Equitalia ci prova ancora: è record di cartelle pazze. Ganasce fiscali a pioggia ma per debiti inesistenti
Eppure, proprio in un momento di crisi – tra guerra in Ucraina e Israele, post pandemia, allarme inflazione e stallo nei consumi – gli spiragli di una pace fiscale finora evocata solo a sproposito avevano illuminato le tante famiglie in difficoltà in difficoltà con rate, bollette e pagamenti che invece si vedono tartassati dall’ex Equitalia con lettere minatorie. A metà luglio, pochi giorni dopo la chiusura della Rottamazione quater delle cartelle esattoriali, il leader della Lega Matteo Salvini aveva proposto «una grande e definitiva pace fiscale» con un saldo e stralcio che cancelli oltre a interessi, sanzioni e aggio di riscossione una parte del debito fiscale vero e proprio. Nelle prossime settimane sapremo se l’ennesimo piano per cancellare definitivamente le cartelle deciso dal governo guidato da Giorgia Meloni darà i suoi frutti o se sarà un flop come i precedenti tre, a conferma dei timori dei commercialisti per colpa delle rate, a loro avviso troppo poche, troppo alte e troppo ravvicinate.
C’è anche un pasticcio legato alle cartelle Inps, con l’istituto previdenziale che avverte: «La rottamazione di alcune cartelle può avere effetti negativi sulle ricostruzioni delle carriere». C’è tempo fino al 10 novembre per trovare un correttivo al volo, segno che (anche) la Rottamazione quater è stata scritta male. D’altronde, se lo Stato ha incassato in 45 anni appena 132 miliardi da condoni, scudi fiscali e voluntary disclosure sui capitali all’estero, il problema è a monte. E il debito «politico» di credibilità dietro la pioggia di cartelle pazze lo paga l’esecutivo, mica i dirigenti delle Entrate.
Ci sono anche delle sentenze che riguardano cartelle pazze e dei termini di notifica, sui quali l’Agenzia delle Entrate costruisce gli escamotage per rendere esigibili cartelle dopo fino a 10 anni dall’effettivo debito. La sentenza della Sezioni Unite 23397/2016 ritiene che la cartella diventa inoppugnabile, decorso inutilmente il termine. Una cartella esattoriale non impugnata è un «atto interruttivo del credito, ma non novativo del suo titolo, al punto da fungere da giudicato e dunque da determinare una prescrizione decennale nei termini indicati da Agenzia delle Entrate – Riscossione», dicono i giudici a chi ha fatto ricorso, vincendo. Inoltre, «la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva – si legge in una recente sentenza di un giudice civile – produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito», non l’allungamento della prescrizione a 10 anni prevista dall’articolo 2953 del codice civile.
Più volte le Entrate sono state condannate, ma in molti casi «l’Agenzia non paga le spese», confermano molti legali. Con la riforma prevista dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo nella «definizione delle liti pendenti» tra Entrate e contribuente deciderà la Corte di giustizia tributaria. «La chiusura non sarà automatica – ragiona Alberto Arrigoni nella sua Gazzetta tributaria – ma bisognerà dichiarare estinto il processo pendente». Ma l’istanza di estinzione che il contribuente ha l’onere di depositare è obbligatoria? Ci sono sanzioni per chi non lo fa? Dubbi che si spera verranno risolti.
A giorni potrebbe anche arrivare il verdetto sulla costituzionalità dell’ammortamento alla francese (quello dei mutui, che fa pagare in gran parte prima gli interessi, poi il debito) anche per i piani di rateizzazione dell’Agenzia delle Entrate, almeno fino a un paio di anni fa. Se così fosse, per i conti pubblici sarebbe un colpo durissimo. L’esecutivo è pronto?