vincerà con Adrian Newey se lo riescono a prendere. Se prendono Adrian sarà l'investimento più bello fatto dalla Ferrari e molto più eclatante che l’arrivo di Lewis, con tutto il rispetto. Hamilton è un grande campione, quello che vuoi, ha tutti i record, però, come ho detto prima, li ha battuti con una macchina nettamente superiore, senza un avversario in casa. L'unica volta che ne ha avuto uno l'ha battuto ed è stato Rosberg e quindi voglio dire, non penso che Leclerc sia da meno, anzi, è più giovane, magari ha più fame di vittorie, deve ancora dimostrare. Ha voglia di riscatto. Non è importante con chi sarà, ma come. Come ho già detto, io credo sia più un'operazione di marketing il fatto di avere ingaggiato Hamilton. C'è più dell’ operazione commerciale che scelta tecnica. Con la tecnologia di oggi, il pilota non è che viene a risolvere i problemi come poteva essere una volta, quando fu ingaggiato Lauda all'epoca, negli anni 70 che aveva capito e aveva impostato un lavoro certosino nello sviluppare la macchina che poi è diventata iridata”.

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